Vasco Brondi – Illumina tutto (Carosello Records, 2024)

Dopo l’ottimo esordio con “Paesaggio dopo la battaglia" (2021), Vasco Brondi torna con il suo secondo disco solista intitolato “Illumina tutto”. Dieci tracce inedite per un lavoro di squadra con produttori e musicisti del calibro di Federico Nardelli, Matteo Cantaluppi e Federico Dragogna, vere eccellenze nel panorama musicale contemporaneo. La titletrack (“Crede negli scontri degli astri, nei cattivi maestri, nelle vite, nelle morti dei santi, negli occhi dei cervi fermi davanti agli abbaglianti, crede nell'abbaiare dei cani e che non decidi tu i tuoi desideri, crede nel risveglio improvviso dei giardini e dei vulcani”) apre il disco con pianoforte, archi e il trascinante ritornello. “Un segno di vita” (“Bombardano, bombardano e tutti guardano, non arrivano le provviste, non arrivano le voci e le promesse, solo luci di stelle fisse che parlano di pace e di apocalisse e dammi un segno di vita, un altro segno di vita, i germogli di Hiroshima e una pioggia infinita,le schegge di una cometa”) è sostenuta dalle chitarre elettriche e dalle tastiere. La chitarra acustica accarezza “Meccanismi” (“Mi hanno detto che cercavi tesori in zone popolari, non sembra neanche più mortale, chi vive tra beni immortali, mi hanno detto che aspettavi apocalissi e prove generali, il sole tra i rami degli alberi monumentali”), invece l'inconfondibile voce di Nada scandisce ulteriore potenza a “Fuoco dentro” (“Scrivi ancora poesie in cui dici che niente ti manca, scrivi ancora poesie, con tuo figlio sulle ginocchia e dormi ancora nuda con la finestra aperta e sogni ancora tua madre con te in macchina, lì che canta e sei sopravvissuta perché, il fuoco dentro te bruciava di più, del fuoco attorno a te”). Un intreccio tra chitarra acustica e archi colora “Incendio” (“Se davvero siamo al mondo solo per osservare il cielo, cercare la pace dentro a un uragano, vedrai, ci rivedremo nei giorni del disgelo, il tuo cuore sarà un pianeta lontano, portami con te, tu prendimi, sarò un incendio nelle tue abitudini, portami con te, accendimi, sarà un incendio senza limiti, portami con te, sorprendimi, come al ritorno delle rondini, portami con te, proteggimi, come un incendio che ci illumini”). In “Fuori città” (“Cosa ti tormenta? Sei diventata adulta, quii nell'epoca della grande svendita, Cosa ti fa contenta? Una casa ad Amsterdam, che dentro nevica, che lì sei libera, è una grande perdita, splendida, nessuna bandiera che sventola, sono i figli dei fiori di plastica, è un’apocalisse domestica, che nessuno dimentica”) dialogano pianoforte, elettronica e percussioni. Delicata e sognante la successiva “Vista mare” (“Chissà cosa volevi, per cosa lottavi, non te lo ricordi, ieri ballavi a piedi nudi sui vetri dei bicchieri, vorrei morire qui, tranquillo come un animale, qui sprecare la mia vita con poco da fare, in questo posto che mi somiglia, di pirati disadattati, all’alba camminano sull'acqua surfisti o santi trasandati, torno sul porto ad ascoltare il vento, non ha niente da dirmi, l’autobus per l’aeroporto parte, non lo prendo”), Batteria secca e synth macchiano “Notti luminose” (“Ti avvicini al sole con i tuoi voli, eviti gli scontri sui tornanti, dei capelli cambiavi i colori, io cambiavo mille appartamenti, tu che riaccendi gli occhi spenti e rincuori i corridori stanchi, mi vedi costruire labirinti, da lì ogni tanto sento che canti”). Virate elettriche accompagnano il pianoforte e la chitarra acustica in “Va’ dove ti esplode il cuore” (“Ci siamo incontrati dove la strada ricomincia, ci siamo capiti, sarà che siamo cresciuti, nella stessa provincia meccanica, sporca, santa e sonica, degli anni novanta quando anche l'aria era distorta e c'era sempre da qualche parte una chitarra elettrica che ci benediceva, diceva non importa, non importa, tifiamo rivolta”). “La stagione buona” (“E ti svegli e tutti gli uomini di prima, sono andati, e forse muoiono e che c'è un tempo buono anche per ambire ad un tempo migliore, è quando la stagione buona ti accarezza e si lascia intuire, ma tu non farmi accontentare mai, ma fammi desiderare, dammi il coraggio di sorridere di un sogno, se non si può esaudire”) chiude il disco in maniera magica e avvolgente. Un lavoro che rappresenta perfettamente il mondo di Vasco Brondi, fatto di una scrittura alta, personale e sempre intrigante, di arrangiamenti essenziali che sottolineano un cantato che declama, sussurra messaggi quanto mai significativi. Brondi illumina tutto perché oramai è un faro per questo tipo di musica d’autore, è una ventata di freschezza, è la voce di una generazione. 


Marco Sonaglia

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