Patrizio Trampetti – L’Ideale (Armonia Naples Label, 2024)

Protagonista degli anni gloriosi della prima formazione della Nuova Compagnia di Canto Popolare, Patrizio Trampetti ha scritto il suo nome nella storia della canzone d’autore italiana firmando con Edoardo Bennato quel capolavoro che è “Un giorno credi” e mettendo in fila una serie di album pregevoli come solista, come i più recenti “Qui Non Si Muove Mai Niente” del 2012 e “’O Sud (è fesso)” del 2021. A tre anni da quest’ultimo lo ritroviamo con “L’ideale” altro pregevole tassello nella sua discografia, registrato e prodotto con Jennà Romano e nel quale ha raccolto undici brani, incisi con la partecipazione di ospiti d’eccezione come Claudia Gerini, Francesco Tricarico, Isa Danieli, Inti Illimani, Pietra Montecorvino, Franco Del Prete, Tony Cercola, e Sandro Ruotolo.  Abbiamo intervistato il cantautore napoletano per farci raccontare questo nuovo disco, soffermandoci sui temi e le ispirazioni.

Ci puoi raccontare com’è nato questo nuovo album?
È una riflessione nata in questo momento di confusione totale anche per le giovani generazioni. Mi sembra che si siano perduti molti punti di riferimento per la società in cui viviamo. Avere un’ideale nella vita, come un po' ce l'avevamo noi da ragazzi con tutta anche la precarietà e la confusione di allora, mi sembra un bell'incipit per dare senso alle nostre esistenze. Io sono cresciuto con l'ideale della musica, ma nel disco c’è anche quello per la patria e per la politica di com’era. È un disco controcorrente perché è tutto molto
più superficiale, la musica si consuma sugli mp3 in massimo tre minuti e poi si cambia. Ho fatto un album con quello che è il mio mondo perché non sarei capace a raccontarne un altro. Vorrei anche scrivere canzoni commerciali, ma purtroppo non è il mio forte. Certo non è un disco serioso, ma è un disco combat che va controcorrente rispetto alla musica che c’è nelle radio oggi. Non è, però, anacronistico perché l’ideale è quello che ci spinge ad andare avanti e a credere nell’amore, nella musica, nella politica… Gli ideali sono dei punti di riferimento a cui ci si appiglia più che all'edonismo reganiano nella versione degli anni duemila… 

Rispetto ai tuoi dischi precedenti, “L’ideale” ha un suono più radicato a Napoli…
Il disco l’ho realizzato con Jennà Romano che ha scritto alcune canzoni con me e ne ha curato gli arrangiamenti e alle registrazioni hanno partecipato diversi musicisti della scena musicale napoletana. Fondamentalmente, però, io nasco come chitarrista rock e prima di approdare alla musica popolare suonavo in una band con Giorgio Bennato, il fratello di Eugenio ed Edoardo. Quando è morto Giorgio qualche tempo fa e ci siamo ritrovati con Eugenio al funerale, gli ho ricordato che, agli inizi, suonavo con il fratello, ma era stato lui a chiedermi di andare dal Maestro Roberto De Simone per suonare musica popolare. Io non sapevo nemmeno che cosa fosse ma quello fu l’incipit della nostra storia, ma la mia formazione resta rock. Ho studiato anche chitarra classica con il Maestro Caliendo e ho cercato di inserire
la mie varie anime non so se bene o male. 

Emblematica per cogliere il senso di tutto il disco è “L’Italia è qua” che hai scritto e che canti con Tricarico…
È un brano che ha scritto Tricarico e che io ho tradotto in napoletano. Lui è un cantautore molto originale che si avvicina molto alla visione di Luigi Tenco. Ultimamente ha pubblicato una canzone molto interessante per voce e chitarra “Mi state tutti immensamente e profondamente sul cazzo” che ha avuto molte visualizzazioni ma che è fondamentalmente antisistema e anche lui è un po’ fuori dai giri. Ma quali giri in effetti? Quelli del sistema a cui non apparteniamo un po’ per età, un po’ per la musica che facciamo. Pensa che la copertina del disco ritrae una delle proteste di piazza del Sessantotto in Francia. Uno dei ragazzi che stavano lì era Alan Frenkiel che con Cascone diede il nome ai Napoli Centrale, viveva qui in Italia a Positano ed era amico di Shawn Phillips, grande musicista americano. È una foto storica molto bella e retrae un momento storico. Io non uso molto i social, ma quando uno dei tecnici che ha lavorato con me l’ha messa su Facebook per pubblicizzare l’uscita del disco, è stata censurata per istigazione alla violenza. A me fa piacere questa cosa perché vuol dire che l’album è veramente contro, ma è contro anche le stronzate, la mentalità imbecille degli algoritmi. Insomma, bisogna che non si vada sempre dietro al carro dei vincitori, a Sanremo come nelle varie trasmissioni queste canzoni non arriveranno mai e non perché sono canzoni rivoluzionarie, ma perché il sistema fa schifo. La musica dovrebbe essere educativa e se un giovane ascoltasse una mia canzone o una di
Tricarico o quelle di Gianmaria Testa sarebbe solo un fatto positivo; invece, ascoltano le peggiori cose cantate da rapper che esaltano tutte le cafonate possibili che stanno in giro. È veramente la cosa peggiore questa… io sinceramente ho sempre preso delle posizioni di un certo tipo e sono stato sempre coerente. 

