Mauro Durante | Justin Adams – Sweet Release (Ponderosa, 2024)

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Il primo incontro tra Justin Adams e Mauro Durante risale al 2011, quando si conobbero in occasione del Concertone de La Notte della Taranta della quale Ludovico Einaudi era il Maestro Concertatore e il polistrumentista salentino ne era l’assistente musicale. Il chitarrista e produttore inglese era stato invitato quale ospite insieme al maliano Ballaké Sissoko, il giapponese Joji Hirota e i Taiko Drummers, il dj turco Mercan Dede e i Secret Tribe. Sin dalle session in sala prove tra i due nacque un feeling, complice il grande fascino esercitato dalla musica tradizionale salentina sul chitarrista londinese. Negli anni a seguire le loro strade si sono incrociate più volte: Justin Adams ha collaborato spesso con il Canzoniere Grecanico Salentino sia in studio sia sul palco con i memorabili concerti al Womad e alla Royal Albert Hall di Londra per i BBC Proms. L’idea di dare vita ad un progetto comune è nata nel 2018, ma è stata finalizzata solo due anni dopo, quando durante i tristi giorni del lockdown, Justin Adams e Mauro Durante si sono ritrovati per due session dalle quali prese vita lo splendido “Still Moving”, album dell’anno 2021 di Blogfoolk. Quel disco, nato dall’esigenza di vincere la malinconia di quei giorni lontani dal palco e dal pubblico, incrociava due universi musicali differenti, facendo dialogare pizzica e blues, country e desert rock, canzone d’autore e musica tradizionale, il tutto caratterizzato da un sound essenziale e allo stesso tempo diretto e potente. A distanza di tre anni, giunge “Sweet Relese” il loro secondo capitolo, che prosegue il cammino intrapreso con l’opera prima ma vede Justin Adams e Mauro Durante estendere il raggio delle
loro ricerche sonore. Registrato dal vivo per conservare intatta la forza evocativa delle loro performance, il disco raccoglie dieci brani che, nel loro insieme, compongono le tappe di un viaggio spirituale di guarigione e salvezza. L’ascolto si dipana dal Salento con la splendida “Leuca” cantata da Alessia Tondo, agli States con il roots rock di “Ghost Train”, per toccare il Nord Africa con il lirismo della preghiera pasquale “Wa Habibi” interpretata dalla cantante marocchina Yousra Mansour e giungere in Rajasthan con la melodia meditativa di “Aurora” ispirata ad un mantra del mattino, ma non è tutto perché “Ithaca Return” intreccia pizzica e roots rock introducendoci alla struggente “Qui non vorrei morire”, una poesia di Vittorio Bodini messa in musica da Daniele Durante, e la conclusiva “Santu Paulu” un torrido blues che incrocia trance e psichedelia. Così Justin Adams e Mauro Durante ce lo raccontano. 

Salvatore Esposito

Da “Still Moving” a “Sweet Release”: quali affinità e divergenze, persistenze e mutevolezze?
Justin Adams - Abbiamo mantenuto la palette limitata e basilare; siamo solo io e Mauro, soltanto ciò che possiamo suonare dal vivo. Questo rende il tutto molto personale, intimo e unico per noi. Le due principali differenze rispetto al primo album sono che abbiamo fatto molti tour e quindi siamo diventati una vera 
entità, inoltre abbiamo invitato tre fantastiche cantanti ospiti, che hanno preservato il suono del nostro duo, ma hanno aggiunto una forte profondità femminile all’album.

Come avete ideato e realizzato questo secondo capitolo?
Mauro Durante - Dall’uscita di “Still Moving” abbiamo avuto la fortuna di passare molto tempo insieme. Siamo stati in tour praticamente in tutto il mondo. Abbiamo condiviso tanta musica, riflessioni, risate, silenzi. Il nostro rapporto, musicale e personale, si è cementato ancora di più, traducendosi in un'intesa istantanea sul palco. “Sweet Release” è il risultato del tempo passato insieme: in musica, parole ed emozioni.

“Sweet Release”: cosa rivelano il titolo e il brano? 
Justin Adams - Penso spesso che siamo molto fortunati, come musicisti, a essere coinvolti in una delle parti più felici e positive della vita delle persone: il godersi la musica. Le difficoltà della vita sono dure, e tutti facciamo ciò che possiamo per sopravvivere; la musica è lì per offrire un po’ di sollievo — è quella dolce liberazione a cui stavo pensando.

