A due anni di distanza da “Musiche Invisibili”, Andrea Ruggeri torna “Mustras”, secondo capitolo del progetto dedicato a “Le Città Invisibili” di Italo Calvino. Rispetto al precedente questo nuovo album si emancipa dall’intreccio narrativo del celebre romanzo, ma da questo prende ispirazione per nuovi sentieri musicali da esplorare e non è un caso che siano presenti testi inediti scritti in italiano, friulano ed inglese. Ulteriore elemento di novità è rappresentato dall’organico, con il large ensemble composto da tredici strumentisti che ha lasciato spazio ad un power quartet dalle intriganti soluzioni melodiche e ritmiche con l’innesto dell’elettronica ad impreziosire il tutto. Di tutto questo abbiamo parlato con Andrea Ruggeri nel corso della nostra intervista, nella quale non è mancato ad un accenno allo sviluppo del disco sul palco.
A due anni di distanza da "Musiche Invisibili" prosegui la tua opera di rilettura in musica dell'opera di Italo Calvino con "Mustras". Quali sono le differenze e le identità tra i due?
La prima differenza è l'organico: da un large ensemble di tredici elementi per “Musiche Invisibili” sono passato a un quartetto per “Mustras”. Le motivazioni sono diverse. In primis, in quartetto è più facile fare concerti, sia per motivi organizzativi che economici. Inoltre, dopo un lavoro con tanti strumenti (ventiquattro, vista la presenza di diversi polistrumentisti) e la necessaria razionalizzazione delle parti per il risultato che desideravo per il primo, per il nuovo album ho sentito l'esigenza di uno spazio più ampio,
sia in termini di scrittura che di improvvisazione, dove io e i miei compagni ci potessimo muovere con meno confini formali. Altre novità, i testi scritti in diverse lingue - italiano, friulano e inglese - e cantiamo tutti e quattro. Ci sono comunque degli elementi che vengono riconfermati, che rimangono "identici", per rifarmi alla tua domanda: l'essenza orchestrale ed evocativa, sia del materiale musicale che del suono, caratterizzano anche lo small ensemble, con in più un carattere che mi piace chiamare "power quartet" per certe derive rock e post rock, presenti, tra l'altro, anche in Musiche Invisibili.
La sostanziale differenza è non solo nell'organico, ma anche negli arrangiamenti. Come avete impostato il lavoro in questo senso?
Gli arrangiamenti li avevo già fatti "a monte", ancor prima di fare le prime prove. Per come lavoro io il più delle volte, scrittura e arrangiamento devono procedere simultaneamente nutrendosi e completandosi a vicenda. Oltre, anzi, più che pensare agli strumenti, mi concentro sulle caratteristiche e sulla personalità dei musicisti che suoneranno quegli strumenti. E per questo quartetto, la mia scelta su Simone Soro, il violinista, è un caso lampante. Inizialmente ci doveva essere un altro musicista (non un violinista ma un clarinettista) che poi a malincuore ha dovuto comunicarmi di non poter più far parte del progetto. Inizialmente stavo pensavo ad una sostituzione con uno strumentista equivalente ma poi, un giorno, dal nulla, mi è venuto in mente Simone! Un'intuizione vera e propria che ha proprio trasceso il concetto di sostituzione perché proprio lui si è rivelato l'elemento perfetto per completare definitivamente il quartetto, a prescindere dallo strumento che suona. Questo, naturalmente, ha comportato un ulteriore lavoro di perfezionamento degli arrangiamenti per il cambio nelle relazioni dinamiche e organologiche tra gli strumenti. Durante le prove, poi, coralmente abbiamo fatto delle rifiniture timbriche, formali e interpretative che, anche se il gruppo si chiama Andrea Ruggeri small Ensemble, ci hanno permesso di manifestarci come entità unica, mantenendo comunque intatte le individualità.
Le mustras sono delle decorazioni tessili sarde. La scelta del titolo rientra negli elementi di novità: rappresenta un ritorno alle mie origini sarde e una mia emancipazione da quello che era un tributo esclusivo. A conferma di questo, anche i titoli e i contenuti di alcuni brani esulano dai nomi delle Città calviniane, seppur siano in qualche modo dentro quel mondo. La connessione con il concept è rappresentata dalla natura di racconto che hanno in comune le mustras e le Città, comunanza che ho voluto "legare" attraverso la simbologia di cui è pregna l'arte della tessitura, simbologia molto presente, peraltro, anche nell'opera di Calvino. Come ho scritto nelle note di copertina del disco: "Ecco allora che ogni partitura musicale è una mustra che racconta di nuove suggestioni e visioni, di fili come relazioni e relazioni come fili, di non dualità tra eterno e quotidiano, tra l’anno luce e l’istante, tra il corruttibile e l’incorruttibile, tra la mia scelta e la pace (o la guerra), tra l’io e il tu, individui fusi nel noi ma intatti nella propria unicità."
