Patrizio Trampetti – ‘O Sud (è fesso) (Finisterre, 2021)

Per il solo fatto di aver firmato con Edoardo Bennato quel capolavoro che è “Un giorno credi”, Patrizio Trampetti merita di un posto di primo piano nella canzone d’autore italiana. A questo si aggiunga un percorso artistico lungo cinquant’anni, spesi inizialmente nella prima storica formazione della Nuova Compagnia di Canto Popolare e successivamente tra le costanti frequentazioni con il teatro, l’attività di autore e quella come solista nell’ambito della canzone d’autore. Difficile, in ogni caso, è riassumere in poche righe una carriera così lunga, basta però a definire i tratti della sua personalità artistica. Il suo nuovo album “’O Sud (è fesso”) è stato un piccolo caso. Distribuito in vendita nelle edicole del Meridione in abbinamento con il Corriere del Mezzogiorno, ben presto è andato quasi esaurito, ma soprattutto da assoluto outsider ha conquistato un posto nella cinquina dei finalisti per la Targa Tenco come miglior album in dialetto. Poco importa se la vittoria non sia arrivata, perché siamo di fronte ad un disco che intreccia denuncia sociale e critiche verso il Sud e, Napoli in particolare, spesso abituate ad accontentarsi, e appassionate schegge poetiche che ne esaltano il fascino e la bellezza. Ad accompagnarlo in questo nuovo viaggio anche alcuni ospiti d’eccezione come Angelica Ippolito, Gianfelice Imparato, Ambrogio Sparagna, Fausta Vetere e Sandro Ruotolo. Abbiamo intervistato Patrizio Trampetti per approfondire insieme a lui la genesi, le ispirazioni e le tematiche di questo nuovo lavoro.

A nove anni dalla pubblicazione di "Qui non si muove mai niente", torni con un nuovo album di inediti "'O Sud (è fesso)". Ci puoi raccontare come nasce questo nuovo lavoro?
Questo lavoro è il mondo musicale che ho sempre “frequentato” nella mia vita da musicista. Da ragazzo avevo una Fender Stratocaster rossa e suonavo rock a tutto spiano, scrivevo canzoni difficili che poi, tanto difficili, forse non erano. A diciannove anni l’incontro con il Maestro Roberto De Simone e quindi la musica popolare, è questo e lo dico con soddisfazione è il mio “falso incidente”.

Rispetto ai precedenti in cui hai intersecato anche la musica brasiliana e il rock, ho colto l'esigenza di un ritorno a casa, alla tua Napoli e ai suoi suoni, declinati ovviamente attraverso la tua personale cifra stilistica. Dal punto di vista degli arrangiamenti come si è indirizzata la definizione del suono con il produttore Jenna Romano, con il quale per altro collabori da lungo tempo?
Con Jennà Romano abbiamo voluto creare una babele di suoni: da quelli vintage anni Sessanta, dove c’è l’uso di tastiere dell’epoca tipo il Farfisa, l’organo Hammond e il piano Fender, tipici degli anni del Rock Progressive, per giungere ai suoni della nostra tradizione e all’uso di trombe e tromboni in stile cubano come in “Ammore”, brano che canto in duetto con Fausta Vetere.

Il disco affronta tematiche diverse dalla denuncia sociale alla critica verso il sud rassegnato ma anche fesso. C'è una urgenza espressiva in questo senso?
L’urgenza del nostro Sud è endemica e poi le tematiche sociali hanno fatto sempre parte del mio vedere la musica in una certa maniera. Recitare lettere di ragazzi che vanno a morire nell’orrore della fine della Seconda Guerra Mondiale, con Sandro Ruotolo, è purtroppo un’urgenza da sottolineare sempre, oppure se il nostro sud “è fesso” è perché ce lo creiamo noi così, senza troppi alibi assolutori.

