Festival Ethnos, XXIX Edizione, Comuni Vesuviani e Napoli, 7 settembre - 5 ottobre 2024

Anzitutto, Alba Careta (voce e tromba) e Henrio (voce), accompagnati dalla chitarra di Bart Barenghi, hanno proposto “Càntut”, un suggestivo, straniante e singolare quanto affascinante percorso canoro che si snoda tra ninne nanne  tradizionali catalane (su cui è imperniato l’album “Udolç”, pubblicato da Segell Microscopi) ad alto tasso emozionale. Si tratta dell’esito di un’iniziativa di ricerca sul campo che ha coinvolto le scuole di Cassà de la Selva. Il canto dei due artisti, le linee melodiche minimali, i passaggi improvvisativi della tromba di Alba trasmettono il legame profondo con la musica tradizionale ma rappresentano la cifra creativa che porta a rimodellarla. Nella stessa serata, accompagnandosi alla kora, il senegalese residente a Girona Momi Maiga (anche lui in procinto di uscire con un album per Segell Microscopi) ha portato in scena la sua abilità di far dialogare i repertori dell’arpa liuto mandinka con jazz e flamenco insieme a un trio di percussioni, violino e violoncello. La giornata successiva si è aperta con l’interessante duo di vocalist Tarta Relena da Barcellona (Marta Torrella e Helena Ros), che hanno presentato polifonie vocali con supporto non invasivo di elettronica (drone, synth, loop, effettistica); attraversano secoli e luoghi, spaziano dal sacro al profano. A seguire, il progetto Il Mediterraneo e la Banda del Sud, spin-off dell’originale Banda del Sud che lo scorso anno riuniva giovani e meno giovani musicisti italiani di talento provenienti da regioni meridionali, sotto la guida del maestro concertatore
Mario Crispi. Il nuovo progetto, una importante co-produzione tra Fira de Manresa, Festival Ethnos, La Bazzarra, il Ministero della Cultura italiano, in collaborazione con la Fàbrica de Creació Fabra & Coats e il Taller de Músics di Barcellona, l'Institut Ramon Llull e l'Istituto Italiano di Cultura di Barcellona, sviluppatosi attraverso una residenza artistica in Catalogna, allarga lo spettro sonoro e manda in scena artisti catalani e star italiane: lo stesso Crispi (fiati e direzione musicale), Stefano Saletti (oud e bouzouki), Antonio Smiriglia (canto), la sorprendente vocalist sicula-catalana Giulia Campana, le percussioni di Michele Pintus, la chitarra flamenca di Toni Abellan, le corde di Giani Mirzo, la danza di Lorena Oliva. A tratti, la teatralità prende il sopravvento nell’architettura sonora che sembra necessitare (ma era uno dei primi concerti) di più ampio respiro e incisività anche in relazione ai materiali musicali proposti. Attendiamo fiduciosi! Sempre nella chiesa del centro storico di Napoli, la serata del 14 ha offerto uno strabiliante set del duo serbo-bosniaco Almir Mešković (fisarmonica) & Daniel Lazar (violino). Il duo di base in Norvegia combina virtuosismo e grande dialogo strumentale suonando danze d’area balcanica e proprie composizioni, infondendo elementi classici e improvvisazione: superlativi. Spostatici sulla terrazza del Complesso di
Donnalbina siamo stati trasportati verso il Sahara algerino con l'ensemble Lemma, creato sotto l'impulso di Souad Asla. Canto antifonale, battito di mani e percussioni sono gli elementi di un’espressività dall’andamento ora lento e languido, ora vivace e ondeggiante. In più, un’incursione sul palco di Antonino Anastasia e Marcello Squillante degli Ars Nova Napoli ha celebrato l’incontro tra i ritmi desertici e la tammurriata dell’entroterra partenopeo. Toccante, magnetico è stato il set del quartetto della flautista e vocalist Naïssam Jalal on stage a Villa Parnaso (Torre Annunziata, 15 settembre) insieme al violoncello di Clément Petit, al contrabbasso di Joachim Florent e alla batteria di Antonie Banville. La musicista franco-siriana ha proposto composizioni dal suo “Healing Rituals”, i rituali di guarigione rivolti a corpi e menti sofferenti che si traducono nella capacità di connettersi agli elementi della natura. Così abbiamo i rituali di “vent (vento)”, “soleil (sole)”, “collines (colline)”, “rivière (fiume)”, “terre (terra)”, “forêt (foresta)”, “lune (luna)” e “brume (nebbia)”. Un assetto cameristico che intreccia i modi del maqam e il jazz modale. Jalal alterna l’uso del flauto traverso e del ney a quello della voce, gli strumentisti esaltano lo spirito collettivo producendo un balsamo sonoro che induce positività. Non meno “curativa” la suite proposta nella stessa 
