Tiziano Tononi & Pahà Sàpa Ensemble – Winter Counts (We ‘ll Still Be Here!)(Felmay, 2023)

Abbiamo seguito con grande attenzione il percorso artistico compiuto negli ultimi anni dal batterista e compositore Tiziano Tononi, apprezzandolo in “Forms and Sounds. Air Sculptures” del 2018 con The Ornettians che completava la trilogia dedicata a Ornette Coleman e al free jazz e “The Call: For A New Life” del 2021 con il progetto NEXUS accanto al sassofonista Daniele Cavallanti, per giungere a “The Many Moods of Interaction” del 2023 con il violinista Emanuele Parrini, album diversi musicalmente e concettualmente, ma vibranti di quella tensione costante verso la ricerca che lo ha caratterizzato sin dai primi passi nella scena jazz italiana e internazionale. A distanza di meno di un anno da quest’ultimo, lo ritroviamo con il doppio “Winter Counts (We’ll Still Be Here!), un superbo concept album incentrato sulle vicende dei Nativi Americani, condannati all’oblio e all’emarginazione per tutto il secolo scorso, ma battendosi con coraggio sono riusciti a riaffermare la propria identità preservandola e valorizzandola. Un tema questo che spesso ritorna nei suoi lavori e che in queste nuove composizioni trova la sua più compiuta realizzazione, affidando alla musica l’attualità del messaggio degli Indiani Americani, qualcosa di ben diverso dall’immaginario a cui li hanno relegati i film western degli anni Sessanta e Settanta, ma piuttosto portatore di valori ancora attualissimi come il vivere in armonia con la natura, la difesa della vita e del popolo e l’essere i custodi di Madre Terra, Unci Maka per i Lakota, a rimarcare l’abisso che li separava dai colonizzatori bianchi. Un “disco antifascista”, insomma, come scrive Tononi in apertura delle note di copertina, a cui ci introducono i contributi di James Grady (“I sei giorni del Condor”), William Ferris (“Blues from the Delta”) e David Fulmer, autore di un grande documentario su Blind Willie McTell, e l’interessante saggio del musicista, giornalista e traduttore Seba Pezzani. Complice di questa nuova avventura musicale è il Pahà Sàpa Ensemble, formazione a geometrie variabili composta da Gabriele Cancelli (tromba), Piero Bittolo Bon (sax alto e clarinetto basso), Domenico Caliri (chitarra elettrica), Luca Gusella (vibrafono, marimba e percussioni), Emanuele Parrini (violino), Marta Ravaglia (voce e recitazione) e Giulio Visibelli (sax tenore, sax soprano e flauto), strumentisti di grande talento che hanno contributo in modo determinate alla definizione dell’originale sound del disco. Ad orchestrare il tutto è Tononi che, dopo un lavoro di gestazione quasi decennale e una profonda riflessione anche in relazione ai precedenti dischi, ha dato vita ad una narrazione in musica dalla grande potenza evocativa ed espressiva. Si attraversano, così, atmosfere e ambientazioni sonore differenti, spaziando dal blues all’improvvisazione libera, dall’avanguardia jazz a spaccati melodici ed emozionali in cui la scrittura assume tratti quasi cinematografici, il tutto è impreziosito da sorprendenti architetture ritmiche dense di groove. Laddove rispetto ai precedenti si colgono diversi punti di continuità, andando più a fondo si coglie una scrittura ancor più originale, dal tratto quasi epico, dalla quale traspare la sua identità e con essa gli addentellati ispirativi che da sempre caratterizzano il suo approccio al jazz da Jimi Hendrix a Frank Zappa, dall’Art Ensemble of Chicago a Sun Ra, passando per Ornette Coleman e Don Cherry. Ad aprire il primo disco è l’articolato climax della suite “We'll Still Be Here!” con i fiati e la batteria a dominare la scena, a cui seguono la magistrale resa di “Spread Hollivered/Deliverance” dal songbook di Alan Stivel, già ascoltata in una versione diversa in “The Many Moods of Interaction” e lo spooken word di “The Talkin' Leaves” giocata su una trama sonora frastagliata che sfocia nelle dissonanza del segmento finale. Si entra, poi, nel vivo con “The Vanishing Race”, una sinuosa ballad che si evolve in una progressione free-jazz con il violino di Parrini in grande evidenza. Perfetto è l’interplay tra i vari strumentisti, ma anche la capacità di ognuno di essi di mettersi in luce, così come spicca la peculiare cura delle timbriche e delle sequenze melodiche come nel caso della sequenza conclusiva in cui ascoltiamo la visionaria “The Water Protectors”, la sperimentale “Russell Means” e la drammatica “The Trail of Tears”. Il secondo disco è aperto da “A Holy Blues for John Trudell” un tributo all’indimenticato attivista e cantautore statunitense di Omaha che si snoda per quasi venti minuti di puro e assoluto godimento. Se gli echi della tradizione musicale dei nativi americani spiccano in “As A Kid, I Grew Up With The Wolves…” nella successiva “No Peace in South-West Mississippi” si coglie il rimando a Jimi Hendrix di “Star Spangled Banner” evocando la strenua resistenza opposta dagli indiani contro gli invasori bianchi. A seguire arriva il poetico affresco degli inverni in South Dakota di “Woman Had Snow in Her Hair” dedicata a Annie Mae Aquash, attivista del Movimento degli Indiani Americani del Canada, mentre “Tashunka Witko’s Last Stand” è un disco nel disco, una suite di oltre venticinque minuti incisa con Bobby Lee Rodgers (chitarra elettrica), Emanuele Parrini (violino), Beppe Scardino (sax baritono e clarinetto basso), Paolo “PeeWee” Durante (tastiere), Joe Fonda (basso) e Piero Bittolo Bon (sax alto e clarinetto basso). Chiude questo lungo viaggio denso di musica “Peace Warriors” un inno alla pace, vibrante di lirismo e poesia in cui brilla l’elegante solo di violino di Parrini. Insomma, “Winter Counts (We ‘ll Still Be Here!) è un album di assoluto spessore artistico che coniuga l’ambizione e la ricercar musicale con l’urgenza creativa di chi vuole raccontare una storia ancora attuale, fatta di materia viva e passione e da cui abbiamo tanto da imparare.  


Salvatore Esposito

Posta un commento

Nuova Vecchia