La peggior giudice di sé stessa: storia di Anne Briggs

Ma sarà soprattutto Bert Jansch, che Anne aveva nuovamente incontrato a Londra nel tardo gennaio del 1963 (dopo un primo occasionale incontro a Edimburgo mentre faceva l’autostop con una amica nell’estate del 1959), ad attirarla con il suo tocco sulle corde. Giovane e talentuoso, suonava la chitarra acustica blues influenzato da Leadbelly ma lo intrigavano soprattutto le geniali accordature aperte e sperimentali del beatnik Davy Graham, che aveva del tutto riplasmato lo strumento per adattarlo alla musica tradizionale, sposando blues, jazz, folk, musica nord-africana e raga indiano. Le affinità tra Anne e Bert divennero romantiche ma condividevano anche lo stile di vita disorganizzato e selvaggio e si assomigliavano perfino fisicamente visto che sovente li scambiavano per fratelli. Vissero un po’ insieme in Earl’s Court e poi in Somali Road. Bert faticava a relazionarsi con i chitarristi coetanei e Anne prese a insegnargli le ballate della tradizione “...a quel tempo tutte le cantanti tradizionali erano anziane, tranne lei, era impossibile interromperle per farsi spiegare cosa stessero facendo, con Anne era diverso…”. Lei imparò invece da lui quel nuovo e inedito vocabolario musicale: “avevo sempre cantato senza accompagnamento, vedendolo così libero dagli accordi realizzai la loro completa inutilità”. Ma la maggior parte del tempo l’imprevedibile ragazza era ubriaca, specialmente se era programmata un’esibizione pubblica, una vera artista punk con molti decenni di anticipo sul movimento. Delle canzoni che composero assieme al tempo della loro relazione, purtroppo ne sono sopravvissute poche, Anne dichiarerà in seguito che componevano per puro piacere, quando non avevano niente da fare e di non averle pubblicamente suonate in coppia poiché si ritenevano musicalmente mal assortiti nonostante la creatività del periodo. L’unica occasione di vederli esibirsi insieme risale al 1992 all’interno del documentario “Various: Acoustic Routes” (2013) dove si ascoltano “Go Your Way My Love” e “Blackwater Side”: 


I primi a collaborare in disco diverranno, unendo antico e moderno, Shirley Collins (antica accompagnatrice dell’etnomusicologo americano Alan Lomax) e Davy Graham con la pubblicazione del seminale “Folk Roots, New Routes” (1964), che può essere considerato il punto di nascita discografica del folk elettrico (o folk-rock) a venire. Per ciò che concerneva Anne, rigorosamente non accetterà alcun accompagnamento strumentale alla sua voce prima del 1967. Tra il luglio 1963 e quello 1964 non si esibì, trascorrendo un paio di anni a vivere in Scozia, allo stato brado, secondo i ritmi stagionali e procacciandosi il cibo con arco e frecce assieme a un tizio ancor più bizzarro di lei, chiamato “Gary l’arciere”. Una delle cose più inspiegabili fu che costui assomigliava alla copia perfetta di quello che sarà Jimi Hendrix: stesso sguardo, stesso portamento, stesso abbigliamento. A riferirlo sarà proprio Bert Jansch che saltuariamente li incontrò e che quando avrà modo di conoscere personalmente Hendrix, allibito gli ricorderà in tutto e per tutto...Gary!! A invitare Anne a impegnarsi maggiormente a cantare sarà invece Hamish Henderson, cantautore, poeta e animatore del folk revival scozzese dopo il secondo conflitto mondiale, incontrato casualmente in una strada di Edimburgo. Ciò la spingerà