Descrivere l’universo musicale di Paolo Fresu è cosa ardua perché è il trombettista sardo è musicista in continuo movimento, ma soprattutto “contiene moltitudini”, un insieme di influenze che vanno dalla musica tradizionale della sua terra a quella classica per toccare il jazz in tutte le sue diverse sfaccettature, muovendosi da Chet Baker alle atmosfere nordeuropee, passando per le sonorità afroamericane, senza contare la sua tensione costante verso la sperimentazione. All’improvvisazione libera è dedicato “Legacy”, il nuovo monumentale triplo album che prosegue i festeggiamenti per i suoi sessant’anni, iniziati con il progetto “P6OLO FR3SU”, celebrando tre sentieri paralleli del suo percorso artistico: i quarant’anni del suo storico quintetto con Tino Tracanna, Roberto Cipelli, Attilio Zanchi e Ettore Fioravanti a raccontare l’anima acustica, i venti anni con il Devil Quartet con Bebo Ferrara, Paolino Della Porta e Stefano Bagnoli per descrivere quella elettrica e i ventidue di interrotto dialogo in duo con Uri Caine. Nelle note di copertina Fresu sottolinea: “Ho iniziato giovane a fare musica e questa è diventata la mia vita. Mi sento fortunato e ho il privilegio di avere trovato nel mio cammino persone e artisti straordinari con i quali ho potuto condividere molte cose. Se ciò è accaduto è grazie a coloro che sono stati in ascolto e che hanno osservato il mio sentire dando forma ai sogni e alle aspirazioni che continuo a spartire con loro e con tanti altri. “Legacy” è pertanto una eredità da tramandare. Un lascito per il domani e un dovere verso me stesso e verso chi verrà dopo di me”. Non è tutto, però, perché nel termine “Legacy” è connesso anche al jazz e alla “modal legacy” che ci porta dritti al legato modale di Miles Davis. Come sempre accade nei dischi di Fresu, e più in generale nei dischi della sua etichetta, anche in questo caso la copertina firmata dall’artista americana Liz Nielsen appare strettamente connessa al concept musicali con tre cangianti strisce di colore rosso, blue e vedere che ai bordi sembrano arrivare quasi a sovrapporsi e confondersi. Registrato, mixato e masterizzato tra il 2022 e il 2023 presso lo Studio ArteSuono di Cavalicco (Ud) da Stefano Armerio, e masterizzato da Andrea "Pelle" Pellegrini al Larione10 Recording Studio, “Legacy” raccoglie tre dischi, differenti per genesi, formazioni ed arrangiamenti, e che mettono in fila rispettivamente dodici improvvisazioni, una rilettura e una traccia fantasma, a comporre un intrigante viaggio attraverso brillanti architetture musicali, sorprendenti soluzioni sonore, ardite cellule ritmico-armoniche, e raffinate melodie cantabili. L’ascolto si apre con il primo disco “Improvvisi” dedicato al duo con Uri Cane e caratterizzato da toni crepuscolari che digradano in atmosfere notturne nelle quali il pianista di Philadelphia coinvolge il trombettista sardo in un avventuroso dialogo in cui i due musicisti si immergono in libere improvvisazioni ora fatta di incastri, ora più lirica e nei cui passaggi chiave si notano addentellati con il gospel, il blues e il funky, fino a giungere alla musica barocca con la sublime rilettura de “L’amante bugiardo” di Barbara Strozzi (1619 – 1677). Il secondo disco “Impromptus”, vede Paolo Fresu accompagnato dal suo Devil Quartet e ci conduce attraverso paesaggi sonori differenti con aperture in cui l’interplay tra i tre strumenti si svela in tutta la sua bellezza scintillante, e spaccati dal tratto più riflessivo. L’intesa tra gli ottoni di Fresu e Tracanna e la chitarra di Ferra è perfetta, sostenuta dalle impeccabili strutture ritmiche di Bagnoli, ma ciò che colpisce è la dimensione colloquiale percepibile dall’ascoltatore sin dalla prima nota, un feeling che coinvolge e ci porta alle emozionanti versioni delle conclusive "My Man’s Gone Now" di George Gershwin e “Tu si ‘na cosa grande” di Domenico Modugno. Il terzo ed ultimo disco “Repens” vede protagonista il suo quintetto che ci consegna dodici improvvisazioni di grande potenza espressiva nelle quali si percepisce la creatività dei singoli strumentisti, ma anche la capacità di muoversi tra ritmiche, mood e stili differenti, dando vita a un sound che potrebbe definire post-bop ma che il cui sguardo è già molto oltre con la sua trasversalità quasi sfuggente. “Only Women Bleed” di Alice Cooper, da sempre la sigla finale dei concerti del Quintetto, suggella un progetto discografico imponente al quale non si può riservare un ascolto superficiale ma richiede di essere apprezzato nella sua profondità per coglierne la ricchezza musicale e le cangianti ispirazioni. “Legacy” è disponibile anche in edizione limitata e numerata con i tre vinili che presentano improvvisazioni differenti da quelli del cd, raccolti all’interno di un elegante box set. Da non perdere!
Salvatore Esposito
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Suoni Jazz