Paolo Fresu & Omar Sosa – Food (Tǔk Music, 2023)

La copertina, firmata dal fantasy researcher Diego Cusano, con il ritratto di una donna di carnagione mulatta con in testa un cappello di spaghetti al pomodoro ad evocare l’incontro tra le anime musicali italiana e cubana, ci schiude le porte a “Food”, nuovo album firmato da Paolo Fresu e Omar Sosa che conclude la trilogia iniziata, un po’ inconsapevolmente, con “Alma” nel 2012 e proseguita con “Eros” nel 2016, magnifico concept-album intorno all’erotismo e dell’amore, intesi della loro accezione spirituale, quella che spinge la bellezza verso il divino. Questo nuovo disco è, in un certo senso, la prosecuzione a livello concettuale del precedente, e mette al centro i piaceri del gusto e della tavola come momento di convivialità, scoperta, incontro e dialogo, e nello stesso tempo ci offre una riflessione sull’importanza dell’alimentazione sana e sulla sostenibilità precaria del nostro pianeta. Entrambi appassionati di buona cucina e vini, il trombettista sardo e il pianista cubano hanno gettato le basi di “Food” a tavola, discutendo sull’importanza di riportare l’attenzione sul cibo in un momento storico particolare, come quello che stiamo vivendo, segnato da guerre e disastri ambientali. Non è un caso, infatti, che all’interno del disco sia stata riportata la frase di Sandro Pertini: “Si svuotino gli arsenali, si colmino i granai”, a sottolineare l’inquadramento etico in cui si è sviluppata la loro idea. Insomma, qualcosa di molto lontano da certi manierismi e da quell’impostazione salottiera in cui spesso si inseriscono i discorsi sulla cucina, meglio se stellata o in linea con le mode del momento. Piuttosto, Paolo Fresu e Omar Sosa hanno voluto far emergere la condizione di costante squilibrio che vive il mondo con i paesi più ricchi ed industrializzati impegnati a discettare sulle sempre più folli teorie nutrizionistiche, e il terzo mondo messo ai margini, in una continua
emergenza alimentare. C’è, dunque, un forte sostrato politico alla base di “Food”, ma non solo perché la cucina, il buon mangiare possono diventare un occasione preziosa per scoprire mondi e culture. Dal punto di vista musicale, tutto ciò è evocato sorprendentemente attraverso la costruzione dei brani in cui la ricerca melodica, si accompagna ad ardite intersezioni con soundscape di cantine e ristoranti tra presse, tintinni di calici, vino versato nei calici e olio soffritto, il tutto impreziosito da voci narranti in italiano, sardo, friulano, spagnolo, francese, inglese e giapponese a far viaggiare l’ascoltatore attraverso latitudini e longitudini culinarie differenti. In questo senso fondamentale ci sembra il contributo degli ospiti come la cantante sudafricana INDWE, il percussionista americano Andy Narell, il violoncellista brasiliano Jaques Morelenbaum, il rapper newyorkese Kokayi e Cristiano De André. Il lavoro sui brani è cominciato un anno fa con le registrazioni dei soundscape, successivamente selezionate in studio a Parigi dove è cominciata la scrittura dei brani che sono stati registrati in seguito tra Udine, Castelsardo, New York, Cape Town, Johannesburg, Rio de Janeiro. Durante l’ascolto, Fresu e Sosa danno vita ad un dialogo sublime, un interplay avvolgente che ci conduce attraverso il Mediterraneo per toccare l’Africa e fare poi rotta verso l’America Latina tra aromi intensi, colori sonori cangianti, architetture ritmiche imprevedibili e
brillanti soluzioni melodiche. Ad aprire il disco è la voce di un anziano centenario che recita una preghiera di ringraziamento prima del pasto schiudendoci le porte alla intensa e meditativa “Father Yambu” con il tema melodico esposto in forma dialogica dalla tromba e dal pianoforte, su un sottofondo che mescola elettronica e le voci di INDWE e quelle di alcuni commensali che discutono del vino. Si prosegue con la malinconica “Valeriana Wok”, con la tromba di Fresu a giganteggiare, sostenuta dalle impunture del pianoforte di Sosa e “New Love in Love” che spicca per la ricercatezza dei timbri e la presenza di Andy Narell alla steel drum. Il vertice del disco arriva con la superba rilettura di “Â Çimma”, brano ispirato ad un piatto della tradizione ligure che Fabrizio De Andrè incise per “Le Nuvole” del 1990 e qui proposta con la magistrale interpretazione vocale di Cristiano De Andrè e strutturata in un climax che si dipana dalla prima parte in cui la voce è accompagnata dal pianoforte di Sosa e dal violoncello di Morelenbaum per sciogliersi in una irresistibile rumba cubana guidata dalla tromba di Fresu. Mentre il brano sfuma sugli sfrigolii di un arrosto, è lecito auspicare che questa collaborazione estemporanea e riuscitissima tra Cristiano De André e Paolo Fresu si evolva quanto prima in un intero disco dedicato alle canzoni di Faber.
Arriva, poi, “Mesticanza”, un acquerello sonoro di una insalata consumata al tramonto in riva al mare con la tromba che espone il tema melodico sostenuta dalle dissonanze del pianoforte. Il vino versato in calice fa da preludio all’urban jazz fusion di “Greens” con la partecipazione del rapper Kokayi, a cui segue quel gioiellino che è l’intreccio tra atmosfere latin e mediterranee di “Estancia”, una bossa-nova guidata dal flicorno di Fresu e dal violoncello di Jaques Morelenbaum ed incorniciata dal pianoforte di Sosa che sul finale sonorizzano la ricetta della zuppa berchiddese. Il brillante latin funk di “Yuca y Magnoca” ci accompagna verso il finale con la sinuosa “Yanela”, un brano pop-soul dal tratto jazz cantata da INDWE e l’etereo lirismo di “Vol.-au-vent”, ma c’è ancora il tempo per un approdo a Cuba con l’irresistibile eleganza di “Cha Cha Chai” e la superba “Didjo” con protagonista ancora una volta la cantante sudafricana. Insomma, “Food” è un disco di alto profilo, costellato da grandi brani e caratterizzato da sorprendenti invenzioni musicali di due grandi maestri del jazz mondiale. Da ascoltare rigorosamente a tavola. 


Salvatore Esposito

Foto di Roberto Cifarelli (3) e Jean Louis Neveu (4)

Posta un commento

Nuova Vecchia