The Last Poets and Tony Allen ft. Egypt 80 – Africanism (Africa Seven, 2024)

Se non ve ne foste accorti, viviamo nella pazzia: è con l’ostinato vocale (ripetuto una decina di volte) “This is Madness” che The Last Poets aprono il nuovo album (con le stesse parole con cui intitolarono il loro secondo LP nel 1971), introducendo l’ascoltatore alla storia di due gruppi che per cinquantacinque anni hanno vissuto in parallelo e che erano destinati ad incontrarsi. Il gruppo “The Last Poets” ci fa ritornare a Harlem sul finire degli anni '60 del secolo scorso: ispirati dal poeta sudafricano Keorapetse Kgositsile, il 19 maggio 1968, giorno del compleanno di Malcolm X (assassinato tre anni prima), al Mount Morris Park (oggi Marcus Garvey Park), East Harlem, Gylan Kain, David Nelson e Abiodun Oyewole formarono il collettivo The Last Poets e cominciarono a intersecare ritmi funk e le parole del Black Art Movement. Un anno dopo, il nigeriano Fela Kuti tornava negli Stati Uniti con i Koola Lobitos per un tour di dieci mesi e a Los Angeles veniva introdotto da Sandra Izsadore agli scritti di Malcolm X e Angela Davis ispirandone la filosofia Blackism che lo porterà a cambiare il nome del gruppo in Africa 70 (e successivamente in Egypt 80). E proprio nel 1970 arriva il primo album, omonimo, dei The Last Poets, con Jalaluddin Mansur Nuriddin e Umar Bin Hassan accanto a Abiodun Oyewole. L’impatto fu notevole e per alcuni sono entrati nella storia come i proto-rapper dell'era dei diritti civili. Nella musica rap e hip-hop sono entrati poi numerosi campionamenti dei loro brani. Nel frattempo, dall'altra parte dell'Atlantico, a Lagos, Fela Kuti aveva fondato la Kalakuta Republic e con il batterista Tony Allen stava dando vita all'Afrobeat, simile nello spirito al sentire dei Poets, con versi di forte impatto politico. Negli ultimi anni The Last Poets sono tornati alla carica traendo nuova linfa dalla musica funk, in particolare con l’album “Transcending Toxic Times” con Baba Donn Babatunde alla batteria e Jamaladeen Tacuma al basso elettrico; fra i brani emblematici c’è il secondo, "For The Millions", ispirato alla Million Man March, l’enorme manifestazione indetta da Louis Farrakhan, leader della Nation of Islam, ed ex discepolo di Malcolm X, il 16 ottobre 1995: è un brano di Oyewole che testimonia la storia di sofferenze di milioni di afroamericani a ritmo di funk: “È vicino a quello a cui siamo abituati io e Umar” sottolineava Oyewole. “Veniamo entrambi dal Midwest che è il centro del funk in America. E questo è un album funky. Siamo entrambi molto orgogliosi di ciò che Jamaladeen Tacuma ha fatto. Ha prodotto un bellissimo classico del funk con le nostre poesie”. A portarli in area afrobeat ci ha pensato Tony Allen che, poco prima di morire, nel 2020, ha registrato alcune tracce di batteria destinate ai Last Poets, non potendo purtroppo portare a termine le sessioni di registrazione a causa della pandemia. Finito il lockdown, Abiodun Oyewole e Umar Bin Hassan hanno chiamato a registrare e mixare “Africanism” con loro il produttore Prince Fatty in registrazioni dal vivo al The Wavelab di Brooklyn e al Prince Fatty Studio di Londra. Insieme hanno selezionato una manciata di poesie classiche dai loro primi due album, “The Last Poets” e “This is Madness”, e hanno realizzato nuove versioni delle loro canzoni sposandole agli energetici poliritmi di Allen; ed ecco, con un vestito nuovo e propulsivo, brani storici come “When The Revolution Comes”, “Gash Man” e “Niggers Are Scared of Revolution”, riletti da Kunle Justice che ha arrangiato i fiati, e dal chitarrista e dal bassista degli Egypt 80 Akinola Adio Oyebola e Kunle Justice insieme a talenti britannici: il pianista degli Ezra Collective Joe Armon-Jones, il polistrumentista Kaidi Tatham e il veterano Courtney Pine, il sassofonista più in sintonia con questi suoni e con le metriche dei Poets, tutto da ascoltare il suo solo in “Just Because”. Un bel matrimonio fra l’afrobeat più vitale e i versi crudi dei Poets, senza fronzoli, dritti alle contraddizioni e alle discriminazioni che attraversano le nostre vite. africaseven.bandcamp.com/album/africanism 


Alessio Surian

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