Enrique Roizner, “el baterista que tocó con todos”

Enrique Roizner era nato a Buenos Aires il 14 dicembre del 1939 e nella capitale argentina è morto il 14 gennaio 2024 a causa di un ictus cerebrale. A otto anni d’età già suonava il violino e veniva coinvolto a suonare polche e valzer nei momenti di danza e di festa. Poi, nel 1954, il film “The Glenn Miller Story”, soprattutto la scena che vede Gene Krupa protagonista di una jam session, gli cambiò la vita. Di sé stesso, in un’intervista del 2000, aveva detto: "Sono sempre stato interessato a integrare nella batteria i ritmi di qualsiasi regione del mondo. In molti generi popolari la batteria non c’è, mentre sono presenti altri strumenti a percussione. Questo mi ha portato a conoscere e a integrare vari stili e generi, un’attività che si è dimostrata utile". “El Zurdo” (il mancino), com’era soprannominato, è stato fra i batteristi argentini più versatili e più richiesti per le registrazioni in studio e i tour, da quello negli anni Cinquanta con Chico Novarro a Bogotá alle sedici stagioni con la banda del Circo di Mosca. 


Era conosciuto come “el baterista que tocó con todos”: le sue frequentazioni comprendono il jazz, il rock, la bossa nova, le musiche di matrice tradizionale. Dal 2002 era il batterista de The Nada, il gruppo di Kevin Johansen dopo aver suonato nei decenni precedenti con artisti come Vinícius de Moraes, Toquinho, Gato Barbieri, Astor Piazzolla. Quando venne a cantare in Argentina, Frank Sinatra lo volle nel suo ensemble. Di sua iniziativa, aveva fondato la Banda Elástica. I primi ingaggi a Buenos Aires e nella capitale colombiana crearono ulteriori opportunità di concerti in Europa: cominciò dalla Svezia per poi passare all’Inghilterra, nell'orchestra di Edmundo Ros: il direttore venezuelano ai cui ritmi caraibici aveva aperto le porte il Regno Unito durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale. Fu testimone in prima persona della beatlemania prima di far rientro a casa. "En La Fusa", l’album di Vinicius de Moraes registrato dal vivo in due serate a luglio 1970 (pubblicato anche come "Vinicius de Moraes en Buenos Aires") lo vede protagonista e segna probabilmente il punto di svolta della sua carriera professionale, insieme a El Chango Farías Gómez alle percussioni e a Toquinho alla chitarra ad accompagnare Vinicius, Maria Creuza.  


Fecero seguito le collaborazioni con i migliori musicisti sia del folk, sia del jazz, fra gli altri: Dino Saluzzi y su septimino (“Soy Buenos Aires/Pedro Orillas”, 1970), Mercedes Sosa (“Cantata Sudamericana, 1972), Daniel Viglietti ("Canciones Chuecas", 1972), Nana Caymmi (“Atras da porta”, 1973), Gato Barbieri (“Chapter One: Latin America”, 1973), il contrabbassista Jorge López Ruiz con cui da vita a una straordinaria sezione ritmica ("Bronca Buenos Aires", 1971).


Il 1983 lo vede sul palco del prestigioso Teatro Colón con il Conjunto 9 che accompagna Astor Piazzolla: “L’unica cosa che non perdonava era la distrazione. Astor è stata la persona che mi ha cambiato la testa, punto. La forza della sua musica era tale da trasformarmi, tutte le volte che ho suonato con lui. Da allora ho iniziato a suonare in modo diverso il mio strumento”


In oltre sei decenni di carriera professionale non si contano i palchi e le collaborazioni che l’hanno visto esprimere il suo personale e caleidoscopico approccio alla batteria e alle percussioni, da Amelita Baltar a Raúl Lavié, da Claudia Puyó a Sergio Denis y Pimpinela, da pastoral a Cuarteto Zupay. Gli anni recenti l’hanno visto a suo agio anche in contesti chiaramente transgenerazionali. Anche il caso ha avuto la sua parte: la sorella di Kevin Johansen e una delle figlie di Roizner frequentavano la Escuela del Sol e questo ha fatto sì che le strade del Zurdo e dell’Alaskano si incrociassero negli anni 2000 a cominciare dall'album di Johansen “Sur o no sur” del 2002: un legame divenuto imprescindibile per i successivi vent’anni. E che ha incoronato Enrique Roizner "Mis Américas", almeno stando alla copertina dell'album omonimo nel 2016, su suggerimento della fotografa Nora Lezano: il batterista è fotografato con i capelli sciolti, con le sue rughe, senza occhiali, senza l’inseparabile pipa. È dura ammettere che non sarà più sul palco, che non lo ascolteremo più cantare "Fin de fiesta". La festa l’ha chiusa un ictus.


Alessio Surian

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