Sun Ra Arkestra – Lights On a Satellite (IN+OUT Records, 2024)

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Herman Poole Blount, in arte Sun Ra, seppe fondare e condurre per i primi quarant’anni un ensemble galattico, la Sun Ra Arkestra che fiorì a New York per sette anni, fra il 1961 e il 1968. Poi, con la gentrificazione dell'East Village, qualcuno cominciò a storcere il naso per le musiche che venivano dalla Terza Strada, cominciarono le visite della polizia, venne messo in vendita l'edificio che ospitava mezza Arkestra. Marshall Allen fece da ponte verso Filadelfia: lì suo padre si disse disposto ad affittare una casa a schiera a Germantown e dall'autunno del 1968, Sun Ra e parte dell'Arkestra si trasferirono al 5626 di Morton Street, che diventò The House of Ra. Sun Ra lasciò questo pianeta nel 1993: Marshall Allen rimase a vivere lì e da lì ha tenuto alta la vitalità dell'Arkestra. Poche settimane dopo aver compiuto 100 anni, il 16 giugno 2024, Allen ha riportato 24 musicisti dell’Arkesta a New York, negli studi Power Station. Insieme hanno registrato 11 brani che ripercorrono i sentieri sonori di Sun Ra, dalle composizioni per big band degli anni Treenta e Quaranta (“Big John's Special”, “Way Down Yonder in New Orleans”, “Holiday for Strings”) a brani di spicco del loro repertorio - “Images”, “Dorothy's Dance”, “Tapestry From An Asteroid”, “Saturn di Rao” -, accanto a quelli che l'Arkestra ora suona abitualmente: “Joy Delight”, “Baby Won't You Please Be Mine”: swing e idee spaziali lungo quasi un secolo di jazz, con nuovi arrangiamenti e ottima qualità di suono grazie alla
cura dell’etichetta tedesca In+Out Records che ha pubblicato le registrazioni nel doppio album “Lights On a Satellite”. Con Marshall Allen, alla voce, sax alto, EVI, gong, ci sono Tara Middleton – voce e violino, Knoel Scott – sax alto e baritono, congas, Anthony Nelson – clarinetto, sax baritono, Nasir Dickerson – sax tenore, James Stewart – flauto, sax tenore, Chris Hemingway – sax alto, Cecil Brooks e Michael Ray – trombe e voce, Vincent Chancey – corno francese, Brent White, Dave Davis, Robert Stringer ai tromboni, Nina Bogomas – arpa, Owen Brown Jr. e Gwen Laster ai violini, Dyer – viola, Farid Barron – piano, tastiere, moog theremin, Dave Hotep e Carl LeBlanc – chitarra e voce, Tyler Mitchell – basso, George Gray – batteria, Elson Nascimento – surdo e percussioni. A far decollare il viaggio sono i 10 minuti del brano che dà il titolo all’album, la musica che accompagnò lo sbarco a New York nel 1961, “Art Forms of Dimensions Tomorrow (Saturn)”, con la linea melodica ripetuta come un mantra lungo tutto il brano su cui spiega le ali il sax di Marshall Allen in
dialogo con i sax tenore di Nasir Dickerson e James Stewart. “Dorothy's Dance” (Da “Holiday for Soul Dance (Saturn)”, 1960), swinga e fa spazio all’assolo di trombone di Brent White e poi alla viola ispirata di Melanie Dyer. Al 1937 risale l’arrangiamento che Fletcher Henderson realizzò per il brano “Big John's Special” Il brano fu una sorta di preludio alla collaborazione che si stabilì fra i Henderson e Ra dieci anni dopo – quando ancora utilizzava il nome registrato all’anagrafe, Herman Poole Blount: il linguaggio è quello adatto per le big band dell’epoca, alla giusta distanza dagli orizzonti galattici del resto del repertorio. A siderale distanza sta “Reflects Motion”, free cacofonico con protagonisti i chitarristi, la batteria di George Gray, cui è riservato un assolo, oltre a Anthony Nelson al sax baritono e Cecil Brooks alla tromba. Tredici minuti aperti da un solenne gong sono riservati a “Friendly Galaxy” (da “Secrets of the Sun (Saturn)”, 1962) in tensione fra l’ossessiva scansione ritmica di Gray e l’orizzonte onirico della parte melodica. “Joy Delight” fonde funk e spezie di New Orleans, ben intercettate dal sax alto di Chris Hemingway, preludio a “Way Down Yonder in New Orleans” che rimanda alle vocalità degli anni Venti, occasione per far spazio alle pennate piacevolmente in levare della chitarra di Carl LeBlanc. 


Alessio Surian

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