Altro brano significativo è la title-track…
È un brano reggae in levare in cui viene ritratto un personaggio che da giovane faceva l’alternativo e, poi, cede e diventa direttore di banca.  Si fa negare a telefono perché un amico vuole chiedere un prestito e chiaramente non vuole darglielo. Nel brano c’è la voce di Jorge Coulón degli Inti-Illimani e ad un certo punto si chiede dove siano finite le feste dell’Unità, Nelson Mandela e Martin Luther King. 

C’è poi il ricordo di Franco Del Prete con a “’A vita po’ cagnà”...
La canto con Pietra Montecorvino e alla fine del brano c’è un dialogo molto bello tra me e Franco, ripreso poco tempo prima della sua prematura scomparsa, e nel quale ci diciamo delle cose sulla canzone. Penso sia venuto molto bene perché Pietra canta in modo straordinario. 

Toccante ed intensa è “Ciao Luì” dedicata a Luigi Tenco…
È la canzone, per me, più importante del disco perché fa riferimento al ricordo che ho della morte di Luigi Tenco. Io stavo al liceo ed uscendo da scuola, passai davanti ad un giornalaio e lessi questo titolo, scritto a caratteri grandi e che diceva che era morto Tenco. Non lo ricordo precisamente, ma mi colpì molto. Io scrivevo già delle canzoni mie in quel periodo e corsi a casa per scrivere qualcosa di quella notizia che mi aveva scosso. Quelle sensazioni, le ho messe in questa canzone e inizialmente dovevo cantarla in duetto con Donatella Rettore che è una mia storica amica, e lei mi ha detto che gli piaceva molto il brano, ma non riusciva a cantare in napoletano. E’ nata, così, l’idea del duetto con Claudia Gerini che canta straordinariamente bene in napoletano ed è una persona molto disponibile nel tentare nuove strade. Mi sembra una bella narrazione di come era Luigi Tenco e di quale era la nostra percezione della sua musica. Ci sono delle citazioni come nel caso di “Lontano lontano” e poi il titolo rimanda alla sua ultima canzone. Lui è stato un riferimento per i musicisti, perché era veramente uno contro il sistema, contro le canzoni commerciali, contro quello che c'era intorno alla musica. Io mi sento un po' così, mi rivedo in quella visione, ma non perché voglia fare il paladino ma perché ho avuto un percorso dove la mia storia si è identificata sempre con un certo tipo di musica, comunque, nell'impegno non solo nella ricerca musicale ma anche sotto il profilo civile e politico. A suo tempo con la Nuova Compagnia di Canto Popolare facevamo molte Feste dell’Unità, c’era 
la società che era più accogliente verso questo messaggio e verso questi movimenti aggreganti. 

In “Comme va a fernì” al tuo fianco c’è Isa Danieli…
Noi ci conosciamo dai tempi de “La Gatta Generentola”, ma ancora prima fu lei, con Angelica Ippolito, a portare Eduardo De Filippo a vedere la Nuova Compagnia di Canto Popolare al Teatro Istabile, un teatrino che c’era a Napoli a via Martucci. Ci conosciamo da oltre cinquant’anni. Oggi ha ottantasette anni, e per me resta una amica fraterna, una sorella maggiore. Lei cantava anche nella compagnia di Eduardo De Filippo e mi faceva piacere coinvolgerla in questo disco visto che insieme abbiamo fatto lo spettacolo “Un falso incidente”, ispirata a “Un giorno credi” e che abbiamo portato in scena a Capri e a Firenze che a maggio replicheremo a Sorrento. Quando le ho proposto di cantare con me questa canzone, ma accettato con grande piacere...

In questo disco ritrovi anche Sandro Ruotolo…
Con Sandro ci siamo conosciuti alcuni anni fa, lavorando insieme per uno spettacolo che metteva insieme le mie canzoni e i suoi scritti e che abbiamo portato un po’ in giro. Lui scrive delle cose molto belle e “La vita degli altri” mi ha colpito molto perché raccontava la storia di una ragazza che scappa con il bambino
dalla guerra in Ucraina.

