Michel Godard | Roberto Ottaviano – Astrolabio Mistico (Dodicilune/I.R.D., 2023)

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È sempre un profondo piacere poter ascoltare Godard e/o Ottaviano nella dimensione del duo o del trio (in questo caso con Luca Tarantino): in entrambi i casi la vasta e versatile esperienza improvvisativa si sposa con l’attenzione l’affinità per generi musicali diversi. Ma solo sporadicamente, in questo album, li ascoltiamo in duo o in trio perché è un organico insolito quello che dà vita alle quattordici tracce di “Astrolabio Mistico”: ci sono le due voci, quella della cantante Ninfa Giannuzzi e quella recitante di Anita Piscazzi, la tiorba di Luca Tarantino, il sax soprano di Roberto Ottaviano e il serpentone di Michel Godard, impegnato anche al basso elettrico, soprattutto nei brani più “scuri” e intensi come “Spinosa Lacrimae”. I quattro musicisti si sono divisi le composizioni, tutte originali: cinque vengono dalla penna di Godard (3, 5, 8, 10, 11), Roberto Ottaviano (1, 6, 9, 12) e Ninfa Giannuzzi (2, 4, 13, 14) ne offrono quattro a testa, una Tarantino, “Sette nello scrigno” per sola tiorba. E poi ci sono i versi e i testi scritti e recitati da Anita Piscazzi. In compagnia dell’ingegnere del suono Angelo Pantaleo, hanno registrato insieme per due giorni nel Castello Normanno-Svevo di Gioia del Colle, per sempre legato alla memoria di Bianca Lancia e del l’imperatore Federico II di Svevia dal quale, nel tredicesimo secolo, ebbe due figlie e un figlio e che si narra che l’avesse segregata nell’antica fortezza pugliese. La casa discografica Dodicilune, nelle note di copertina scrive che la “tradizione” vuole “che
Federico abbia incontrato Bianca (tra il 1225 e il 1230) nel corso di un giro di controllo delle città imperiali nel nord della penisola italiana. L’imperatore, invaghitosi della ragazza, volle portarla con sé al seguito di Manfredi, zio di lei e marchese di Monferrato", racconta Anita Piscazzi. "La famiglia Lancia di origini piemontesi, si sarebbe trasferita al sud dopo l’incontro tra i due. Non potendo convolare a giuste nozze, perché l’imperatore era già sposato con Isabella d’Inghilterra, terza moglie imposta dal papa Gregorio IX per ragioni di stato, i due mantennero una relazione clandestina ma tutt’altro che segreta, tanto che da essa nacquero tre figli: Costanza (1230 -1307), Manfredi (1232 – 1266), ultimo sovrano della dinastia sveva del Regno di Sicilia, e Violante (1233-1264). Secondo una leggenda che ci è stata tramandata dal cronista Bonaventura da Lama, durante la gravidanza del secondo genito Manfredi, Federico per gelosia e per sospetto di tradimento di lei con un paggio, tenne rinchiusa Bianca in una delle torri del castello di Gioia del Colle e che la donna supplicò poi il sovrano di sposarla in articulo mortis per la salvezza della sua anima. Ogni notte, dal giorno della sua morte, nella Torre dell’imperatrice del Castello, si avverte un flebile e straziante
pianto. È il lamento di Bianca offesa che protesta in eterno la sua innocenza, proprio come è eterna la misura del tempo di un astrolabio, simbolo di morte e di rinascita perenne”. Questa storia crudele e dolente ci viene restituita dai cinque protagonisti in un registro melodicamente raffinato e pacato cui invitano il suono rotondo del sax di Ottaviano e gli arpeggi di tiorba fin dal brano che dà il titolo all’album e apre l’album dando subito spazio ad un toccante solo di serpentone, strumento che nelle mani e nel soffio di Godard sembra incarnare l’essenza acustica del respiro (Non a caso apre, narrando da protagonista, la canzone “Il respiro di Bianca”). Ai luminosi brani strumentali a tre – vedi anche “Light the Earth”, “Amor sospeso” - si alternano quelli cantati o recitati – “Ecco sei qui”, “Ogni cosa” -, o le due cose insieme, come “Nel racconto di tutte le notti” che porta l’ascoltatore nel canovaccio intriso di ombre di questa storia di corte. Così composta, la scaletta impone un ascolto in chiave teatrale, percorrendo la triste storia che ha abitato il Castello Normanno-Svevo di Gioia del Colle, con la musica sostanzialmente al servizio della parola; rimane al tempo stesso la consapevolezza che il duo Godard-Ottaviano merita uno spazio proprio in cui sviluppare le felice intuizioni ed i dialoghi realizzati fra le mura della fortezza.  


Alessio Surian

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