ad abbandonare quella vita erratica e anche Gary. Quando in seguito la incroceranno i Dubliners di Ronnie Drew, in tour in Inghilterra, la introdurranno al musicista dublinese Johnny Moynihan, in virtù della fascinazione della ragazza per la cultura irlandese, anche come appartenenza sociale. Nel 1964 l’etichetta tradizionale Topic Records produce l’esordio discografico personale di Anne attraverso il singolo “The Hazards Of Love” oggi divenuto oggetto da collezione. Quelle quattro canzoni sono ascoltabili nella raccolta “A Collection” (1999), assieme a due precedenti, contenute in origine all’interno di “Various: The Iron Muse – A Panorama Of Industrial Folk Music” (1963). Nel giugno 1966 vedrà la luce un disco collettivo Topic
composto da brani tradizionali erotici (con Frankie Armstrong, Annie Briggs e Albert Lancaster Lloyd) dal titolo assai eloquente: “The Bird In The Bush”. Giusto in contemporanea con l’uscita di “Jack Orion” (Transatlantic Record) di Bert Jansch. A quell’estate risalgono anche l’incontro della Briggs con un cane femmina di lurcher, chiamata Clea, con cui condividere l’esistenza, oltre alla registrazione di tre canzoni alla Cecil Sharp House, trasmesse dalla BBC all’interno del “Folksongs Cellar” il 13 agosto seguente. Queste ultime verranno pubblicate addirittura cinquanta anni dopo, nel 2016 in un EP che incorpora pure “The Verdant Braes Of Skreen” eseguita dal vivo l’anno precedente e mai da lei, registrata commercialmente. Nel 1967 Anne, la hippie, dormiva ancora sovente nei boschi irlandesi o sulle spiagge della contea di Kerry con il proprio cane, preferendo di gran lunga i solchi di terra a quelli discografici. Si guadagnava la giornata con massacranti raccolte di frutta stagionale ed era del tutto estranea alla mondanità della vita cittadina. Una piccola eccezione può essere intesa la partecipazione nell’agosto 1969 a un paio di John Peel’s sessions con “The Snows They Melt The Soonest”, “Sullivan’s John”, la già citata “Standing On The Shore” e la precedente “Go Your Way My Love” scritta con Jansch a inizio 1963. Quest’ultimo, nel frattempo, aveva portato alcune delle canzoni di Anne al grande pubblico, incidendo “The Time Has Come” in “Bert And John” (1966) con Renbourn e poi in “Sweet Child” (1968) con i Pentangle, “Go Your Way” in “Nicola” (1967) e “Wishing Well” in “Birthday Blues” (1969). La prima era stata anche addirittura proposta in un 45 giri spagnolo (e l’anno seguente nel resto del mondo) nell’interpretazione dell’Alan Price Set (1967), fondatore dei celebri Animals. In quel momento Anne Briggs non aveva ancora inciso nessuna di queste sue canzoni ed era totalmente inconsapevole del motivo per il quale “The Time Has Come” piacesse tanto “Avevo diciannove anni quando la scrissi, era la mia prima canzone ed era talmente semplice”. Un altro suo brano composto in collaborazione con Dorris Henderson “Mosaic Patterns” comparirà in “Watch The Stars” (1967) della cantante afroamericana (con John Renbourn). Jansch le aveva mostrato le pionieristiche tecniche di Davy Graham e Moynihan l’aveva introdotta al suono del bouzouki, strumento oggi presente quasi ovunque nei gruppi di musica tradizionale irlandese ma che all’epoca risultava eccentrico e poco noto. La ragazza possedeva abilità tecniche piuttosto limitate e un senso del tempo tutto personale ma ciò la rendeva assai libera nella composizione.
