Guido Festinese, Paolo Gerbella e Maurizio Logiacco – Schiena dritta. Per Gianmaria Testa (Squilibri, 2023)

Ogni volta che si sente la mancanza di qualcuno che ha lasciato un segno nel mondo della musica, si tentano operazioni discografiche per ricordarlo che non sempre centrano il bersaglio. Gianmaria Testa è uno di quei cantautori ancora tanto amati e si sentiva il bisogno di un omaggio, differente dal solito, come in fondo era lui. Squilibri editore ha deciso di farlo con “Schiena dritta”, dove prosa, musica e fotografia dialogano tra di loro. Infatti il disco contiene gli interessanti testi narrativi del critico musicale e saggista Guido Festinese, undici canzoni del cantautore Paolo Gerbella e il potente bianco e nero delle fotografie di Maurizio Logiacco. La direzione artistica è di Gerbela e Rossano Villa, gli arrangiamenti di Paolo Priolo e Juylio Fortunato. “Mille pezzi veri” è una dolce filastrocca con il testo di Festinese, che apre il disco e ci porta alla nostalgica “Gli alberi di canto” (“Ho bisogno di voci e di pochi rumori, di parole limate, di aggettivi sentiti e di calli alle dita che accompagnano lievi ogni suono di corda, ogni suono che arriva”), fraseggiata dalla fisarmonica e dal mandolino. Un tappeto di contrabbasso si intreccia ai virtuosismi jazzati della tromba di Paolo Fresu e della fisarmonica di Julyio Fortunato in “Quello che ti basta” (“Non si cambia niente che non si voglia cambiare, siamo tutti un minuto di fiato che crediamo respiro, siamo occhi incollati dietro a un finestrino, un identico sguardo, un sogno, un mattino”) , più gipsy con la chitarra classica in primo piano è “Ulisse” (“Come acrobata su fili di lana in coni di luce, con la paura e il bisogno di stupire la scena, ho preso posto su questo treno balera e ai passi di tango ho anteposto passi d'attesa”). “La trapezista” (“Come stimma di zafferano in mani gentili, accarezzata dal gesto paziente che reciderà, attesa del tempo preciso per cominciare, che sa splendere di tutta la forza che ha”) è un trascinante flamenco, mentre un arpeggio di chitarra, fisarmonica e flicorno accarezzano “Aurelio” (“Cosa racconterò di te a chi oggi ha i tuoi anni, quelli scritti con lettere antiche su un bianco disfatto dal tempo che fugge, che confonde memorie e ricordi, come abiti vecchi adattabili a mode distratte”). Ritmica più sostenuta con tanto di ukulele in “Denso” (“Di tutto resta poco si dice l'essenza, spremere la vita per quel tanto di speranza, graffi sulle braccia, sangue che raggela, chi non si riconosce, nasconde la sua pena”), si cita Pavese e Montale nell'intensa “Il costruttore” (“Cosa vuoi che sia? Siamo viaggiatori! Siamo della terra atomi d'eternità, delle fronde il senso, del tronco l'essenza, meraviglia e stupore, incanto che va”). “L’odore e l’essenza” (“L'odore dell'aglio su ruvide dita lontane nel tempo, sguardi profondi, pensieri pensati, di storie e d'incontro, l’odore che sveglia ricordi di terra, di veglia e d'argento, odore di vento”) è un blues tagliente, più polveroso è il tango “Da qui a lì” (“La mia è un viaggio vissuto, sono le mie orecchie che fanno rumore, bambino cullato in giorni di gloria, adulto perduto in un pezzo di storia”). Ci si lascia e non poteva essere diversamente, con la delicata “Stazioni” (“C’è il mondo che parte e ti viene a trovare con gli occhi socchiusi, con l'animo appeso tra il silenzio e l’incanto di uno sguardo fuggito dal passare dei campi, dietro al vetro appannato”) dove ancora la fisarmonica è protagonista. Un bellissimo omaggio che esplora i mondi di Gian Maria Testa con rispetto e gratitudine. Gerbellla scrive testi poetici, sognanti, che sembrano acquerelli pastellati, dove è bello trovare giuste vibrazioni, anche nei pregevoli arrangiamenti, sempre aderenti alle avvolgenti atmosfere. “Schiena dritta” è un disco da conservare gelosamente, è una carezza al cuore in tempi così difficili. Buon ascolto e