Il trio, con sede in Finlandia, riunisce il pluripremiato compositore Kari Ikonen, che suona il Moog e un pianoforte a coda modificato per produrre intervalli microtonali grazie a un sistema da lui ideato e brevettato, (Piano w. Maqiano™ Microtuning System). Al suo fianco, la vocalist e oudista palestinese-giordana Nemat Battah, concertista e docente presso il Dipartimento di Musica Globale dell’Accademia Sibelius di Helsinki, e il percussionista Abdissa “Mamba” Assefa, di origine etiope, oggi considerato uno dei più apprezzati strumentisti della scena world finlandese.
Il loro nome Wishamalii richiama la reinterpretazione nordica del “Muwashah”, una forma poetica e musicale arabo-andalusa dal forte lirismo.
Dicono di "Al Bahr" (Il mare), loro album di debutto: “Il nostro tema per questo album è la pace – e la disperata, costante speranza e il continuo appello per essa. Vogliamo mettere in luce i sentimenti e i percorsi di vita difficili degli immigrati, che si chiedono se il mondo sperimenterà mai la pace”.
L’idioma sonoro di Wishamalii si basa su strutture della musica araba classica, arricchite da inflessioni jazz, elementi prog e ampie aperture improvvisative. Il risultato è un sound caratterizzato da una spiccata sensibilità melodica e ritmica. Con la sua voce calda, Battah interpreta liriche in arabo (accompagnate dalla traduzione in inglese nel libretto), con l’unica eccezione di “La Paz Eterna”, cantata in spagnolo.
L’album si apre con “Wallathi Walla ka Qalbi”, un Muwashah in cui gli strumenti tessono un articolato intreccio ritmico. A seguire, “Impressions of Deir Al Balah”, con testi del musicista giordano Ra’ad Al-Zaben su musica composta da Battah. In questo brano, il santur di Mehrnoosh Zolfaghari assume un ruolo centrale. Il pezzo si ispira alla città palestinese di Deir Al Balah, situata nel cuore della Striscia di Gaza e luogo d’origine della madre di Nemat, oggi devastato dalla guerra in corso. Il testo, che si sviluppa come un dialogo tra madre e figlia, è intriso di un profondo senso di spaesamento, ma lascia trapelare anche la speranza di poter tornare a casa un giorno.
Degli stessi autori è “Lullaby”, in cui si segnala il violino di Ana Lazar. In questo pezzo, la voce narrante di Battah si rivolge alla madre, chiedendole di raccontare storie per aiutarla ad addormentarsi.
La title track, “Al Bahr”, è una composizione di Ikonen su liriche di Ra’ad Al-Zaben, che evoca gli antichi traffici marittimi del Mediterraneo e riflette su come quel mare, un tempo al centro di contatti e legami tra popoli, sia diventato una tomba per molti esseri umani alla ricerca di una nuova vita.
Segue “Tahmilat Bayat”, motivo basato sul modo bayat (il taḥmīlah è una forma strumentale che alterna assoli e parti eseguite dall’intero ensemble), con influenze prog rock e jazz. La voce appassionata di Battah riprende “Ya Dirati”, la controversa canzone originariamente interpretata dalla diva siriano-egiziana Asmahan Al-Attrash (sorella del compositore, cantante e oudista Farid Al-Attrash, autore della musica su testo di Zaid Al-Attrash). La canzone denuncia il tradimento subito dalla Siria, alla quale era stato promesso l’affrancamento dal dominio coloniale, da parte degli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale. Nella canzone le emozioni sono espresse nello stile mawwāl (“Oh patria, non incolpare noi./ Non dare la colpa del tuo rimprovero a coloro che hanno tradito./ Abbiamo affilato le nostre spade contro i nemici./ Come l’avversario, non ti valutiamo con prezzi a buon mercato”). In questa versione il canto si immerge in un’atmosfera scura creata da sintetizzatori e percussioni.“La Paz Eterna”, scritta da Ikonen, offre una riflessione sulla possibilità della pace nel mondo, concludendo in modo pessimista che la pace eterna sarà raggiunta solo quando tutte le bombe saranno state consumate. A chiudere l’album è “Salla Fina”, un altro Muwashah che si tinge di influenze prog, con il synth che raddoppia il pianoforte di Ikonen, per poi culminare in un brillante assolo finale.
I Wishamalii dialogano efficacemente, lasciando emergere al contempo le personalità e le abilità di ciascuno degli strumentisti. “Al-Bahr” è un album dalla profonda urgenza espressiva, che non rinuncia a porre al centro temi di tragica attualità. Che non passi inosservato.
Ciro De Rosa
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