“Living By The Water” nacque al bouzouki nella solitudine di Bull Island e fu la prima composizione originale che scelse di registrare per il proprio omonimo LP di debutto dell’aprile 1971 assieme a “Go Your Way”. Per il resto si tratta di tutto materiale tradizionale. Il testo recita: “Dato che non ho bisogno di compagnia, non avrò neanche nemici”. In quell’occasione canterà con il raffreddore le canzoni che aveva scelto, tra cui “Reynardine” insegnata a Bert Jansch (che comparirà anche sul suo contemporaneo “Rosemary Lane”), “Young Tambling”, versione variata della celebre ballata Child “Tam Lin” e “Blackwater Side” conosciuta anche come “The False Young Man”. Le prime due finiranno presto nel repertorio dei Fairport Convention per la voce di Sandy Denny, che nello stesso anno registrava invece la terza come unico tradizionale nel proprio esordio discografico “The North Star Grassman and The Ravens”. La linea melodica della versione di Anne relativa a “Willie O’Winsbury” sarà inoltre utilizzata sempre dai Fairport Convention come base per “Farewell, Farewell” (Liege & Lief, 1969). L’interpretazione estatica della Briggs trasmette tutta l’evidente ammirazione verso un periodo storico antecedente al proprio e nel quale la sessualità appariva più liberata (non dimentichiamo che nel testo in questione, il sovrano condanna all’impiccagione Willie per aver reso gravida la figlia Janet salvo poi fare marcia indietro al cospetto della bellezza del ragazzo: “se fossi io donna invece di uomo, tu saresti stato il mio amante”). Dal canto suo Bert Jansch, dopo averla appresa da Anne, aveva già inserito “Blackwater Side” cinque anni prima nel già citato “Jack Orion”. La melodia irlandese di base e il testo di quest’ultima, che molti interpreti di musica folk utilizzano oggi come tradizionale, derivano direttamente da Anne, esistono versioni in Inghilterra probabilmente più antiche ma si presentano differenti. Non va dimenticato che pure i Led Zeppelin nell’esordio del 1969, presentavano come propria composizione “Black Mountain Side” che indubbiamente da quel riff derivava. Anche se l’acqua era diventata montagna, Jimmy Page dichiarò di aver ascoltato la Briggs eseguire la canzone in un club e di essere rimasto folgorato dal modo in cui Jansch ricamava la melodia. All’epoca la Transatlantic Records (etichetta di Bert Jansch) valutò l’ipotesi di una causa ma il costo dell’operazione legale contro un colosso della musica rock superava le proprie limitate possibilità finanziarie. Le abilità di Anne Briggs erano evidentemente messe in luce più da altri artisti che da lei stessa, portarla in uno studio
per registrare le sue nude interpretazioni sfiorava l’impresa impossibile. Durante la realizzazione del suo lirico e ispido debutto, in occasione di “Willie O’Winsbury”, apparirà un secondo bouzouki nelle mani di John Moynihan (unico ospite e per quest’unica canzone), salvando un’idea originata da un errore iniziale di Andy Irvine, che, durante una prova precedente, sbadatamente stava facendo riferimento a una differente melodia letta sul manoscritto di un altro testo. Anne non si sentiva adatta a far parte degli artisti dell’etichetta Topic e per il suo secondo disco (ancora 1971) voleva unicamente composizioni originali ad eccezione del tradizionale “Standing On The Shore”, brano precedentemente inserito nel secondo LP degli Sweeney’s Men (1969). Un testo che lei reputava esprimesse al meglio il candido sguardo di Moynihan: “La mia barca ha navigato attraverso la nebbia, lasciandomi indietro con tutte le cose non dette rimaste nella mia mente...colline sabbiose giacciono intorno, niente è chiaro, la luce soffice sta cadendo attraverso il tempo che non è mai stato qui...a bordo nessuno”. Decise inoltre di inserire la corta “Wishing Well” composta anni prima assieme a Bert Jansch (“Lui aveva dei nuovi accordi, io una nuova poesia, scoprimmo un po’ per caso che stavano bene insieme”) e “Step Right Up” di Henry McCulloch (che si augurava non la riguardasse) inizialmente