buona cura. Marco Sonaglia Ogni volta che si sente la mancanza di qualcuno che ha lasciato un segno nel mondo della musica, si tentano operazioni discografiche per ricordarlo che non sempre centrano il bersaglio. Gianmaria Testa è uno di quei cantautori ancora tanto amati e si sentiva il bisogno di un omaggio, differente dal solito, come in fondo era lui. Squilibri editore ha deciso di farlo con “Schiena dritta”, dove prosa, musica e fotografia dialogano tra di loro. Infatti il disco contiene gli interessanti testi narrativi del critico musicale e saggista Guido Festinese, undici canzoni del cantautore Paolo Gerbella e il potente bianco e nero delle fotografie di Maurizio Logiacco. La direzione artistica è di Gerbela e Rossano Villa, gli arrangiamenti di Paolo Priolo e Juylio Fortunato. “Mille pezzi veri” è una dolce filastrocca con il testo di Festinese, che apre il disco e ci porta alla nostalgica “Gli alberi di canto” (“Ho bisogno di voci e di pochi rumori, di parole limate, di aggettivi sentiti e di calli alle dita che accompagnano lievi ogni suono di corda, ogni suono che arriva”), fraseggiata dalla fisarmonica e dal mandolino. Un tappeto di contrabbasso si intreccia ai virtuosismi jazzati della tromba di Paolo Fresu e della fisarmonica di Julyio Fortunato in “Quello che ti basta” (“Non si cambia niente che non si voglia cambiare, siamo tutti un minuto di fiato che crediamo respiro, siamo occhi incollati dietro a un finestrino, un identico sguardo, un sogno, un mattino”) , più gipsy con la chitarra classica in primo piano è “Ulisse” (“Come acrobata su fili di lana in coni di luce, con la paura e il bisogno di stupire la scena, ho preso posto su questo treno balera e ai passi di tango ho anteposto passi d'attesa”). “La trapezista” (“Come stimma di zafferano in mani gentili, accarezzata dal gesto paziente che reciderà, attesa del tempo preciso per cominciare, che sa splendere di tutta la forza che ha”) è un trascinante flamenco, mentre un arpeggio di chitarra, fisarmonica e flicorno accarezzano “Aurelio” (“Cosa racconterò di te a chi oggi ha i tuoi anni, quelli scritti con lettere antiche su un bianco disfatto dal tempo che fugge, che confonde memorie e ricordi, come abiti vecchi adattabili a mode distratte”). Ritmica più sostenuta con tanto di ukulele in “Denso” (“Di tutto resta poco si dice l'essenza, spremere la vita per quel tanto di speranza, graffi sulle braccia, sangue che raggela, chi non si riconosce, nasconde la sua pena”), si cita Pavese e Montale nell'intensa “Il costruttore” (“Cosa vuoi che sia? Siamo viaggiatori! Siamo della terra atomi d'eternità, delle fronde il senso, del tronco l'essenza, meraviglia e stupore, incanto che va”). “L’odore e l’essenza” (“L'odore dell'aglio su ruvide dita lontane nel tempo, sguardi profondi, pensieri pensati, di storie e d'incontro, l’odore che sveglia ricordi di terra, di veglia e d'argento, odore di vento”) è un blues tagliente, più polveroso è il tango “Da qui a lì” (“La mia è un viaggio vissuto, sono le mie orecchie che fanno rumore, bambino cullato in giorni di gloria, adulto perduto in un pezzo di storia”). Ci si lascia e non poteva essere diversamente, con la delicata “Stazioni” (“C’è il mondo che parte e ti viene a trovare con gli occhi socchiusi, con l'animo appeso tra il silenzio e l’incanto di uno sguardo fuggito dal passare dei campi, dietro al vetro appannato”) dove ancora la fisarmonica è protagonista. Un bellissimo omaggio che esplora i mondi di Gian Maria Testa con rispetto e gratitudine. Gerbellla scrive testi poetici, sognanti, che sembrano acquerelli pastellati, dove è bello trovare giuste vibrazioni, anche nei pregevoli arrangiamenti, sempre aderenti alle avvolgenti atmosfere. “Schiena dritta” è un disco da conservare gelosamente, è una carezza al cuore in tempi così difficili. Buon ascolto e buona cura. 


Marco Sonaglia

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