Luzmila Carpio – Inti Watana. El Retorno del Sol (ZZK Records, 2023)

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Il sole infonde energia a tutto il pianeta: “Inti Watana”, il ritorno del sole (in lingua quechua), è l’omaggio che Luzmila Carpio ha voluto rendere a questa “forza divina” con una canzone e un album dedicati agli antenati andini più antichi, alla loro saggezza eterna che rimanda alle connessioni: tutto nel nostro sistema planetario è illuminato e collegato dai raggi dorati del sole, dai corpi celesti più grandi alle più piccole creature viventi. Registrato allo Zar Estudio di Buenos Aires con Natalia Perelman, “Inti Watana” arriva a quasi dieci anni di distanza dall’ultimo album, “Yayay Jap'ina Tapes”, uscito nel 2014: “Ho chiesto agli ZZK di lavorare a "Inti Watana" con uno dei loro produttori, Leonardo Martinelli” ricorda Luzmila Carpio. “Volevo che le sonorità fossero generate da quelle note, quelle vibrazioni, quelle geometrie che riflettono sia le antichissime geometrie sacre, sia, allo stesso tempo, gli affascinanti lavori scientifici di esplorazione spaziale che fanno da ponte tra la frequenza di ogni pianeta con suoni, impercettibili all'orecchio, che arrivano a noi dal cosmo infinito. Per questo siamo ricorsi anche alla strumentazione elettronica”
Sono proprio queste “frequenze”, prima ancora della voce, ad aprire l’album, con “Kacharpayita”: un primo minuto sospeso nell’etere ad “aprire” il suono che, dalle parti di Potosi, è offerto in genere da quena e charango, per poi lasciare entrare la pulsazione rassicurante di un bombo, l’invito alla danza collettiva, il felice matrimonio fra strumenti “tradizionali” e suoni digitali. Già la successiva “Chakana Sagrada” spariglia le carte, o, semplicemente, amplia lo spettro sonoro: note di carillon, soffici percussioni elettroniche, dialogo di voci femminili, chiusura con violino che viaggia su tappeti digitali. Poi l’oasi sonora dell’incontro con la morte, “Requiem para un ego”, un recitativo iniziale scandito con musicalità che si intreccia con il canto che lamenta il momento di suprema solitudine mentre l’accompagnamento musicale si fa più scandito e luminoso. “Con Leo, che ha lavorato con molto rispetto verso tutto ciò che abbiamo proposto, abbiamo stretto un dialogo di prove e test, fino ad ottenere le sensazioni che stavamo cercando. E visto che siamo entrambi appassionati nell'esplorare nuove sensazioni, abbiamo portato avanti l'esperimento producendolo in Atmos, in modo che tutti potessero sentire l'universo sonoro e i personaggi che emergevano durante la scrittura di "Inti Watana": un vecchio re morente e abbandonato da tutti che si libera dal suo Ego, un magico cervo sacro "Taruka" che corre nelle foreste del mondo, un colibrì colorato "K`inti" che ci porta messaggi stellari e l'umanità per la quale nutro infinite speranze, che danza”. E’ lunga e luminosa anche la strada percorsa dalla stessa Luzmila Carpio, nata nel 1949 nell’ayllu Qala Qala, a oltre tremila metri, nel distretto boliviano di Potosi, un territorio ideale per apprendere i miti che aiutano a cogliere i ritmi naturali e i cicli 
legati al raccolto così come le canzoni che invitano ad imitare i versi canori degli uccelli. L’impatto con La Paz, la capitale, cambiò la sua vita: "Quando sono arrivata in città vidi tanta emarginazione e decisi che la mia missione sarebbe stata quella di difendere l'identità del mio popolo Aymara-Quechua. Inizialmente registravo canzoni in quechua per feste e balli, ma poi ho cercato di risvegliare l'orgoglio per le nostre radici, difendere i ritmi della vita, quelli che la Madre Terra Pachamama ci ha donato”. Un cammino costellato di concerti e dischi, ma anche del ruolo di ambasciatrice della Bolivia in Francia, dal 2006 al 2011. Quattro anni dopo gli ZZK rimixavano il suo “Yayay Jap’ina Tapes” e pubblicavano “Luzmila Carpio Meets ZZK”: amicizie e intese sonore che durano nel tempo. 


Alessio Surian

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