destinata al medesimo disco degli Sweeney’s Men. Una curiosità: quest’ultimo conteneva anche “Go By Brooks” poesia tratta da “The Spice-Box Of Earth” (1961) di Leonard Cohen e musicata da Terry Woods. Le invernali e asciutte melodie dell’introversa cantante trasmettono dolcemente un folk fatato e virginale solo in apparenza, arcaiche e incantate, le composizioni sono opera di Steve Ashley, Anne Briggs, Stan Ellison, Henry McCulloch, Lal Waterson. Sulle copertine di entrambi i dischi Anne e Clea appariranno insieme, quest’ultima è immortalata anche nel pezzo “Clea Caught A Rabbit” e fu proprio la responsabilità nei confronti del proprio cane a indurla a cambiare nuovamente vita, allontanandosi pure da Moynihan. All’interno dell’ambiente commercial-musicale Anne era decisamente un pesce fuor d’acqua, avrebbe facilmente potuto avere ai suoi piedi l’intera scena folk britannica, teneva in tasca un contratto con una major (500 sterline all’anno, un disco all’anno per cinque anni) ma ben presto rinunciò a tutto: “Non volevo essere la Shirley Bassey della musica folk”. Smise anche di cantare. Non mancavano certo in Inghilterra, in quel periodo musicale, credibili spiriti liberi ma lei resta comunque una conturbante anomalia. La sensazione di intima disonestà per avere firmato con la Columbia Records pensando anche al futuro dei figli e la collisione con l’ingannevole manager newyorkese Jo Lusting (Pentangle - Steeleye
Span) furono per l’ipersensibile e intransigente Anne, il colpo di grazia alla propria “carriera”. Gli amici erano andati: Bert Jansch si era sposato, viveva nel Sussex e suonava, acclamato, in concerti internazionali, viaggiando e guadagnando con la propria arte, Sandy Denny seguiva la propria carriera, sperimentando il prezzo del successo. Lei semplicemente si sentiva felice di vivere in maniera più che spartana all’interno di una roulotte parcheggiata a Little Bealings, nel Suffolk, dove molte casette apparivano, ieri come oggi, dipinte nel classico rosa tipico della zona. Sentiva di non avere proprio niente a che fare con il rock’n’roll, i suoi eroi erano gli sconosciuti che cantavano nei campi senza pubblico o applausi, uniche protagoniste risultavano le canzoni, non i nomi degli interpreti, non sapeva neppure che quella venisse chiamata “folk music”. Il folk-rock era agli albori in quegli anni ma in una intervista al Melody Maker del dicembre 1971 si intuiva chiaramente che Anne non era per niente interessata a farsi coinvolgere nei progetti di Martin Carthy, Ashley Hutchings o Dave Swarbrick, neppure sotto la direzione di Bert Lloyd. Il critico Jerry Gilbert su “Sounds” arrivò a descriverla “una Kerouac al femminile”. Anche Richard Thompson ricorderà molti anni dopo che le uniche due volte in cui ebbe a incontrarla “lei era in stato di incoscienza, ubriaca o svenuta o addormentata”. Fu proprio pensando ad Anne Briggs (attraverso i racconti della comune amica Sandy Denny), Vashti Bunyan e in omaggio all’atmosfera di quel periodo che comporrà la sua toccante Beeswing (Mirror Blue, 1994): “Avevo diciannove anni quando arrivai in città, la chiamavano l’Estate dell’Amore, bambini in fiamme, bandiere in fiamme, Falchi contro Colombe...lei era una cosa rara, bella come l’ala di un’ape, così bella che un soffio di vento poteva portarla via, una bambina perduta, correva selvaggiamente...i capelli castani le zigzagavano sul viso, c’erano animali nei suoi occhi…bevevamo di più in quei tempi e i temperamenti raggiungevano il
