Terzo lavoro per il cantautore sarzanese Gianmaria Simon, a quattro anni dal precedente “Low fuel”. Disco autoprodotto, “Bagatelle” contiene undici brani.
I fraseggi della fisarmonica e delle chitarre acustiche sostengono la trascinante “Marie” (“Ho barattato un sorso di mimosa con chimere dalla chiglia rugginosa e baratri di occhi ammutinati fra diavoli barocchi appesi ai colonnati”) che apre il disco, seguita dal gipsy balcanico di “La luna quando sale” (“Abitiamo le tele dei palafrenieri e l’incanto dei muti pensieri, abitiamo le ortiche dei fossi fra le bave dei cane molossi, nella coltre della guarnigione pattugliamo il confine d’Orione”). L’atmosfera acustica e delicata di “Gardel” (“E non mi basterà tutta la cartografia per tracciare una rotta dentro la malinconia”) con la slide guitar, lascia spazio a “Luisa” (“Si scansino gli alacri, arretrino i poeti, qui è roba per scacchisti e biscazzieri che inseguono notturni fra il fumo e gli amuleti, le traiettorie sghembe degli alfieri”) e al suo swing. “Barney” è una ballad cantata in inglese e macchiata di irish, mentre il violino e la fisarmonica donano un sapore klezmer a “Mi capiti in bocca” (“Vieni adesso che è tempo di vivere questo momento con le anime arrese all'appetito del vento, vieni adesso che è ora la vita si basta da sola, noi passiamo ridendo mentre tutto scolora”). Chitarra semiacustica, contrabbasso e sax scandiscono il jazz di “Non sarà niente” (“Lei scelse di venire in mezzo al temporale frontale sulla soglia, il suo corpo era pioggia sulla nuda maceria, l'alba ci sopraffece smarrendo i nostri volti, lasciandoci dissolti nella scriminatura che gli uni ci sperpera dagli altri”). Invece, “Stavo conversando con Verlaine” è un valzer, musicalmente francese. “El chuico y la damajuana” ha il testo del poeta cileno Nicanor Parra e i ritmi sudamericani, la successiva “Dormi negli occhi miei” (“E adesso il mio cuore riposa, laggiù fra la Marna e la Mosa, tu dormi negli occhi miei e come fa lei generale anch’io senza cuor dovrò stare”) ha un bell’incastro tra fiati e archi. Chiude il disco la pianistica “Chanson d’automne” da una poesia di Paul Verlaine.
Un lavoro ispirato dove Simon mostra una solida e interessante scrittura, sostenuta da arrangiamenti retrò che ben si adattano alle atmosfere dei brani. Piu che delle “Bagatelle” ci sembrano delle ottime canzoni, pronte a spiccare il volo.
Marco Sonaglia
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