Il disco si apre con "Villaggio Vomero", il recitato di Gianfelice Imparato e Angelica Ippolito, due degli attori della storica compagnia di Eduardo De Filippo. Cosa ti ha ispirato questo brano?
Il brano è una dedica al mio quartiere: il Vomero. Mi è piaciuto condividere il mio piccolo mondo dell’infanzia con quello del teatro che tanto frequento nel mio percorso artistico, con due attori amici e straordinari interpreti come Angelica Ippolito e Gianfelice Imparato.

“L’ora d’a controra” ha una struttura musicale curiosa e una trama sonora che mescola world music e rock in cui hai catturato perfettamente l'atmosfera quel momento della giornata, nel primo pomeriggio. Perché la "nennella" non si fa vedere?
Questo è un brano molto particolare dove la musica popolare, con l’organetto di Ambrogio Sparagna, si mescola a quella prog-rock e dove la “nennella”, la ragazza amata, non si fa vedere… tormenti d’amore giovanili!

"Canzone 'e niente" rimanda ai tuoi giorni negli studi "Bagaria" di Formia con Pino Daniele. Che ricordo hai di quel periodo e della tua amicizia con Pino?
Ho conosciuto Pino, negli studi di registrazione a Formia negli anni Ottanta e lì nacque questa canzone che ho un po’ attualizzato nel verso in cui cato: “Stamme sempe cchiù fore ma chiuse arinte”. Con Pino è
stata una bella conoscenza umana ed artistica e so di dire qualcosa di ovviamente scontato…

“O mare” ha preso vita dal tuo lavoro con i ragazzi ospiti della struttura di riabilitazione mentale che fa capo alla cooperativa Spartaco di Santa Maria Capua Vetere. Ci puoi raccontare questa esperienza? Quanto ti ha arricchito umanamente e musicalmente?
L’esperienza con i ragazzi è stata esaltante per me e spero anche per loro, la musica è curativa per tutti.

In "Amore" ritrovi in duetto la voce di Fausta Vetere con cui hai condiviso i giorni gloriosi della prima line-up della Nuova Compagnia di Canto Popolare. Com'è stato ritrovarsi ad incidere insieme?
Cantare con Fausta dopo tanti anni è stato semplice e naturale, come una conversazione interrotta un attimo prima e ripresa sulla stessa lunghezza d’onda tanti anni dopo.

"Chiove" vede la partecipazione di Giovanni Sorvillo al sax a tessere una sinuosa linea melodica che incornicia il tuo testo denso di poesia. Come è nato questo brano?
La riuscita di questo brano è merito dei musicisti che l’hanno interiorizzata ed espressa con grande
passione dal sax di Giovanni Sorvillo, ed è una canzone di cui io sono solo interprete, l’autore è il pianista Filippo Piccirillo.

A chiudere il disco è "Lacreme" in cui il giornalista Sandro Ruotolo recita alcune frasi estratte dal libro “Lettere di condannati a morte della Resistenza Italiana”. C'è qualcuno che resiste nel sud fesso?
La Resistenza è una parte importante del nostro vivere, dobbiamo resistere a tutto e chi se ne frega della retorica. E il Sud resisterà sempre come sempre è stato nella storia. Non mi piace la parola “resilienza”, la trovo di moda ed irritante.

Concludendo, stiamo vivendo una lenta ripresa dei concerti che speriamo si velocizzi sempre di più. Come saranno i concerti di "'O Sud è fesso"?
Spero straordinari per me e per chi mi verrà ad ascoltare, la musica d’altronde deve essere condivisione totale: per chi la fa e chi l’ascolta.