La pizzica “Leuca” featuring Alessia Tondo, Leuca: luogo fisico e simbolico del finisterre salentino...
Mauro Durante -
È legata ad un momento molto particolare, importante e intenso della mia vita. Leuca è simbolicamente mare aperto, la fine della terra, ma anche l'inizio di un altrove. L’etimologia della parola poi richiama il colore bianco, una luce omogenea e avvolgente che annulla quei confini. Musicalmente abbiamo cercato di restituire quell'idea di spazio, luce, sospensione.

“Ghost Train” è una cavalcata rockabilly dal testo bilingue. Cosa vi ha ispirato?
Justin Adams - Musicalmente, il minimalismo e l’energia del Rockabilly e di generi simili si adattano perfettamente al nostro formato di duo — forse sono stato introdotto a questo tipo di musica dai Beatles, poi dai Clash; sono persino stato ai Sun Studios. A livello di testi, anni fa mi trovavo in una città balneare deserta su un’isola giapponese e sono entrato in una 'Casa Stregata' in un vecchio luna park — era terrificante, tutti questi fantasmi giapponesi! Mi ha dato l’ispirazione per una canzone sul trauma del passato — penso spesso a come il trauma della nostra storia imperiale e coloniale britannica continui a influenzare il mondo.

In “Wa Habibi” entra la voce di Mansour, ma non con il piglio da rocker maghrebina a cui siamo abituati ma in una veste riflessiva quasi struggente. Come nasce la collaborazione come mai riprendete questo brano portato asl successo da Fairuz?  
Justin Adams - Ho vissuto per un breve periodo in Libano da bambino; la mia famiglia amava il paese e 
Fairuz. Per me, questa canzone rappresenta il vero Mediterraneo, dove le culture si incontravano e si arricchivano a vicenda, e come lamentazione mi è sembrata appropriata per i nostri tempi. Mauro è diventato amico di Yousra e ci ha presentati; abbiamo passato una serata a suonare insieme, e sono rimasto sorpreso quando mi ha detto che era una grande fan di Fairuz — sono stato molto colpito dall’emozione che ha portato nella sua interpretazione.

Di nuovo una virata verso il rock che si mischia ad altre influenze in “Silver and Stone”. Cosa raccontate in note e liriche? 
Justin Adams - Musicalmente, questo brano vive nella mia mente, dove coesistono influenze irlandesi, marocchine e rock and roll. La canzone racconta la storia di un viaggio in solitaria che ho fatto nell'Alto Deserto del sud-ovest degli Stati Uniti, in un momento di crisi personale. La solitudine, la cultura dei nativi americani e la bellezza selvaggia e pericolosa delle immense montagne e dei deserti hanno portato a grandi momenti interiori. Col senno di poi, è stata un’esperienza davvero positiva!

“Aurora” è scritta e cantata in italiano, su una melodia ascoltata nel Rajasthan. Che sensazioni rivela?
Mauro Durante - L’amore dirompente, pieno e sensoriale, allevia la sofferenza come l'aurora squarcia il buio della notte.
Justin Adams -
La prima melodia è stata ispirata da alcuni brani greci che mi danno quella sensazione di inno — e dall’idea di Mauro e me che suoniamo una semplice melodia all'unisono con suoni imponenti. La sensazione di tornare finalmente a casa… poi arriva la pizzica, che è il momento in cui Mauro può usare la potenza delle sue radici ed esperienza per scatenare davvero un po’ di follia!

Il motivo più personale e toccante è “Qui Non Vorrei Morire”, poesia del grande poeta salentino Vittorio Bodini con cui hai voluto omaggiare tuo padre Daniele… Cosa ha rappresentato per te e per la musica salentina?
Mauro Durante - È una domanda impegnativa... Mio padre è il mio primo maestro, musicale e di vita, un amore infinito. La sua eredita è indelebile. I sogni che condividevamo, la nostra missione, sono ciò che mi dà ancora energia e linfa, amore per quello che faccio.

Vi propongo tre digressioni artistiche e “territoriali”: il prossimo anno è il 50ennale del Canzoniere Cosa ci state preparando?
Mauro Durante - Un album in cui reinterpretiamo alcuni dei brani più significativi della storia del gruppo, con unici ospiti mia madre Rossella Pinto e il padre di Emanuele, Roberto Licci; una super festa/festival a inizio estate; residenze artistiche, collaborazioni e progetti speciali; un documentario... sarà fantastico!

