In quei video i pazienti sottoposti alla pratica della toracentesi, indossano cuffie e scelgono la propria canzone preferita e vivendo in una maniera più consapevole e serena il momento della procedura medica. Il Dottor Guardino ha illustrato come la musica possa agire come un'anestesia naturale durante interventi delicati, riducendo al minimo il dolore. Alla fine dell'intervento, molti di pazienti si sono mostrati sorpresi nello scoprire che l'intero processo era già concluso, mentre altri hanno riportato un dolore sopportabile, e alcuni non hanno avvertito alcun disagio. Sono stati condotti diversi studi scientifici per comprendere l'influenza della musica a livello fisiologico. In campo medico, si è scoperto che suoni e melodie possono avere un impatto benefico sull'ipotalamo (regione del cervello situata nella parte centrale, importante per il controllo di numerose funzioni corporee) sull'ipofisi e sul sistema nervoso autonomo, distogliendo l'attenzione dal dolore e riducendo l'ansia associata. Le emozioni positive che proviamo possono contrastare il disagio emotivo associato al dolore, contribuendo a ridurne l’intensità. Il Dottor Guardino è uno dei primi in Italia a sperimentare questo utilizzo della musica, con l'obiettivo di far diventare questa procedura ufficiale a tutti gli effetti. Tra gli incontri più interessanti c'è stato quello con Sasà Capobianco (24 aprile), fondatore di Radio Kiss Kiss di Napoli. La sua carriera
lavorativa nasce come DJ con il nome di The Doctor negli anni Settanta. In seguito, diventato medico oculista, ha saputo fondere queste due esperienze professionali. Ha poi descritto l'origine del suo impero radiofonico, che ha ottenuto un incredibile successo, tanto da ospitare i più illustri cantanti italiani. Successivamente, ha approfondito il contesto delle discoteche durante gli anni '70 e '80 senza mai tralasciare l’approccio analitico alla musica che gli deriva dalla sua formazione di medico. Il penultimo incontro ha ospitato Oriana Persico (30 Aprile), cyber-ecologista e artista, la quale ha presentato l’opera d’arte "Di Protoni e Dati" creata insieme al suo compagno di vita Salvatore Iaconesi. Questo progetto unisce scienza, tecnologia e arte, trasformando i dati medici della protonterapia in suoni al fine di esplorare nuove forme di benessere e condividere esperienze legate alla malattia. Gli autori definiscono questo progetto come “una performance globale per riappropriarsi del proprio corpo e della propria identità creando una cura partecipativa open source per il cancro”. Questa terapia offre la possibilità di una comprensione profonda e personale di ciò che accade ai nostri corpi, il paziente sente i suoni che provengono dal proprio corpo, perché la macchina, durante la sessione, segue la massa tumorale del paziente trasformandola in suono. Questo processo è cruciale per il percorso terapeutico, poiché permette al paziente di riconoscere e familiarizzare con la sua condizione. Mentre la malattia può far sentire il paziente isolato, durante la sessione di protonterapia, la
presenza della propria musica crea un accompagnamento emotivo, consentendogli di confrontarsi con la sua realtà attraverso un filtro sonoro familiare. L’ultimo incontro è stato condotto da Luciana Manca (7 Maggio), dottoranda in Etnomusicologia presso l’università Tor Vergata di Roma. La studiosa ha presentato la sua ricerca sulle formazioni multietniche dei cori come una forma di cura sociale, basandosi sulle indagini condotte in Italia. Tale studio ha evidenziato il notevole potenziale terapeutico della musica, sottolineando l'importanza dell'integrazione sociale come uno degli obiettivi principali della terapia musicale. Quest'ultima si rivela particolarmente preziosa nei contesti in cui l'individuo si sente emarginato dalla comunità, poiché l'esclusione può generare problemi di insicurezza, ansia e stress. È una tematica importante nella musicoterapia la nostra identità sonora gruppale, descrive il senso di appartenenza e coesione che si sviluppa all'interno di un gruppo attraverso l'esperienza musicale condivisa fatta di suoni, ritmi e melodie che diventano simboli della loro esperienza collettiva. Questa identità può emergere in vari contesti come i cori multietnici, bande musicali, gruppi di percussioni o qualsiasi altra forma di ensemble musicale. La performance del gruppo facilita la creazione di legami rafforzando la connessione emotiva e sociale tra i membri. Guardare i video dei cori è stata un'esperienza toccante, sembrava che i partecipanti si abbracciassero, cancellando le difficoltà affrontate nel lasciare il loro paese, creando un legame oltre le differenze culturali, linguistiche e storiche, condividendo solo suoni d'amore. Concludiamo ringraziando l’Università Federico II per aver reso possibile questa preziosa esperienza. Auspichiamo che questo ciclo di incontri possa contribuire a una maggiore consapevolezza, spingendoci a rivoluzionare il nostro approccio nel prenderci cura di noi stessi e degli altri soprattutto attraverso la musica.
Antonella Picone
Foto di Antonietta Tarantino
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