La peggior giudice di sé stessa: storia di Anne Briggs

L’ulteriore ristampa Topic, annunciata per questo mese, del primo omonimo disco di Anne Briggs (Special Edition corredata di “The Lost Tape” bonus singolo composto di quattro tracce inedite provenienti dalle medesime sessions) offre occasione di ripercorrere la vicenda della più enigmatica, talentuosa e disadattata cantautrice/interprete che la scena folk inglese ricordi. Una figura umana e artistica dai fascini misteriosi e sfuggenti, impensabile ai giorni d’oggi.

Quando Ewan McColl (nome d’arte di James Henry Miller) ascoltò la sconosciuta e anticonformista diciassettenne Anne Patricia Briggs (Toton, 29-9-1944) cantare senza accompagnamento musicale, una folksong nella cucina di una cooperativa socialista di Nottingham, non esitò un attimo a invitarla a partecipare al concerto del Centre 42 tour, in programma per la sera stessa. Interpreterà due canzoni che saranno di lì a poco replicate dal vivo anche a Edimburgo (“Various: Edinburgh Folk Festival Vol. 1 & 2”, Decca Records, 1963-1964). La parabola discografica di Anne Briggs si dipana in appena sette anni, quella dei dischi di cui risulta titolare solamente in un paio; infatti, l’ultimo “Sing A Song For You” (registrato nel 1973) diventerà a lungo un grande “lost classic” della musica folk inglese. Rimasto inedito per più di vent’anni a causa delle insoddisfazioni perenni della cantante, troverà pubblicazione in CD solamente nel 1996 presso la Fledg’ling Records. Alcune tra le più celebrate e amate interpreti di quello che sarà il folk-rock anglosassone come Maddy Prior, June Tabor o Sandy Denny, hanno dichiarato a più riprese di aver trovato ispirazione in lei. L’ultima compose perfino una canzone per celebrare il proverbiale stile zingaro di vita dell’amica “The Pond And The Stream” (Lo Stagno E Il Ruscello), incisa nella primavera del 1970 in “Fotheringay” (“Annie girovaga sulla terra, ama la libertà dell'aria, trova un amico ovunque vada, c'è sempre un volto che conosce…”). Sandy, un paio d’anni più giovane, l’ammirava molto, nella canzone dichiara di sentirsi come un piccolo lago che ristagna in città confortato unicamente dalla propria immaginazione, al cospetto della trasgressiva amica che si sposta ovunque la porti la corrente. Anne, impermeabile a qualsiasi ostacolo, infrangeva aspettative, allontanandosi istintivamente e senza tentennamenti o compromessi da tutto ciò che sentiva di non avere liberamente scelto. Aveva iniziato a
interpretare, poco più che bambina, le canzoni di Woody Guthrie e del folclorista Albert Lancaster Lloyd, senza disdegnare i tradizionali “Let No Man Steal Your Thyme” o “She Moves Through The Fair”. A sua insaputa nella capitale inglese, nel frattempo in quei primi anni ‘60, tutto un intero movimento di sconosciuti emergenti aveva iniziato a comparire dietro lo sparuto manipolo di professionisti Alex Campbell e Davy Graham. Tra loro Ralph McTell, Martin Carthy, Roy Harper, John Renbourn e Andy Irvine, che si esibivano nei club e iniziavano a farlo anche all’interno dei nascenti festival. Il primo grande concerto del movimento folk-revival può essere individuato nell’omaggio a Pete Seeger del novembre 1961 alla Albert Hall. Anne a quindici anni aveva ascoltato alla radio, i canti antichi delle donne al lavoro nei campi e in un disco, quello moderno di Isla Cameron senza accompagnamento strumentale. Quelle voci (oltre a quella di Mary O’Hara) furono una rivelazione folgorante. Fin da piccola l’aveva attratta la vita al limite, la natura selvaggia e il concetto marino di fine della terra e inizio dell’ignoto. La sua famiglia sempre più mal sopportava stranezze e inquietudini della ragazza che, a sole quattro settimane dal compimento del diciottesimo compleanno, scapperà di casa in direzione Londra, immergendosi, con pose e atteggiamenti da maschiaccio, nella scena effervescente degli Irish pubs. L’intera comunità folk l’adottò immediatamente, Archie Fisher, sua sorella Ray, Jeannie Robertson, Belle Stewart divennero la sua nuova famiglia. Martin Carthy ricorda quanto fosse impressionato dal suo genio: “La vidi al Troubadour di Earl’s Count, Anne Briggs era l’ottava meraviglia del mondo, aveva un tempismo stupendo, inseriva variazioni che lasciavano senza fiato, era molto bella, non cantava come una ragazzina ma come una veterana”. Frankie Armstrong: “Questa piccola figura cantava come un uccello, ero sbalordita, nessuno poteva eguagliarla”. Anche il clan dei Watersons (gli appena più grandi di lei, fratelli Lal, Mike e Norma più il cugino John Harrison) l’accolse ben presto, com’è visibile nello storico documentario girato dalla BBC del 1965 “Travelling For A Living”: 


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