Roots americana e trad italiana: che matrimonio è? Che sviluppi può avere? 
Justin Adams - Non separo davvero le musiche nella mia mente — potresti dire che qualcosa è “Roots Americana,” ma le radici dell’Americana sono chiaramente in Africa, nel mondo arabo (la chitarra, ad esempio, grazie ai Mori in Andalusia) e in Europa — e probabilmente anche nell’Asia Centrale (musica indigena) e oltre! Ovunque senta un ritmo di danza, una voce dolceamara sospesa tra malinconia e gioia, il richiamo e risposta, un po’ di improvvisazione, lì mi sento a casa. Non mi piace davvero usare la parola Blues per la mia musica poiché il Blues storico è nato dal sistema schiavistico, razzista e genocida. Se dovessi darle un nome (e in realtà non devo farlo!) probabilmente preferirei “Rock and Roll” — un termine che reclamerei e insistendo che sia stato inventato intorno all’8000 a.C.! E, naturalmente, la Taranta e la Pizzica fanno parte di questo, un Rock and Roll antico.

Infine, Mauro, Come esce (se ne deve uscire) musicalmente il Salento dalla spirale stereotipata rappresentativa e auto-rappresentativa della taranta? 
Mauro Durante - Il problema è nella qualità e nella sostanza della proposta artistica. Non c'è motivo di "uscire" dall'accostamento con la "Taranta" e tutto quello che rappresenta storicamente e culturalmente, se lo si fa con consapevolezza. C'è bisogno di una presa di coscienza collettiva, della volontà di mettersi in discussione. Studiare, migliorarsi, dedicarsi, assimilarne i linguaggi. Per creare qualcosa di nuovo che 
abbia un senso serve, prima, la conoscenza e l'elaborazione dei repertori di riferimento.

“Tide Keeps Turning” su un ritmo di ballo sul tamburo ci porta addirittura la voce di Felice Rosser. Come sono nati questo brano e questo incontro?
Justin Adams - Mauro mi ha mostrato il ritmo della Tammuriata di Napoli, e ne sono rimasto affascinato — è stato come incontrare un altro parente che sembra familiare ma ha una meravigliosa particolarità. Man mano che la canzone si sviluppava, con parole e riff, ha iniziato ad assumere un tono simile al Gospel. Avevo lavorato con Felice Rosser, che mi aveva fatto pensare a Rosetta Tharpe, anche se lei è più una punk rocker che una ragazza da chiesa! Ma la profondità del suo tono e il suo groove si sono rivelati perfetti per la canzone.

Un “Santu Paulu” che un’invocazione psichedelica chiude il disco.
Justin Adams - Nel tentativo di seguire la melodia di Mauro in questa canzone, mi sono ritrovato a suonare un semplice riff psichedelico — non è colpa mia, stavo solo seguendo un'invocazione antica!
Mauro Durante: La melodia è quella che veniva cantata dalle tarantate nella cappella di S.Paolo a Galatina, nella notte del 29 giugno. Racconta il desiderio che arrivi davvero una “grazia” collettiva che possa lenire e porre fine alle troppe sofferenze di cui siamo testimoni.

Dove andrete a portare il vostro “Sweet Release”?
Mauro Durante - Partiamo dal Regno Unito per spostarci in Scandinavia e poi in Italia. L'anno prossimo saremo in Olanda per Eurosonic, Francia, Nord America etc. Non vediamo l'ora!


