Ci siamo occupati in passato di Roberto Leydi, recensendo “Roberto Leydi e il ‘Sentite buona gente’” di Domenico Ferraro e presentando un denso saggio retrospettivo di Paolo Mercurio dal titolo “Roberto Leydi, emblema e caposcuola dell’etnomusicologia italiana” ora è la volta di un bello e meritorio volume curato da Aurelio Citelli, membro storico del gruppo musicale Barabàn, personalità di rilievo della ricerca su musiche di tradizione orale, memoria etnografica e storia orale.
Nel 2004 Citelli ha diretto e prodotto il DVD, “Roberto Leydi. L’altra musica”, realizzato attraverso tre interviste raccolte nel 1996 a Orta Sam Giulio (NO) e Milano, che tracciava un indelebile ritratto dello studioso piemontese (Ivrea 1928 – Milano 2023). A vent’anni dalla sua scomparsa, Citelli torna a raccontare di questo gigante della cultura italiana, proponendo un lavoro che discende dal quel documentario e che riprende nel titolo un felice commento di Umberto Eco, che definì il suo amico un “monello della musica”, proprio per la capacità dell’etnomusicologo di occuparsi di aspetti culturali completamente ignorati dai più.
Roberto Leydi è stata una figura complessa e composita: enorme la quantità di interessi coltivati in circa cinquant’anni di attività, pure notevole il corpus di materiali documentari prodotti. È stato critico musicale, iniziatore dell’etnomusicologia in Italia, ricercatore e studioso impegnato nel pioneristico Studio di Fonologia di Milano, saggista, viaggiatore instancabile con Ferdinando Scianna, esperto di cultura materiale come delle espressioni di tradizione orale, conduttore di programmi radiofonici, promotore culturale e musicale, a partire dal collettivo-laboratorio di divulgazione musicale che fu il gruppo Nuovo Canzoniere Italiano, ‘scopritore’ di suonatori e cantori tradizionali, docente al DAMS di Bologna, responsabile della nascita dell’Ufficio Cultura del Mondo Popolare della Regione Lombardia. La sua collezione di strumenti musicali e il suo archivio personale sono stati depositati presso il Centro di dialettologia e di etnografia di Bellinzona, nel Canton Ticino, mentre di altri materiali rimasti a Milano si sta procedendo alla digitalizzazione curata dall’accademico Nicola Scaldaferri.
Dopo la prefazione, nei primi quattro capitoli, Citelli raccoglie testimonianze a più riprese dello stesso Leydi, attraverso colloqui preziosissimi che tra vicende personali e professionali aiutano a comprendere l’approccio metodologico, l’incontro con i testimoni della cultura popolare, il carattere sociale della sua ricerca, le iniziative pubbliche, dal “Bella Ciao” al “Sentite buona gente”, e il suo magistero accademico. Si tratta di una miniera di informazioni di prima mano, che di fatto ripercorrono la storia d’Italia e le trasformazioni sociali, economiche e culturali degli anni Cinquanta del secolo scorso. Imprescindibili anche le testimonianze che occupano i capitoli successivi, in cui sono proposti gli interventi di Cesare Bermani, Franco castelli, Umberto Eco, Francesco Giannattasio, Febo Guizzi, Moni Ovadia, Luigi Pestalozza, Bruno Pianta, Ferdinando Scianna, Nico Staiti. Seguono interviste più strutturate ancora a Guizzi e Staiti, Renata Meazza, Nicola Scaldaferri, Ignazio Macchiarella e Elena Bergomi. Il corredo fotografico è un ulteriore, vivace tassello narrativo. La biografia è curata dal compianto Febo Guizzi (a lungo il più vicino collaboratore di Leydi), la selezione delle opere di Leydi è dello stesso Citelli. Il volume due documenti accessibili con codice QR, il già citato documentario “Roberto Leydi. L’altra musica” (di 33 minuti), e “Canti e Musiche per Roberto”, una sorta di playlist (42 minuti) in cui ascoltiamo tredici magnifici documenti sonori con Compagnia Sacco di Ceriana, Compagnia Sunadur di Ponte Caffaro, Mondine di Valle Lomellina, Bandella di Tremona, Gruppo Pifferi del Carnevale di Ivrea, Cantori della Stella di Collio, Gianfranco Brignoli e Giacomo Davio, Musiche Selvagge, Melchiade Benni e Bruno Zanella e gli stessi Barabàn.
Citelli scrive: “Leydi ci ha insegnato a guardare le cose con sguardo diverso”, a “leggere le cose in profondità”, a “cercare l’altro” non in luoghi esotici ma nelle persone comuni incontrate ogni giorno per strada. Insomma, ci ha insegnato davvero a scoprire un’altra Italia.
Il libro è distribuito online dalla milanese Fototeca Gilardi. fototeca-gilardi.com
Ciro De Rosa
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