Di emozioni ne ha ricevute ma soprattutto ne ha date tante, Peppe Barra, una carriera strabiliante tra teatro e musica (e pure cinema), artista che incarna i volti di Napoli, di cui restituisce storie, suoni e colori attraversandone secoli di storia, ma non solo perché Barra è un protagonista assoluto della cultura italiana, ben oltre la maschera cittadina che ne limiterebbe la grandezza.
Lo scorso 24 luglio il Comune di Napoli ha celebrato gli ottant’anni del Maestro, ringraziandolo con un concerto-festa in piazza Mercato (“Peppe80Barra – Un’età certa”) cui hanno partecipato tanti ospiti intergenerazionali, da Dee Dee Bridgewater ad Angelo Branduardi, da Gnut a Toto Toralbo fino all’organettista Simone Bottasso, e con una mostra (“Peppe Barra-Il gesto e la voce”), allestita nella Chiesa Santa Croce e Purgatorio, a cura di Francesco Esposito.
A metà ottobre, all’Auditorium 900, Barra ha presentato il vinile “Un’età certa”, pubblicato da SoundFly e Aquadia. Quale luogo migliore di un tempio storico del canto di Napoli per raccontare la sua arte memorabile e presentare questo vinile? Che è un regalo a sé stesso ma, soprattutto, un regalo tributatogli con riconoscenza da Rocco Pasquariello, manager di Barra da trentatré anni (una pubblicazione, tenuta nascosta fino alla mattina del suo compleanno), e costruito con dedizione e perizia da Bruno Savino di SoundFly, con l’editing/mastering di Giovanni Roma.
La scelta del vinile vuol essere una sfida al dissiparsi della memoria in tempi di musica liquida. In copertina è riportato il testo di “Vico Vasto” (“Passa ‘na vita, ne passano doje e ‘o Vico Vasto nun m’’o scordo maje”), tributo a mamma Concetta, di cui si ascolta l’indimenticata voce, a ribadire l’urgenza di accarezzare, serbandola con affetto, la memoria del proprio percorso di vita e note “Non rimpiango nulla, ho fatto scelte che rifarei, il teatro mi ha ripagato e mi ripaga”, dichiarava in un’intervista a “Repubblica”; “Luci e palcoscenico me dann’ a gioia ‘e vivere”, cantava in “N’attimo”), ma intende anche omaggiare Pino Daniele, altro napoletano immenso: «I suoi versi hanno sconvolto un po’ la poesia napoletana ma l’hanno rafforzata», mi diceva Barra in un’intervista raccolta anni fa.
Il disco raccoglie scorci della carriera da solista di Barra, il quale canta accompagnato dai musicisti di rango che sostengono strumentalmente il Maestro con arrangiamenti sobri e misurati, tesi a fondere con estro i linguaggi musicali, lasciando sempre piena centralità al timbro unico di Peppe.
La narrazione di questa “affacciata ‘e fenesta” si apre con il palpitante spoken word con cui è dipinto il vitale pullulare di “Vico Vasto” (testo di Lamberto Lambertini e musica di Salvo Riccardi). Sempre da “Mo’ Vene” (1992), il suo primo album solista – con il quale Barra vinse la targa Tenco come miglior interprete nel 1993 –, arriva “Beguine”, una canzone sul ritmo da ballo caraibico con testo di Patrizio Trampetti, nato – mi racconta Pasquariello – da un’idea partorita all’epoca nel suo studio di registrazione sulla scia delle suggestioni di un Super8 in cui Roberto Murolo andava in vacanza a Ischia con la famiglia. Invece, appartiene al canzoniere teatrale di Giorgio Gaber – altro amore di Barra – l’ironia ineffabilmente bluesy di “Lo Shampoo”. Alla struggente “Picceré”, di Piero Gallo, costruita sui modi della canzone classica napoletana, che è un’altra delicata dedica alla mamma Concetta, si contrappone l’umore brioso di “La pansè” di Gigi Pisano (testo) e Furio Rendine (musica), canzone del 1953 le cui allusioni sessuali costarono una lunga censura da parte di radio e televisione nazionali.
Il secondo lato inizia con altro cavallo di battaglia di Barra, “Vurria addeventare suricillo”, la villanella di Leonardo Vinci tratta da “Li zite ‘n galera”, e prosegue con l’avvolgente “Barcarola” (da “Guerra” del 2001). Altra delizia è la villanella, “Vulumbrella”, all’epoca riscoperta da Roberto De Simone e messa in repertorio da “La Nuova Compagnia di Canto Popolare”, riproposta nella versione elettronica rarefatta contenuta in “Cipria e Caffè”. Immancabile e magistrale nell’interpretazione è il classico “Canto dei Sanfedisti” (sempre da “Guerra”), mentre “Cammina Cammina” è il doveroso omaggio a Pino Daniele. Chiude l’inedito e intimistico “’Na Lacrema”, composto da Paolo e Gianni Del Vecchio, per chitarra e… mare.
Si erge la forza interpretativa di Barra nel porgere la parola recitata e cantata, la sua magnetica affabulazione, l’incandescente versatilità che gli fa attraversare con disinvoltura epoche, mondi sonori, registri e repertori, incontrando canto di Napoli, teatro canzone, musica antica, tradizione contadina, opera buffa, blues, jazz e musiche del mondo, sostenuto dalle architetture prodotte da oltre cinquanta musicisti di levatura internazionale.
Ma non è tutto: “Un’età certa” è anche uno spettacolo che Peppe Barra porterà in scena. Questi gli appuntamenti: il 13 novembre al Teatro Fusco di Taranto, il 18 novembre al Teatro Puccini di Firenze, il 19 novembre al Teatro Carcano di Milano, il 20 novembre al torinese Teatro Colosseo, il giorno successivo al Teatro Bibiena di a S. Agata Bolognese. Infine, il 22 dicembre all’Auditorium Parco della Musica della capitale.
Video in esclusiva per Blogfoolk per gentile concessione di Aquadia di Rocco Pasquariello
Ciro De Rosa
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