Il terzo album di Idrissa Soumaoro è dedicato a Dirè, la città del Mali nella regione di Timbuctu dove Soumaoro è arrivato a ventidue anni per insegnare musica, ha conosciuto la donna che è diventata sua moglie ed è nata la loro prima figlia, purtroppo scomparsa. Il ricordo degli amici, dei colleghi, della vita di quegli anni suscita nell’artista emozioni profonde e una grande nostalgia. Dirè è un posto del cuore, diremmo oggi, e Soumaoro è rimasto profondamente legato alla sua esperienza negli anni ’70 attraverso la quale vuol parlare anche del momento tragico che sta attraversando adesso il Mali.
Soumaoro ha speso una vita per la musica e il progresso del suo paese: le sue esperienze, i suoi viaggi, le collaborazioni e la sua carriera artistica, ruotano intorno al suo impegno. Nato nel 1949 a Ouéléssébougou, una piccola città situata 75 km a sud di Bamako, cominciò ad utilizzare la chitarra avvicinandola alle sonorità del ngoni, lo strumento cordofono dell’Africa occidentale con cassa di risonanza realizzata in legno o da una zucca calabash e una pelle di capra e manico in legno non tastato che potrebbe essere un antesignano del banjo. A quindici anni formò il gruppo musicale Djitoumou-Jazz de Ouéléssédougou che suonava regolarmente nei fine settimana diventando presto un evento di richiamo. Nel 1968 entrò all’Institut National des Arts a Bamako contemporaneamente componendo canzoni e dopo il diploma iniziò ad insegnare a Dirè e poi a Bamako. Insegnante di giorno, musicista di notte, Idrissa si unì alla formazione degli Ambassauders du Motel de Bamako accanto al cantante Salif Keita e al chitarrista Kantè Manfila, che hanno portato la musica dell'Africa occidentale in prima linea nella scena musicale africana. Divenne amico di Amadou Bakayoko, diventato famoso a livello internazionale insieme alla moglie come Amadou & Mariam. Dopo essersi diplomato iniziò ad insegnare a Dirè e poi a Bamako. Nel 1978 propose al ministro della salute di fornire supporto agli studenti dell’istituto per ciechi di Bamako e all’inizio del 1980 formò un’orchestra chiamata Eclipse formata da vedenti e non vedenti, che poi prese il nome di Mirya con la possibilità di suonare riservata ai non vedenti, sotto la guida di Amadou Bakayoko e Mariam. Dopo aver trascorso alcuni anni a Birmingham, nel 1987 Soumaoro tornò in Mali dove fu insignito di diversi riconoscimenti ed occupò diversi posti di responsabilità fino alla pensione. Nel 2003 ha pubblicato l’album “Kotè” e nel 2010 il secondo “Djitoumou”.
L’ispirazione musicale di Soumaoro nasce dal donso’ngoni, un antico strumento cordofono pentatonico suonato perlopiù nelle cerimonie dalle popolazioni dei cacciatori Bambara la cui scala è all’origine di quella del blues suonato dagli schiavi africani e importato negli Stati Uniti. “Ho suonato musica di tutti i generi, rumba, salsa (così come Bamanan blues e suoi derivati: jazz, country, soul, rhythm & blues) e spero di aver trovato la mia forma espressiva a partire da queste influenze”, afferma Soumaoro nelle note di presentazione all’album.
I dieci brani che compongono l’album, cantati in francese, inglese e Bambara, sono di composizione originale e si ispirano tutti alla musica tradizionale maliana. L’artista si affida a un complesso di strumenti dell’Africa occidentale e di percussioni. “Dirè” ha avuto una lunga gestazione iniziata nel 2012 con Marc Antoine Moreau, che invitò Idrissa Soumaoro a registrare nello Studio Manjul di Bamako. L’improvvisa scomparsa di Moreau determinò una battuta d’arresto in quel progetto e la più recente pandemia ritardò ulteriormente i tempi. Successivamente il completamento delle registrazioni con gli arrangiamenti e le orchestrazioni è stato realizzato in Francia presso il Climax Orchestra Studio di St. Ouen.
Tutto l’album è permeato di melodie ispirate alla tradizione, intonate dalla voce calda di Idrissa Soumaoro corroborate da chitarra, ngoni e percussioni, con guizzi blues-rock. Accompagnano Idrissa Soumaoro alla voce, chitarra e Kamele ngoni – uno strumento molto più recente suonato dai giovani che ha favorito l’ascesa della musica maliana-, al basso e voce Yao Dembele, ai tamburi e percussioni Yvo Abadi, alla chitarra Bouramani Kouyate, al djely ngoni – altra variante del ngoni suonata dai griot –, Mahamoudou ‘Assaba ‘Drame, al flauto Cheick Diallo, al balafon e percussioni Soungallo Diarra e al calabash Yacouba Sissoko.
Con la prima struggente traccia “Dirè taga” e la nona, la suadente “Sababou”, il musicista esprime il suo rimpianto per la vita vissuta a Dirè e per i suoi amici in quella città: “Without hope, there is no life. Together we will succeed” (Senza speranza non c’è vita. Insieme riusciremo) sono alcuni versi. Con un ritmato blues nella seconda traccia “Kalata” invita al voto per il futuro presidente che potrà rendere felice il popolo, incalzato in un bel riff da chitarre, tastiere e cori. La successiva, melodica “I djidja” è un appello ad impegnarsi per nutrire l’amore. “Kassi” (Lacrime) è un toccante, profondo blues in cui ngoni e flauto accompagnano una melodia triste. Le successive tre tracce, la malinconica “Bi fourou”, l’ipnotica “N’den tedi” e “Don’t worry” parlano di amore e matrimonio, in particolare del desiderio di conoscersi delle persone che decidono di sposarsi, dei limiti al matrimonio imposti dalle caste in cui è divisa la società maliana, e invia un messaggio alla figlia di voler rispettare la sua scelta dell’uomo da sposare. Mentre “N’den tedi” vede il ngoni protagonista, “Don’t worry” è un bel blues, toccante al punto giusto in cui si incrociano chitarra e ngoni con le sonorità del balafon. È ancora uno straziante blues “Sally”, dedicato ad un amore di gioventù mentre l’ultima traccia “Yèlè”, che vede il contributo alla chitarra di Amadou Bagayoko, è un invito alla risata come medicina per attirare felicità e successo e conclude l’album con rutilanti percussioni.
Prodotto dall’etichetta maliana Mieruba, “Dirè” esprime un solare apprezzamento per la musica, la vita e i progressi sociali. In questo ricordo di Soumaoro si rinnovano le motivazioni dell’artista nella lotta per la pace, per l’unione e l’indipendenza del Mali in un momento così difficile. Un bell’album, toccante e impegnato di un uomo veterano della musica.
Carla Visca
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