Quali difficoltà hai incontrato misurandoti per la seconda volta con l’opera di Calvino?
Rispetto all'opera di Calvino in sé, nessuna difficoltà. Casomai, viste le due uscite abbastanza ravvicinate (“Musiche Invisibili” è di dicembre 2022, “Mustras” di luglio 2024), inizialmente avevo delle perplessità sul senso di pubblicare due lavori su Le città invisibili nel giro di meno di due anni, seppur l'urgenza di concretizzare “Mustras” fosse molto forte. Inoltre, essendo il compositore e il concept gli stessi, il rischio di cadere nella ripetitività non era da escludere. E qui il cambio radicale dell'organico, quindi dell'identità sonora del lavoro, mi ha convinto, ho potuto superare quelle perplessità e posso dire che il risultato mi ha dato ragione. La sfida continuerà e si farà sempre più ardua, visto che è mia intenzione scrivere musiche per tutte e cinquantacinque le Città.
Dal punto di vista della ricerca ritmica si avverte l'uso illuminato dell'elettronica. Quanto contribuisce ad ampliare la ricercatezza del suono?
Contribuisce in maniera determinante e rappresenta un altro elemento di diversità rispetto a “Musiche Invisibili”, dove era presente solo in un brano. In “Mustras” è uno strumento alla pari degli altri. Per me, ritmo, metro e silenzio sono gli arnesi con cui scolpire la massa sonora grezza iniziale che ho in testa, e l'elettronica il materiale (i materiali) che, dove desidero, completa la scultura. In questo album, in certi casi ha assunto un ruolo ritmico vero e proprio ma non con dei pattern di percussioni elettroniche: ci piace utilizzare materiali sonori di qualsiasi provenienza, registrati e manipolati - precedentemente o in tempo reale mentre suoniamo - utilizzando parametri e strumenti interni ai software che trasformino i suoni aritmici in ritmici o viceversa.
La connessione con il precedente "Musiche Invisibili" è rappresentata da "Maurilia Reloaded" che qui riadatti per quartetto. Come nasce questo brano?
Il brano originario per “Musiche Invisibili” nasce dalla contrapposizione tra una parte cameristica e una energica squisitamente rock, collegate da una sorta di adagio/corale che funge da spazio riflessivo per un'improvvisazione di clarinetto. Per “Mustras” ho aggiunto la batteria nella prima parte per dare fin dall'inizio un carattere rock, per me più adatto all'organico. L'adagio centrale è suonato in duo chitarra-violino, dove quest'ultimo improvvisa. Nella parte energica abbiamo messo un distorsore alla voce e un octaver al violino, e ho voluto enfatizzare con la batteria delle poliritmie (che originariamente fa solo la chitarra) creando di fatto delle modulazioni metriche momentanee.
Come si evolvono i brani di "Mustras" sul palco?
L'ordine di esecuzione è lo stesso dell'album. Le parti scritte rimangono tali e quali, con delle libertà interpretative che ci permettono di sentire i temi sempre "fatti al momento", a parte qualche caso dove il tema deve rimanere ritmicamente fedele alla partitura. Per il resto, gli sviluppi e le improvvisazioni possono cambiare da un concerto all'altro.
C’è un brano di “Mustras” a cui sei particolarmente legato?
Non riesco a fare una "graduatoria di merito" in queste cose, tutti sono frutto del mio lavoro, quindi sono tutti importanti, come i figli. Mi piace, quindi, che usi "particolarmente" e non "più", ma è comunque difficile citarne solo uno. Se me lo permetti, ne cito due. “Fornellini D'Artificio” perché racconta un sogno che feci tanti anni fa, che rappresentò per me la presa di coscienza e la gratitudine di essere vivo e, allo stesso tempo, il desiderio che tutti potessero avere questa consapevolezza, per me fondamentale per affrontare sia le gioie che le sofferenze con spirito positivo. “Anastasia” perché finalmente son riuscito a concretizzare un brano che nasce come ninna nanna per la mia prima figlia Agata (della pietra agata si parla nel racconto della città invisibile Anastasia) e nel quale io stesso, insieme ai miei compagni, canto. Per par condicio in amor patrius, ho in cantiere un brano dedicato al mio secondo figlio Riccardo.