massimo...dicono che il suo fiore è appassito adesso, tempi duri e bevute dure ma forse questo è il prezzo che paghi per le catene che rifiuti...”. Il titolo di questa canzone, che riassume un’intera generazione di auto-emarginati, venne scelto da Thompson per l’autobiografia pubblicata nel 2021. La fortuna nel 1996 di poter ascoltare per la prima volta i brani contenuti in “Sing A Song For You” di Anne è stata impagabile. Nel marzo 1973, epoca di registrazione di questo, a lungo abortito suo terzo disco, assieme al violino di Barry Dransfield c’era il gruppo spalla di Steve Ashley, “Ragged Robin” (Richard Byers, Brian Diprose, John Thompson). Lei aveva ventiré anni, anacronistica rispetto al montante clima musicale, il suo palcoscenico preferito continuava a essere l'aria aperta e rarefatta. La voce delle antiche ballate preferiva consegnarla a un pubblico di vento, licheni e arbusti cresciuti a fianco delle “acque nere” (blackwater side). Avrebbe dovuto essere questo il secondo disco previsto dal contratto con la Columbia Records e mancavano poche settimane alla nascita del secondogenito. In studio, nel suonare le sue posizioni fisiche risultavano condizionate e talvolta le mancava il respiro, sarà anche l’unica occasione in cui canterà con un gruppo musicale (che risulterà peraltro avere breve durata). Ebbero a disposizione un unico giorno per provare con Dransfield in un luogo pieno di ragnatele e solamente un paio in sala di registrazione ma davanti al risultato finale risulta davvero difficile credere che Anne non sia stata l’unica a rimanere delusa. Le canzoni erano equamente divise in tradizionali e originali, tra le prime la nord-irlandese “Hills Of Greenmor” che narra in realtà di Green Hills of Keady e non di Kielder come recita il testo (la madre di Anne proveniva dal Derry). Oppure “The Bonambuie”, parola gaelica che significa “Tarabuso Giallo” (in inglese: Bittern), un uccello un tempo comune nei canneti e nelle aree paludose irlandesi in genere. Nell’immagine interna al disco se ne intravede un esemplare in mezzo all’erba di fronte a Anne, anche Bert Jansch dedicherà a questo pennuto una composizione strumentale, con Martin
Jenkins e Danny Thompson, in “Avocet” nel febbraio 1978. La canzone narra del poeta-attivista irlandese Thomas Stanislaus MacDonagh (1878-1916) che dopo una sera al pub udì il gemito di questo uccello che il giorno dopo troverà morto nel gelo, decidendo di scrivere per lui un lamento funebre nel quale però la morte verrà attribuita metaforicamente alla sete. Tra i brani originali: “Sing A Song For You” scritta da Anne per tranquillizzare la figlia, anche se nel testo le preoccupazioni sia politiche che ecologiste non mancano, “Summer Is In” che celebra la vita di Anne a metà anni Sessanta nell’Irlanda dell’ovest con gli Sweeney’s Men e “I Thought I Saw You Again” che racconta di quella nella roulotte nel Suffolk con l’indimenticata levriera Clea, che ogni tanto tornava in sogno. Il brano di chiusura “Sullivan’s John”, seppur accreditato come tradizionale, è una composizione che la cantante reputa appartenere piuttosto alla penna di Peeker Dunne, musicista irlandese itinerante che aveva conosciuto tempo prima. Impossibile resistere all’avvincente immagine di Anne Briggs, sirena bruna errante negli abissi spirituali, alla sua voce umbratile e vellutata che conduce l’ascoltatore tra purezza di vecchie ballate anglosassoni e contemporaneità della “swinging era”. Quella sua scomparsa volontaria e improvvisa nel nulla avvenne giusto un attimo prima di diventare una fra le straordinarie cantanti folk dell’epoca. Ha dichiarato di essersi sempre sentita come Mowgli, il bambino selvaggio de “Il Libro della Giungla” (dello scrittore inglese Rudyard Kipling). Cantava unicamente per sé stessa, a occhi chiusi e distaccata da chi aveva di fronte, non sopportando di essere osservata o fotografata. D’altronde aveva le sue ragioni a sentirsi priva di identità precisa, risentita, spaventata o confusa dal mondo, lei che era stata cresciuta dagli zii paterni, figlia unica e orfana precoce di genitori deceduti entrambi per tubercolosi. Il padre per cause di guerra e la madre alla quale venne diagnosticata la malattia proprio al momento della nascita di Anne. La sfortunata donna rimase cinque anni in sanatorio e spirò senza che la bambina sapesse mai di esserne figlia. Anne vivrà in perenne sfida con ruoli prestabiliti e aspettative, rispecchiandosi unicamente nella natura selvaggia ben prima della scoperta di antiche ballate
