Omar Sosa e Trilok Gurtu “Two Roots”, Veneto Jazz, Teatro Sociale, Rovigo, 23 novembre 2024

Il maestro Trilok Gurtu ha passato i settant’anni, ma è difficile crederlo osservandone l’agilità e la reattività. Nato a Mumbay (India) in una famiglia di musicisti polistrumentisti, fu la madre, la cantante di musica classica hindustani Shobha Gurtu ad invogliarlo a studiare le tabla con il maestro Shah Abdul Karim. Con gli anni Settanta arriva anche l’interesse per la batteria e la collaborazione con gli Embryo (in “Apo-Calypso, 1977) a volte ospitando la madre, così come avverrà anche nel suo primo album, “Usfret” (1988). Accanto alle due decine di album a suo nome, ha sempre trovato il tempo per collaborazioni memorabili, da John McLaughlin agli Oregon, a Joe Zawinul, a Jan Garbarek. Il suo percorso musicale ha intersecato l’Italia fin dai primi anni Settanta, suonando e registrando due album con gli Aktuala e da allora non l’ha mai persa di vista (qualche tempo fa BF aveva raccontato “Travel”). Lo stesso si può dire del pianista di Camagüey (Cuba), Omar Sosa, di quasi quindici anni più giovane di Gurtu, che ha la sua base a Barcellona dagli anni Novanta. Sono oltre quattro anni che collaborano in duo o allargando la formazione ad artisti come Maria Pia De Vito e Paulo Fresu, con cui Sosa ha registrato “Food”. Il concerto 
organizzato da Veneto Jazz al Teatro Sociale di Rovigo è stata una prima assoluta: l’occasione per un dialogo che chiama esplicitamente in causa le poliritmie e le melodie afrocubane con l’universo metrico e ritmico dell’India, un viaggio e una collaborazione che coinvolge due musicisti abituati al viaggio e agli incontri con altri musicisti (Gurtu poi sembra prediligere i pianisti e sta lavorando a un duo con Stefano Bollani). Alceste Ayroldi li aveva intervistati per Musica Jazz proprio in vista del concerto. Anche se non completamente esaurito, il teatro rodigino ha visto una corposa affluenza di pubblico che ha molto apprezzato il concerto e le diverse declinazioni musicali proposte dal duo. Il set di percussioni Trilok Gurtu è davvero imponente e permette di spaziare fra timbri e ritmi di ogni parte del mondo, punteggiando il percorso con ampi momenti in cui utilizza le sole tabla o il solo cajon, su quale dimostra la sua tecnica strabiliante, quasi fosse un tamburello a cornice, una canjira. L’interazione con questo scrigno percussivo può prendere la mano e Omar Sosa un po’ se l’è fatta prendere, complice la doppia tastiera piano a coda e piano elettrico, come già nelle Sale Apollinee del Teatro La Fenice a Venezia a giugno del 2023: poco
spazio per esplorare la parte melodica e le potenziali dinamiche di volume e molto spazio agli elementi più sanguigni e spettacolari, ai volumi alti (o al pianissimo) ai riff elettrici che chiamano il pubblico a scandire il tempo con le mani o al botta e risposta vocale. Un po’ una prova aperta in cui i momenti potenzialmente più intimi sono rimasti limitati e insulari a favore dell’improvvisazione e della fusion più spettacolare. Nei momenti in cui gli scambi ritmici avvenivano fra i due musicisti, erano in genere guidati da Gurtu che si è assumeva la responsabilità di curare la forma e di segnalare a un onirico Sosa quando rientrare nei cicli ritmici. Il pubblico ha decisamente apprezzato e chiesto anche il secondo bis, il solo brano interamente “acustico”, un’appendice intensa e lirica che ha rivelato la capacità del duo di “approfondire” l’esplorazione comune di una composizione nel solco di un registro dotato di un ampio arco narrativo. 

 

Alessio Surian

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