Manu Lann Huel – Chansons d’ orgueil (Paker Prod Sarl, 2024)

Anche i mobili d’epoca un tempo sono stati acquistati come nuovi da contemporanei che li consideravano moderni. Così la musica attuale si è venuta arricchendo lungo il filo del tempo, dell’opera e delle abilità di una catena numerosa e spesso non visibile di artisti popolari. Ma a dispetto del tempo, tutte quelle radici non possono che essere vive ed è assurdo provare a segregare le tradizioni intrappolandole in qualche polvere musearia. Il passato non è più immobile di quanto lo siano le acque oceaniche che bagnano coste e scogliere armoricane, così le parole, che come le onde cambiano e si manifestano agli occhi. E certi sguardi, sono in grado di far rivivere il passato nell’ora che sta per arrivare o che arriverà domani, come quello del brestois settantacinquenne Manu Lann Huel, una delle voci più emozionanti dell’intera storia della canzone d’autore bretone, granito fuso allevato a biniou e cornamusa ma che la chitarra condusse al rock. Ha attraversato le nebbie alchemiche dei propri “Campi Lungo il Fiume” e la pietrificazione dell’amore (“Les Amants De Pierre”), fino a cantare in passato, la poesia di René-Guy Cadou, Léo Ferré e Arnaud Le Gouëfflec. Questa volta i testi celebrano i versi di Pierre Jakez Hélias. Questo figlio del Pays Bigouden, diventato professore di lettere classiche, giornalista, uomo di radio e teatro, di cui andrebbe privilegiata una lettura più veritiera in originale bretone, poiché come sosteneva Adorno: “il dialetto riporta i segni della fame, le parole pronunciate in dialetto hanno la forma di una bocca, la bocca della società affamata”. Pasolini si spingeva anche oltre, scrivendo che i dialetti non sono solo parte integrante di un universo culturale indipendente ma fattore ideologico e rivoluzionario; liquidarli significa omologare, salvaguardando il potere tecnocratico che sostiene la diversità come portatrice di inadeguatezze. E’ amaro constatare dopo numerosi secoli, come si tratti esattamente di quello che affermava il potere curiale nel Medioevo. Le lingue regionali, da qualunque luogo provengano, sono tesori incommensurabili: argute, pregnanti, liriche, irriverenti. Anche qui in Italia fino a inizio del secolo scorso, la canzone sia popolare che colta, era unicamente quella dialettale. Hélias comunque auto-traduceva anche in francese la propria poetica densa di una musicalità prossima alla nouvelle vague surrealista di André Breton. E’ un autore la cui modernità amplia gli orizzonti, vi si odono potenti all’interno, le armonie delle radici bretoni, in più affermava di scrivere nella speranza che i suoi testi venissero un giorno cantati. 

Posta un commento

Nuova Vecchia