Concludendo non posso non citare anche “Simme rre” che hai realizzato con Carlo Siliotto… 
La conoscenza con Carlo risale ai primi anni Settanta, quando facemmo uno spettacolo insieme noi della Nuova Compagnia di Canto Popolare e loro del Canzoniere Del Lazio. Noi fummo fischiati perché i salernitani ci detestavano, loro invece furono acclamati. Dopo il concerto ci ritrovammo e Carlo mi chiese perché ci avevano fischiato, nonostante fossimo stati bravissimi. Da lì è nata una grande amicizia che è continuata nel tempo. Lui vive da tempo negli Stati Uniti ma spesso abbiamo collaborato. Ho cantato in alcune colonne sonore firmate da lui e recentemente abbiamo realizzato insieme una suite surreale che si chiama “’O padrone d’’o cane” che parla della storia di un cane dove lui ha firmato le musiche e io i testi. Il brano è suonato dalla Bulgarian Symphony Orchestra, un orchestra di settanta elementi, e lo abbiamo registrato a Sofia con la partecipazione di Piero Ricci alla Zampogna. In particolare, questa canzone “Simm rre” è stata registrata alcuni anni fa e Carlo la face ascoltare ad Ennio Morricone che rimase molto impressionato dalla mia voce. L’ho inserita alla fine del disco perché è un po’ diversa dagli altri brani. 



Patrizio Trampetti – L’Ideale (Armonia Naples Label, 2024)
L’uscita di un nuovo disco di Patrizio Trampetti è come ritrovare con un vecchio amico con cui non ci si vede da un po’, ma poi è come se ci si fosse lasciati cinque minuti prima, in un dialogo ininterrotto di sentimenti, suggestioni e poesia, qualcosa che nella canzone d’autore accade sempre più raramente. Una canzone coglie nel segno quando le radici della sua ispirazione toccano nel profondo il cuore dell’ascoltatore ed è proprio ciò che accadeva con “Un giorno credi” e che ritroviamo con la medesima forza ed intensità nel nuovo disco “L’ideale”. Come ci ha raccontato nell’intervista, questo è un disco controcorrente, non fuori dal tempo. Si tratta, infatti, di un lavoro profondamente attuale nella sua ispirazione lirica e che vibra musicalmente di grande intensità, quasi fosse una lunga elegia sulla necessità di riscoprire i punti di riferimento che ogni giorno sembrano ora cadere ad uno, ad uno. Trampetti con queste undici canzoni canta delle contraddizioni della vita, delle difficoltà nel fare i conti con il presente ma anche con il passato, e lo fa ora con commozione, ora con lo sguardo disilluso, ora ancora con un pizzico di ironia e un filo di amarezza. Prodotto e arrangiato da Jenna Romano (chitarre, basso, synth, organo, dulcimer, programmazione), l’album vede la partecipazione di alcuni tra i più apprezzati strumentisti napoletani tra cui l’indimenticato Franco Del Prete (batteria),  Michele Fazio (pianoforte),  Mirco Del Gaudio (batteria), Giovanni Sorvillo (sax tenore, chitarra ritmica, cori),  Filippo Piccirillo (pianoforte e organo), Ferdinando Ghidelli (slide guitar), Tony Cercola (percussioni), Marino Sorrentino (tromba), Maria Russo e Germana Grano (cori) a cui si aggiungono gli ospiti Tricarico (voce e flauto), Jorge Coulon, Pietra Montecorvino, Claudia Gerini, Isa Danieli, Sandro Ruotolo, Bulgarian Simphony Orchestra diretta da Carlo Siliotto, Pietro Ricci alla zampogna e Victor Cuckov al pianofore. Aperto da “L’Italia è qua”, scritta e cantata con Tricarico, a cui è affidata una riflessione sull’unicità della nostra nazione, il disco entra nel vivo con la title-track, un reggae in levare con Jorge Coulon degli Inti-illamani in cui viene ritratto un ex capellone diventato direttore di banca (“capellò, eri il re della contestazione, tu pensavi alla rivoluzione, mò fai 'o direttore 'e banca e te fai negà”). Se “Lotta ‘e classe” intreccia schegge di ricordi di un passato in cui si scendeva in piazza in nome degli ideale, la successiva “’A vita po' cagnà” arriva dal songbook di Franco Del Prete e riporta il ritmo in levare con la complicità di quest’ultimo alla batteria e Pietra Montecorvino alla voce. Il vertice del disco arriva con la splendida “Ciao Luì” cantata a due voci con Claudia Gerini e dedicata a Luigi Tenco, a cui segue la poetica “Fuoco lampe e ammore” e quel gioiello che è “Comme va a fernì” in duetto con Isa Danieli. Il disco non perde mai tensione emotiva e prosegue con la bella sequenza in cui si ascoltano “Natu suonne” con Jennà Romano,  “La vita degli altri” con Sandro Ruotolo in cui viene raccontata la storia di una donna che sfugge alla guerra in Ucraina, e la riflessiva “Avrei preferito di no”. “Simme rre” merita un discorso a parte, sia dal punto di vita musicale che concettuale, lasciandoci intravedere la bellezza prodotta dall’incontro tra Patrizio Trampetti e Carlo Siliotto con la Bulgarian Simphony Orchestra e la zampogna di Piero Ricci. Una vera e propria perla chiude un disco splendido che non mancherà di toccare il cuore di quanti vi dedicheranno un ascolto attento.


Salvatore Esposito 

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