AVA Trio – The Great Green (Tora Records, 2024)

#ANTEPRIMA

“The Great Green” è il quarto lavoro dell’AVA Trio, formato da Giuseppe Doronzo al sassofono baritono e altri fiati, Esat Ekoncioglu al contrabbasso e Pino Basile alle percussioni e al cupa-cupa. Quando due musicisti pugliesi incontrano un musicista turco il risultato non può essere che uno: un’ambientazione mediterranea. Se poi gli strumenti sono il contrabbasso, il sax e le percussioni, è facile intuire che il linguaggio sarà quello del jazz, non più quello esclusivamente di marca statunitense, ma quello dell'Europa centro-settentrionale, luogo che privilegia da sempre la sperimentazione e che ha portato a nuove forme di free-jazz. Questi, in sintesi, gli elementi fondanti del linguaggio musicale del trio: la melodia (il sax), l'armonia (il contrabbasso), il ritmo (le percussioni), una sorta di "small-band" potremmo dire con un altro eufemismo. “A qualcuno piace mediterraneo" si potrebbe aggiungere, parafrasando un famoso film, ed ecco arrivare questo disco con sole quattro lunghe tracce, un concept album mediterraneo, dove ogni traccia è la tappa di un viaggio eroico, corporeo e di concetto allo stesso tempo, nelle acque del Mare Verde, come gli egiziani chiamavano il Mediterraneo. Un viaggio in antiche civiltà ormai scomparse in cui i cinque sensi partono da un livello zero e vengono progressivamente svegliati fino a far cogliere le più sottili sfumature. Il viaggio di un semplice pescatore senza nome che per Baudrel oggi potrebbe essere anche Ulisse alla ricerca di Itaca. Un viaggio che parte piangendo “Didima” (prima traccia), la città distrutta da Dario e ricostruita da Alessandro che oggi si trova in Turchia. Inizia con una lunga improvvisazione del contrabbasso e nello stile improvvisativo del saz, il cordofono nazionale turco; entrano poi le percussioni membranofone e il caldo timbro del sax baritono con un’avvolgente melodia nel modo ionico di La. In seguito si libra una improvvisazione del sax e, pian piano, ci si sposta su un secondo tema, questa volta frigio, in cui basso e sax suonano all’unisono su un maqām decisamente di sapore orientale, rafforzato dai fiati etnici e dal finale in cui compare un’evocazione dei cori femminili tipici del Magreb. Unico bene è la “Maza”, (seconda traccia) il cibo di farina di mais condito con olio o vino: i tre alimenti basilari del Mediterraneo che metaforicamente sono rappresentati dai tre strumenti di questo trio: il suono oleoso del basso, essenziale delle percussioni e dionisiaco del sax baritono. I tre strumenti innestano un’estemporaneizzazione con effetti sonori e, pian piano, si trovano sulla pulsazione delle percussioni. Per tutto il brano si respira un sapore free jazz e solo alla fine si riprende il tema iniziale. L'anonimo pescatore approda nell'isola di “Timanfaya” (terza traccia), al largo del Senegal, luogo topico dove i suoni dell'Europa si incontrano con quelli dell'Africa. Ancora un’omoritmia e l’unisono fra i tre strumenti, nello stile arabo-turco con frequenti cambiamenti di ciclo ritmico, caratterizzano questo brano. Infine, il ritorno alla terra ferma a “Tsamikos” (quarta traccia) dove comincia la festa dei cinque sensi ritrovati e il Mare Verde si trasforma in un mare dai mille colori. Su un bel riff del sax si inserisce la cassa, una melodia dal sapore popolare greco a cui segue sul maqām l’improvvisazione del sax baritono che esplora tutti i registri. Finita l’improvvisazione si torna ad un’essenzialità percussiva che apre un nuovo clima fatto di fasce sonore, glissati e a cui si aggiunge il suono della zampogna che evoca il timbro dell’antico aulos, praticamente il ritorno a casa. Qui ci accoglie di nuovo il sax con una suadente e calda melodia orientale sul bordone del contrabbasso. Il cambio di ciclo ritmico, adesso più veloce, apre le danze per la festa del ritorno. Certo questo lavoro conserva del jazz lo spirito originario, ovvero quello di essere il più grande e longevo esempio di meticciato musicale ma allo stesso tempo rappresenta un raffinato esempio di archeologia musica che ti fa respirare l’aria di un passato sepolto e che si fonda con una ricercatissima e moderna sperimentazione jazzistica che sicuramente lascerà il segno nell'evoluzione della world music di stampo mediterraneo. torarecords.bandcamp.com/album/the-great-green  


Francesco Stumpo

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