Patrizio Trampetti – ‘O Sud (è fesso) (Finisterre, 2021)
Celebrare cinquant’anni di carriera non con una raccolta di successi ma con un disco inedito è quello che ci si aspetta da un cantautore non convenzionale come Patrizio Trampetti, figura di primo piano della scena musicale napoletana, ma sempre attento a rifuggire le dinamiche dei grandi palcoscenici, ai quali ha sempre preferito quelli dei teatri. Significativo è anche che “’O Sud (è fesso)”, questo il titolo del disco, giunga a quasi dieci anni dal suo ultimo disco “Qui non si muove mai niente”, a dimostrazione che il cantautore napoletano torna a far sentire la sua voce quando ha esigenza di farlo, non seguendo alcuna logica di mercato. In questo senso, va letta anche la scelta di concedere inizialmente il disco in distribuzione nelle edicole, in allegato al Corriere del Mezzogiorno per la fortunata serie di dischi di Casa Corriere. Prodotto ed arrangiato dal leader dei Letti Sfatti, Jennà Romano (chitarra elettrica, tres alettrico, basso, sintetizzatori, percussioni, ocarina, bouzouki, diamonica e piano elettrico), il disco vede Trampetti affiancato da alcuni eccellenti strumentisti come Maurizio Lupoli (sax soprano), Cristiano Califano e Giampiero Bengivenga (chitarre), Filippo Piccirillo (tastiere) e Mirko Del Gaudio (batteria), a cui si aggiungono gli ospiti Giovanni Sorvillo (sax tenore) e Ambrogio Sparagna (organetto diatonico) e le voci di Angela Ippolito, Gianfelice Imparato, Meglio Insieme, Fausta Vetere e Sandro Ruotolo. Dal punto di vista musicale il disco ha il suono del grande classico con l’incontro tra gli strumenti acustici a corda e quelli elettrici, a cui si aggiungono echi di world music e prog-rock. Il filo rosso tematico che tiene insieme i brani è, come suggerisce il titolo, il Sud con il suo fascino e le sue contraddizioni, ma che soprattutto appare sempre di più come un fesso rassegnato con le tante occasioni perse o sprecate male. Il cantautore partenopeo canta dalla prospettiva della sua Napoli mescolando critica e denuncia sociale, ma non perdendo mai di vista quelle suggestioni che solo questa città sa regalare con il suo fascino e la sua dolente malinconia che si coglie nei suoi vicoli alla “cuntrora”. Ad aprire il disco è “Villaggio Vomero” in cui le voci recitanti di due degli attori della storica compagnia di De Filippo, Angelica Ippolito e Gianfelice Imparato, incontrano quella di Trampetti per un brano di teatro-canzone in cui viene ritratta Napoli preda della speculazione edilizia, una città amata e odiata che “..non piace ma che a volte piace così tanto per un niente”. Si prosegue con la riflessione critica sul Sud racchiusa dalla title-track “'O Sud è fesso”, un brano rock incisivo registrato live in studio. Se alla tradizione musicale campana della tammurriata, declinata in salsa prog-rock, guarda “L’ora da Cuntrora” in cui spicca l’organetto di Ambrogio Sparagna e il sax soprano di Mario Lupoli, la successiva “Canzone ‘e niente” arriva dal lontano 1983 quando prese vita negli studi Bagaria di Formia di Pino Daniele da cui Trampetti raccolse preziosi suggerimenti. Bella ed intensa è anche “’O Mare” con il gruppo Meglio Insieme, risultato di un laboratorio musicale tenuto dal cantautore napoletano con alcuni ospiti delle strutture di riabilitazione mentale che fanno capo alla Cooperativa Spartaco di Santa Maria Capua Vetere (Ce). Il vertice del disco arriva con “Ammore” cantata in duetto con Fausta Vetere e chiude un cerchio con la storia della Nuova Compagnia di Canto Popolare regalandoci un brano che unisce Napoli e il Sud America con i brillanti fiati ad evocare i dischi di Perez Prado. Il lirismo della dolce e malinconica “Chiove” e gli echi di musica brasiliana di “Senza Passione” ci conducono verso il finale con la moderna villanella “E’ tarde” e la splendida “Lacreme” incisa con alcuni componenti della Banda di Casandrino e in cui il giornalista Sandro Ruotolo recita alcune frasi estratte dal libro “Lettere di condannati a morte della Resistenza Italiana”. Insomma “’O Sud (è fesso” è un disco appassionante da ascoltare con grande partecipazione emotiva per coglierne le ricche sfumature poetiche e musicali.


Salvatore Esposito

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