Music Meeting, Park Brakkenstein & Centro Culturale Lindenberg, Nijmegen (Paesi Bassi), 18 - 20 Maggio 2024

La direttrice artistica del Music Meeting, Martyna van Nieuwland, ha creato spazio nella programmazione del festival anche ad alcuni curatori ospiti, in particolare Jermaine Kanbier, batterista  e programmatore junior di BIMHUIS, e Tim Sprangers, fondatore e programmatore di Space is the Place. Al Music Meeting, Kanbier ha invitato l'afro-jazz ghanese dell’artista di Amsterdam Bnnyhunna, e il neo-soul danzante del gruppo ZFEX Zeitgeist Freedom Energy Exchange con il cantante nigeriano Wayne Snow. Sprangers ha presentato la cumbia elettrica di Superinca & the Galactic Green (Ibelisse Guardia Ferragutti, Oscar Jan Hoogland, Frank Rosaly, Marcos Baggiani, Joep Bollinger, Vicente Pino) e i SOFAYA, improvvisatori di Amsterdam con una spiccata passione per il jazz sudafricano (James McClure, Diana Dzhabbar, Zenzele Mthembu-Salter, João Guerra, John Dikeman, Marta Warelis, Lezaam Beets, Nick Adema). Anche il quintetto Nomfusi celebra l’energia del Sudafrica, ma all’insegna di un compatto pop-rock a servizio della possente voce della cantante Nomfusi Ngonyama. Il gruppo “olandese” più elettrizzante è stato Naamu, un mix di musicisti dei Paesi Bassi e bambara del Mali voluto fortemente dal bassista Teun Creemers (a suo agio anche con il quartetto Meika) e che ha per protagoniste le splendide voci di Kankou Kouyaté, Aminata Dante e Yacouba Sagara. Molto efficaci sono stati anche i concerti del trio acustico del curdo Ali Doğan Gönültaş che ha presentato il suo debutto solista “Kiğı”. Sul versante elettronico ha fatto divertire e ballare il pubblico Baiuca, mix di radici galiziane e impeccabili intrecci vocali. Fra i protagonisti della giornata di sabato è spiccato anche il duo di Nantes che vede insieme la voce, lo shruti-box e il tamburo a cornice del tunisino Ghassen Chiba e la versatile batteria dell’australiano Will Guthrie. Insieme danno vita ad una serie di dialoghi che attingono da repertori tradizionali e si
sviluppano in modo totalmente improvvisato mostrando profondo ascolto reciproco, permettendo al flusso musicale di passare senza soluzione di continuità dal registro intimo a momenti di grande energia. Il brano finale è stato riservato alla ninna nanna "Nami Nami Ya Srira" composta da Marcel Khalife, una canzone dedicata alle sofferenze dei genitori palestinesi costretti a seppellire, a migliaia, i propri figli. I gruppi ispirati dalle fonti musicali maghrebine sono stati uno dei fili conduttori del festival e hanno visto sui diversi palchi: i FRIGYA, con le energiche percussioni di Imed Alibi che interagiscono con i beat e le tastiere contemporanee di Khalil Epi; i Bab L'Bluz (“la porta del blues”) a fondere torrido blues e funk poliritmico guidati dalla cantante e chitarrista marocchina Yousra Mansour e dal chitarrista francese Brice Bottin. Ritmi gnawa e chaabi sono continuamente evocati dai loro awisha e guembri elettrici che permettono irruzioni di rock psichedelico così come testimoni anche il loro album di debutto “Nayda!” e l’appena pubblicato “Swaken”; i SARĀB, sestetto sospinto a piena voce dalla cantante Climène Zarkan, a suo agio in ogni genere musicale e in costante dialogo con il trombone di Robinson Khoury; e Aïta Mon Amour, protagonista del concerto di chiusura di domenica 19 con i bassi profondi, duo elettronico e femminista che ha visto nuovamente protagonista Khalil Epi, alle tastiere e all’oud, insieme alla cantante Widad Mjama con i suoi lamenti, canti tramandati da donna a donna, a cominciare dalle Shikhat del XII secolo che lottavano contro l'oppressione e l'ingiustizia. La giornata di domenica era