Andrea Ruggeri – Mustras (Da Vinci Jazz, 2024)
Sono molteplici le immaginifiche fascinazioni legate alla lettura de “Le Città Invisibili” di Italo Calvino, non solo per la peculiare struttura narrativa di questo romanzo, ma anche per le atmosfere fiabesche e quasi oniriche che lo caratterizzano. Non ci sorprende, dunque, che Andrea Ruggeri abbia voluto proseguire il lavoro intrapreso con “Musiche Invisibili” del 2022, ampliando il raggio delle sue ricerche musicali, volte a rileggere in musica le suggestioni nate da questo libro, con la pubblicazione del nuovo album “Mustras”. Registrato tra il 3 e il 4 febbraio 2024 al Francesco Blasig East Land Studio Recording di Cormons (Go), questo secondo capitolo del progetto dedicato a Calvino, infatti, vede il batterista e compositore sardo allontanarsi dalle pagine del romanzo per trarre da esso una diversa linfa per le nuove composizioni nelle quali ora si intrecciano, come fili invisibili, ispirazioni differenti. In questo senso, significativo è anche il titolo che in lingua sarda (“sa mustra” al singolare) indica le decorazioni tessili, tipiche dell’isola, raffiguranti scene di vita quotidiana, allo stesso modo i brani – in larga parte intitolati proprio come le città invisibili di Calvino – sono delle visioni di grande potenza evocativa in cui si la musica è strettamente connessa ai testi in italiano, friulano e inglese. Fondamentale in questo senso è stata anche la scelta di Ruggeri (batteria, oggetti, elettronica e voce) avvalersi di un organico più ristretto di musicisti, un power quartet atipico composto da Elsa Martin (voce, oggetti e elettronica), Simone Soro (violino, effetti, voce) e Elia Casu (chitarra elettrica e chitarra acustica, effetti, elettronica, voce) che caratterizzano in modo determinante il sound del disco, dove spicca la peculiare cura verso le dinamiche e le ritmiche, con l’elettronica ad incorniciare il tutto. Ad aprire il disco è l’eterea “Early Refrain” con la voce della Martin avvolta da un ipnotico arpeggio elettronico, a cui segue “Fornellini D’Artificio” che, con le sue increspature elettroniche ad avvolgere il canto sussurrato della vocalist friulana, sembra evocare il rumore dei passi sulle foglie secche. Il disco entra nel vivo con “Cloe” tutta giocata sulle dissonanze con il violino di Soro e la chitarra di Casu che si alternano nel dialogo spezzato con la batteria di Ruggeri, su cui si innesta la voce sussurrata della Martin. Un arioso intro melodico della chitarra di Casu ci schiude, poi, le porte alle atmosfere cameristiche della fascinosa “Isidora” con i virtuosismi vocali della Martin che si fa strumento nei segmenti corali con il violino, per giungere al finale velato di mistero. “Leonia” ci regala nove minuti sorprendenti in cui la batteria di Ruggeri costruisce una complessa sequenza ritmica in cui si susseguono cambi di direzione continua con spaccati melodici corali che si alternano a segmenti più arditi in cui la voce della Martin dialoga ora con il violino ora con la chitarra. Se “Ersilia” vede il quartetto muoversi abilmente nei territori dell’avanguardia e delle sperimentazioni più ardite, la successiva “Ottavia” è una ballad dal fascino elegiaco in cui spicca tutta l’eleganza cristallina e la versatilità del canto di Elsa Martin, prima di lasciare il posto ad un finale dominato dall’elettronica. Il filo rosso che lega questo album a “Musiche Invisibili” è rappresentato dal riadattamento in quartetto per “Maurilia Reloaded” con la prima parte densa di lirismo, a cui segue il vorticoso secondo segmento di matrice rock con la chitarra elettrica in evidenza, per concludersi nella terza parte più soffusa. “Irene” vede la voce della Martin in evidenza ora nell’interplay con la chitarra elettrica, ora con il violino, ora ancora nelle parti corali verso il finale, mentre “Argia” si snoda in un climax travolgente che cresce di segmento in segmento dai sussurri iniziali di voce e chitarra, a cui si aggiungono pian piano violino e batteria, per giungere alle dissonanze del finale dal tratto post-rock. La splendida ballad “Anastasia” con la chitarra a tessere una brillante linea melodica, sostenuta dalla batteria di Ruggeri, chiude un disco pregevolissimo sia dal punto di vista compositivo che prettamente concettuale.
Salvatore Esposito
Foto di Eleonora Colladello