Ciro De Rosa

Mauro Durante | Justin Adams – Sweet Release (Ponderosa Music Records, 2024)
Abbiamo doverosamente affrontato il primo capitolo di questa benemerita collaborazione tra Justin Adams e Mauro Durante, (sintetizzando al massimo) chitarrista il primo e violinista il secondo. Lo abbiamo fatto con la dovizia dovuta alla bellezza del risultato – vale a dire l’album “Still moving”, accolto con favore unanime dalla critica internazionale – e, non di meno, per il fascino espresso, in prima battuta, dalla lungimiranza di questa geniale convergenza. Lo abbiamo fatto perché, ascoltando anche solo poche battute, noi come tanti altri abbiamo compreso che si poteva andare davvero lontano. Da un lato i due artisti – che si incontrano nella terra magica di Melpignano sotto l’egida di Ludovico Einaudi (maestro concertatore del concertone della Notte della Taranta del 2011) – hanno riconosciuto gli ampi spazi di una collaborazione che poteva generare una musica “estrema”, esterna praticamente a tutto, con una forza tale da ricomprendere “solo” evocazioni di tradizioni espressive e, allo stesso tempo (quanti ne sono capaci?), espansa verso un orizzonte illimitato. Dall’altro lato, ben saldati in un processo di incorporazione musicale a dir poco orizzontale e alternativo, hanno riconosciuto (li immaginiamo mentre si guardano strimpellando insieme le prime note) il valore nuovo di una musica serena e precoce, di un discorso musicale che non è solo nuovo nell’esito, ma soprattutto nella “posizione” e nel ruolo di tutti gli elementi che lo costituiscono. Questo nuovo capitolo della loro pratica musicale, intitolato sornionamente “Sweet release” (dolce come la scoperta), ci appare veloce come la lettura di una poesia che conosciamo. O meglio, come la scrittura di uno scrittore che conosciamo – di cui conosciamo il modo in cui dà forma alle cose – e di cui leggiamo, per la prima volta, una nuova poesia. La sensazione è quella di uno straniamento che ci si aspetta, che ingenera una tensione insopprimibile proprio lì dove pensi di essere già stato e invece, pur riconoscendone l’alone, vedi forme nuove, leggi versi sommi. Indagando i dieci brani dell’album si scopre la primarietà dei due elementi fondamentali (l’album è registrato in presa diretta): le corde, il violino (sorprendentemente trasformista), la chitarra (e che chitarra) e la voce (molte voci). Saltando (in piena vertigine) ad “Aurora” (in sesta posizione nella scaletta) si scorge il pieno abissale di poche ma fondamentali corde (“canto e controcanto” si dice nel testo). Quando entra il violino sembra letteralmente strappare l’anima al brano, che si dilunga placidamente su un tema longilineo e opaco, appena accennato ma reiterato da una chitarra profonda e nebulosamente sahariana. La voce incarna perfettamente la rarefazione della musica, intonando la “luce nuova” dell’aurora: “le tue labbra che si schiudono/ chiamano il silenzio”. Oppure, con più rigore: “le tue dita che mi invitano/ viaggi sulle dune”. Il tratto essenziale della narrativa Adams-Durante si fa più preciso nei dialoghi musicali (“Ithaca return”), perché è lì che si manifesta la vera traccia, la linea che sottostà (“il rapsodico violino di Durante”, si legge nelle note di presentazione dell’album). L’architettura che sorregge l’incontro, d’altronde, è quella dei musicisti che si adoperano nell’indagine, sporgendosi quanto più si può oltre le formule che rischiano di ingannare (anche se non si direbbe). L’assetto trasversale emerge a ogni angolo, dentro il richiamo del grande cerchio delle connessioni, fuori dal tempo e dallo spazio (non parliamo proprio dei generi). In questo senso (gli esempi sarebbero molti e tutti meriterebbero un approfondimento) alcuni brani sono incantevoli, per il loro valore paradigmatico. Uno su cui vale la pena soffermarsi è “Tide keeps turning”, acido e scioccante, con il tamburello che sembra una batteria, le voci che si rincorrono in un lamento piacevolmente disarmonico (è presente Felice Rosser) e la chitarra che si inceppa con ritmo sporco nella cadenza narrativa di un fraseggio blues infinito, che mette insieme, senza sforzo e ostentazione, Seasick Steve e Tinariwen. Ho provato fin qui a non citare riferimenti, ma l’armonia dell’album è irresistibile e (è vero) il duo ha incorporato tutto, con criterio e spinta: il dialogo inebriante di Ibrahim Maalouf, l’eccitazione di Sam Lee, la poetica arcaica, epica, di Rachid Taha e Sinead O'Connor. Allora “Wa Habibi” chiude il felice cerchio, per dolcezza, equilibrio e, senza mezzi termini, bellezza. Canta Yousra Mansour – voce ferocemente suadente e pilastro della band franco-marocchina Bab L’Bluz. E così “New release” ci incardina allo stupore.


Daniele Cestellini

Foto di Simon Partington

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