cominciata nel migliore dei modi con l’ensemble condotto dal compositore Franki Raden, l’Indonesian National Orchestra, una selezione di stelle dall’orchestra madre con circa trentacinque musicisti: Ni Putyu Satya Cipta, soprano balinese, Cucu Kurnia ai tamburi a doppia pelle sundanesi, il polistrumentista Dwiki Pebriansyah (rebab sundanese, tarompet (tromba di legno), suling (flauto di bambù), Hendri Desmal alle percussioni, didgeridoo, e al canto, Chandra Irawan (chitarra elettrica), Andreas Wahyudi (basso elettrico), Markus Hartono alle percussioni kolintang che si intersecano con gli strumenti suonati dallo stesso Franki Raden: kempul (gong), bedug (grancassa), cenceng (cimbali balinesi). I vari strumenti a percussione tradizionali indonesiani creano una pulsazione ondivaga e atonale su cui volano le ispirate melodie di Ni Putyu Satya Cipta e Dwiki Pebriansyah. Purtroppo, il pomeriggio è stato funestato da un doppio acquazzone, che ha fermato per due volte il concerto “Tula vive!” della bravissima Izaline Calister dedicato alla storia di resistenza afrodiscendente a Curaçao. “Tula Lives!” rende omaggio all'eroe nazionale e leader della più grande rivolta di Curaçao contro la schiavitù, insieme a un supergruppo con Quincy Braafie alle percussioni, Ilja Reijngoud al trombone, Ed Verhoeff alla chitarra e il trio vocale con Tiffany Vicario, Natascha Brouwer e Felicity Themistokleus. Il festival si è visto costretto a chiedere al pubblico di cercare riparo almeno per un’ora nei locali della vicina università, per poi tornare dopo lo scampato pericolo per gli ultimi concerti.
La Rueda, il quartetto colombiano di stanza a Madrid ha riacceso gli animi pescando dai brani più ispirati del patrimonio musicale dei popoli originari e afrodiscendenti, offrendo una straordinaria paletta sonora nell’intreccia fra voci, percussioni e le due gaitas, i possenti flauti di dimensioni diverse. Rispetto al nubifragio di domenica pomeriggio, la conclusiva giornata di lunedì si è svolta indoor mentre il meteo segnava una bellissima giornata di sole. Nel centro culturale Lindenberg sono state allestite cinque sale che hanno dato modo di esprimersi sia agli ospiti australiani, sia a tre gruppi dalle raffinate qualità. Il trio femminile SUTARI, con Basia Songin, Dobromita Życzyńska e Kasia Kapela si rifà, in parte, ai cantanti folk tradizionali polacchi e sperimenta varie tecniche di canto, armonie, ritmi e l'uso sperimentale di oggetti di uso quotidiano come strumenti musicali, aggiungendo anche canzoni proprie e di sapore maggiormente contemporaneo. Il sassofonista Daniel Erdmanns ha presentato “La terapia di coppia”, mix di sensibilità jazz e per la musica classica contemporanea, ma con una passione del suo sestetto per l’improvvisazione, anche da parte degli strumenti ad arco, il violino di Théo Ceccaldi e il violoncello di Vincent Courtois, oltre al clarinetto di Hélène Duret. Menzione speciale va al duo di bodymusic serbo Alice in Wonderband - Ana Vrybaški e Marko Dinjaški - che presentano brani caratterizzati dai ritmi balcanici e da un’ampia varietà linguistica, collegando la musica al corpo e alla natura. Dal vivo coinvolgono e incantano letteralmente il pubblico con canzoni tratte dall’album di debutto e con nuovi brani: seguiteli, verranno pubblicati a breve. 


Alessio Surian
Foto di Alessio Surian

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