Mari Boine – Alva (By Norse Music, 2024)

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“Alva”, che significa “energia”, “coraggio” o “determinazione” nella lingua Sami settentrionale, è il titolo del più recente album di Mari Boine, cantante, autrice e attivista culturale Sami norvegese, grande ispiratrice per le nuove generazioni di artisti del popolo transnazionale della Scandinavia. Il suo debutto, “Jaskatvuođa maŋŋá” (1985), squarciò il velo di silenzio sulla cultura Sami, mentre “Gula Gula” (1989), pubblicato a livello internazionale dalla Real World, portò l’artista all’attenzione globale, consacrandola come icona culturale, anche grazie al supporto di Peter Gabriel. Numerosi altri album hanno segnato la sua carriera musicale, tra cui “Goaskinviellja / Eagle Brother” (1993), “Leahkastin” (1994), “Cuovgga Áirras / Sterna Paradisea” (2009), “Idjagieđas – In the Hand of the Night” (2006) e l’intimo e minimalista “Amame” (2022), realizzato in duo con il pianista Bugge Wesseltoft. Oggi la cantante di Gámehisnjárga (classe 1956) può guardare con orgoglio alle nuove generazioni di musicisti e artisti Sami, sempre più consapevoli della propria storia e cultura: tra di loro si possono citare Sofia Jannok, Ánnámáret, Maxida Märak ed Ella Marie Hætta Isaksen. Con “Alva”, Mari Boine ritorna simbolicamente a raccontare quel mondo che aveva lasciato, abbandonando un’educazione religiosa rigida per abbracciare il ruolo di divulgatrice della cultura Sami attraverso la musica. Non nuova a permeare il suo sound con elementi elettronici, in questo nuovo lavoro Boine propone un’ambientazione elettro-acustica che asseconda e mai sovrasta il suo inconfondibile timbro vocale. La produzione è stata realizzata in collaborazione con il fido Svein Schultz (basso e programmazione) e una band affiatata e consolidata: Stein Austrud (glockenspiel, mellotron, synth e sampler, kalimba, bulbul tarang, VL1), Georg Buljo (chitarra elettrica), Kristian Svalestad Olstad (chitarra acustica ed elettrica, cori), Gunnar Augland (batteria e percussioni) e Jakop Janssønn (percussioni). Per quanto riguarda i testi, come già avvenuto con “Amame”, Boine ha scritto
personalmente molte delle liriche e delle musiche delle canzoni, ma ha anche tratto ispirazione dagli scritti di poeti e poetesse Sami come Nils Aslak Valkepää, Kerttu Vuolab, Rauni Magga Lukkai e Karen Anne Buljo. I testi, accompagnati dalle traduzioni in inglese, sono disponibili sia nel libretto dell’album sia sul sito ufficiale dell’artista: www.mariboine.no/discography/alva-2024. Le tredici tracce, per una durata complessiva di ben 68 minuti, si sviluppano attraverso atmosfere costruite su strati di percussioni, corde ed elettronica, sempre dominati dalla voce della cantante. L’apertura è “Die dien luohkkái” (Su quella collina), brano iterativo e ipnotico firmato da Mari. Segue la più serrata “Dánsso fal mu Váhkaran” (Continua Váhkaran),  su testo di Kerttu Vuolab e della stessa Boine (“Porta fuori, respira le storie che chiedono di essere raccontate / Con passi leggeri supera il confine del tempo”), un invito alle giovani generazioni Sami a essere fiere del proprio retaggio culturale. Più morbida si svela “Olamuttos letne ain” (Ancora a portata di mano), mentre la splendida “Oidnojuvvon” (Destino) nel suo incedere rimanda a un’espressività percussiva di matrice gabrieliana. Un altro vertice dell’album è senz’altro la struggente “Mu eadni” (Madre mia),  toccante lamento e canzone d’amore per sua madre e per tutte le donne soggiogate da sistemi oppressivi. Come cristiana laestadiana, sua madre era vincolata a rigidi ruoli di genere, le era stato insegnato a negare sé stessa (“Non ti era permesso adornarti/ Non per te il liidni di seta/ Né ti era concesso sognare/ Di glamour o di gákti vanagloriosi/ Il desiderio femminile dovevi condannare/ Non potevi nemmeno difendere le tue figlie/ Perché i piaceri della carne/ Potevano aprire l’anima al peccato/ Oh madre mia, madre mia”). Il ritmo cresce di nuovo nel martellante joik “Várjalivččet min vuolláneames” (Impediscici di arrenderci); più intima appare la vocalità nella minimale “Mieđušteapmi” (A metà strada da casa). Proseguendo l’ascolto, “Anárjoh’gáttis” (Vicino al Mio Splendido Fiume) offre scorci delle scelte fatte in gioventù quando Mari intese lasciarsi alle spalle una rigida educazione religiosa per intraprendere una vita di musica e di attivismo sociale. Invece “Oainnestan” (Bagliori) è una riflessione sul rapporto con suo figlio. La successiva “Vuoi beaivi don eallima addi” (O Beaivi, donatore di vita) presenta una veste folk con le liriche di Nils-Aslak Valkeapää (1943–2001), eminente poeta, musicista e attivista cultura Sami della Finlandia, protagonista della rivitalizzazione della lingua e della cultura. Ancora, troviamo
“Áhkánsuolu” (Isola degli Aiutanti), che si sviluppa tra passaggi meditativi e sequenze più incalzanti. Il testo di Mari Boine, una riflessione sulla connessione con la natura, centrale nella cifra culturale dei Sami, e l’importanza dell’antica saggezza, invoca il concetto di “Áhkán”, una figura di riverenza per i Sami, che simboleggia le figure materne come le nonne e le madri, così come esseri spirituali. Voce in primo piano in “Rohkos” (Una preghiera) di Karen Anne Buljo, un’invocazione in cui Boine canta un appello a “nostro padre”, il sole”, affinché protegga i bambini, dando loro luce e acqua. Nel brano conclusivo “Lean dás”  (Io sono sempre qui, liriche di Rawdna Carita Eira e Ella Marie Hætta Isaksen), Mari duetta con la stessa Ella Marie Hætta Isaksen, ex componente degli Isák, come detto sopra, una delle più importanti giovani voci della musica Sámi. La voce che sa essere energica e delicata, la notevole caratura sonica e le emozioni che traspaiono nelle canzoni rendono “Alva” uno dei punti più alti dell’arte della musicista Sami. 


Ciro De Rosa

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