che narravano di incantamenti, sortilegi e amori tragici. Per nessuno è semplice leggere il libretto di istruzioni del proprio inconscio. Quando la famiglia la incoraggerà negli studi superiori, facendosi carico di tutte le gravose spese, Anne preferirà scappare con un circo di passaggio in città. Diventerà comunque ben presto un’immagine sfuocata anche nell’album di famiglia del movimento folk britannico dove “a fuoco” non aveva mai intimamente desiderato essere. Questo contribuirà ad accrescere la sua statura mitica ma ciò nulla deve togliere al suo innato, prodigioso e apodittico talento da primogenitrice di uno stile e di una forma musicale. Una volta Norma Waterson dichiarò “Tutto quello che noi definiamo folk music altro non è che una serie di racconti sulle condizioni umane”. Con quella vocalità malinconica dalle evocative sospensioni armoniche, Anne Briggs ha incarnato tutti i misteri femminili tra terra e leggenda, in “Standing On The Shore” canta: “...coste nebbiose e mari silenziosi, nulla sento, aria e acqua, erba e sabbia si fondono in un tutt'uno nel silenzio della nebbia, sono ancora sola…”. In “Wishing Well” offre immagini di petali lungo la superficie che giace sopra le profondità, la sua voce terrigna e contemporaneamente alata, allunga le vocali del canto fino a trasformarle nei dolci ululati del vento che entra nelle onde. Improbo è trovare un enigma femminile pari nel mondo della canzone folk d’oltremanica, la quasi totalità della gente che ne scrive (sottoscritto compreso) non l’ha mai vista esibirsi dal vivo e dalle poche testimonianze si possono intuire solo frammenti di verità. Il resto giace tutto nel candore bucolico delle melodie, nel canto rurale della voce, nel carattere onirico delle liriche e nella sua presunta affinità con l'acqua. La storia di Anne così ricca di paradossi e mestizia è del tutto priva di inutili abbellimenti, la sua mitologia minimalista contempla appena trentacinque canzoni, per lo più eseguite a cappella, nel corso di undici anni o, come precisa lei, di...“4000.000.000 di battiti del cuore”. Il resto rimane tutta una intricata foresta di assenze e silenzi.
“All'inizio degli anni '90 tornò in tournée con me e Dave Swarbrick ma dopo due o tre concerti rinunciò, era molto, molto nervosa, la gente si aspettava un coro di angeli quando lei era solo una persona molto ordinaria con questo talento favoloso, dava tutto ma non aveva alcuna fiducia in sé stessa” (Martin Carthy, 2024). Anne Briggs compirà ottanta anni nel novembre prossimo, dopo aver vissuto a lungo in un’isola scozzese assieme al marito ex-guardaboschi Pat Delap (autore della fotografia di copertina del suo primo disco) da tempo risiede in una sperduta località dell’Argyll, la vita cittadina ha continuato a risultarle decisamente “devastante”. Malgrado l’ammirazione e qualche ripresa di interpreti anglosassoni, di vecchia e nuova generazione, non le sono stati tributati dischi. Curiosamente invece, dall’altra parte dell’oceano è giunto nel novembre 2021, il pregevole e appassionato omaggio “Voices From The Empty Moor” a cura dell’etichetta discografica indipendente di Portland, Kill Rock Stars. L’ha realizzato il creativo compositore statunitense Devin Hoff che accompagna col proprio contrabbasso solo (talvolta multitraccia), Sharon Van Etten, Julia Holter, Shannon Lay e Emmett Kelly, al canto dei quali viene assegnato un pezzo ciascuno. Hoff ha con passione, durante una decina d’anni, studiato, trascritto e suonato le canzoni di Anne che definisce “d’amore, di morte e di solitudine”, affascinato dal loro mistero e brillantezza, ne ha realizzato nuovi arrangiamenti, integrandone anche alcune nel proprio repertorio. L’altra metà dei brani scelti viene interpretata in forma esclusivamente musicale: basso solo, basso e sassofono (Howard Wiley), basso e oud (Alejandro Farha), basso e batteria (Jim White), in quest’ultimo duetto Devin Hoff suona anche la chitarra acustica. Chissà se Anne lo avrà mai ascoltato!

Flavio Poltronieri

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