location, con Persephone, il progetto di Luigi Cinque (fiati ed elettronica), Stefano Saletti (oud e bouzouki), Eugenio ‘Sale’ Saletti (basso) e la mongola Urna Chagar-Tugchi (canto): un cammino sonoro che attraversa mondi e linguaggi compiendosi come rito più che spettacolo-concerto. Altra vetta si raggiunge il 19 settembre a Torre del Greco al Teatro Corallo (cambio di scena rispetto ai Molini Meridionali Marzoli per le infauste condizioni meteo) con il Canzoniere Grecanico Salentino in gran forma. Scorrono due ore di musica, con una setlist che scava nel meglio del repertorio dei salentini, più degli inediti tradizionali che finiranno nell’album celebrativo del prossimo anno. Il folto pubblico balla, canta e vive in sintonia con la formazione guidata magistralmente da Mauro Durante (impeccabile come pochi quando si tratta di sintetizzare quello che è stato il fenomeno del tarantismo), che combina tecnica strumentale e vocale, potenza scenica, spirito d’insieme presentando un repertorio variegato e che si attesta tra i migliori set live mondiali. I giorni tra il 20 e il 22 settembre i quattro concerti tenutisi al Galoppatoio e a Villa Vannucchi (ai quali non siamo stati presenti e quindi diamo conto solo degli eventi) hanno visto i più che promettenti tarantini Yarákä (già vincitori del Premio Alberto Cesa 2023 a Folkest), l’affascinante
concerto concept “Il bacio-Rise and fall of Salomé” del producer Salvio Vassallo e della cantante e autrice Monica Pinto, ispirato all’opera wildiana, l’ispirato world-jazz di Enzo Rao Shamal Re-Wind, il violinista siciliano che negli anni ’90 è stato tra i protagonisti di un’efficace rilettura delle forme musicali isolane con un approccio mobile tra jazz e modi della musica araba. Infine, il cerchio festivaliero si è chiuso con un ritorno in Africa, questa volta in Congo con il groove dell’orchestra di Jupiter & Okwess. Appendice non secondaria il contest “world-oriented” Ethnos GenerAzioni, giunto alla sesta edizione, svoltosi il 5 ottobre a Villa Bruno (San Giorgio a Cremano) con sei finalisti: il cantore siciliano Antonio Smiriglia in solo (voce e chitarra), i calabresi Malutempu, in movimento tra Calabria e umori più ampi del mare nostrum, l’originale polivocalità in dialogo con le percussioni dei Mesudì, la napoletana Orchestra Topica amante del choro brasiliano, l’interessante duo Oto Dama (L’anima dei suoni), dove si incontrano la voce e il sanshin di Shinobu Kikuchi e il violoncello di Yuriko Mikami, combinando espressioni canore tradizionali nipponiche e moduli classici occidentali. Infine, Luisa Briguglio, siciliana residente a Marsiglia, con una band formata da Ernesto Nobili (chitarra e arrangiamenti), Sergio Di Leo (basso) e
Matteo Nocera (batteria). Buona coerenza di insieme, la cantante usa lingua nazionale e dialetto siciliano, cuce atmosfere che si muovono tra canzone folk isolana à la Balistreri e atmosfere latino-americane, mostra un’attitudine teatrale e di certo lascia il segno, pur tra qualche eccesso pop-rock non proprio originale. Briguglio fa centro tra pubblico e giuria aggiudicandosi il primo posto, davanti proprio al duo nipponico. La cantante (una under 35, tra l’altro) suonerà alla prossima edizione del Festival Ethnos e al consorziato Folkest in Friuli la prossima estate. Ethnos tira le somme rivendicando il suo essere rassegna di successo per qualità e riscontri di pubblico. Immaginiamo che a breve sarà già tempo di pensare all’edizione numero trenta dell’ormai storica manifestazione, punto fermo nella programmazione culturale campana: ci sarà da festeggiare e non si potranno fare sconti alla qualità. 


Ciro De Rosa

Foto di Pino Miraglia

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