Concertone de La Notte della Taranta XXVI Edizione, Melpignano (Le), 26 agosto 2023

La prematura scomparsa nel 2021 di Daniele Durante e quella di Luigi Chiriatti, arrivata inaspettata quest’anno, hanno rappresentato - probabilmente - la chiusura di un ciclo irripetibile per l’intero movimento della riscoperta della musica tradizionale salentina. Insomma, la scena musicale del Tacco d’Italia ha perso due dei punti riferimento più importanti, in una fase in cui il fermento creativo che l’aveva attraversata, per diversi anni, sembra aver perso la sua spinta propulsiva. Più in generale, come ha sottolineato qualcuno degli osservatori più attenti, si può affermare con certezza che l’intero sistema culturale in Puglia sembra mostrare qualche cedimento, dopo diversi anni in cui si era segnalato per le sue tante eccellenze. Le cause di questa crisi sono sicuramente molteplici e la politica non è certamente incolpevole, soprattutto per non essere riuscita a creare realtà culturali forti e indipendenti che potessero sostenersi senza il contributo di finanziamenti
pubblici. L’aver scelto di mantenere la cultura sotto il controllo politico ha determinato inevitabili e forse anche piuttosto prevedibili mutazioni genetiche ad eventi e festival che hanno lasciato un segno importante nella storia culturale italiana. Un esempio ne sono certamente, il Medimex partito inizialmente come la risposta italiana ai principali expo musicali internazionali e finito per essere qualcosa di completamente diverso, o ancora il Talos Festival la cui storia è legata a doppio filo con le ricerche musicali compiute sulle bande e in ambito jazz da Pino e Livio Minafra e completamente snaturato in nome di incomprensibili scelte artistiche. In questo contesto, La Notte della Taranta ha vissuto mutazioni forse meno evidenti, ma certamente innegabili, tant’è che la sfida per il prossimo futuro sarà non tanto raccogliere la pesante eredità lasciata da Daniele Durante e Gigi Chiriatti, ma quantomeno seguirne il sentiero tracciato. 
Commentando le edizioni degli ultimi anni di questo festival abbiamo cercato di evidenziare sia quanto di buono è stato fatto, sia le diverse criticità che ne hanno caratterizzato lo svolgimento. Così, non possiamo non sottolineare come si siano raggiunti livelli di eccellenza con maestri concertatori come Paolo Buonvino e Dardust, ma allo stesso tempo non si possono negare i deragliamenti verso il mainstream con allestimenti e ospiti discutibili, per usare un eufemismo, così come per nulla edificanti sono i diversi ed inspiegabili cortocircuiti comunicativi sui social. Se è vero, come è vero, che nei day after italiani tutti (nessuno escluso) scoprono le nascoste doti di potenziali presidenti del consiglio, sindaci, commissari tecnici e direttori artistici, è anche vero che un festival così importante come la Notte della Taranta richiede, anzi necessita, di analisi costruttive. Leggendo la maggior parte degli articoli sui quotidiani nazionali, ma anche seguendo i vari tg, vi è ogni
anno una unanime esaltazione di risultati eccezionali in termini di presenze, il tutto condito da interazioni, post social, polemiche scollacciate e scollature, ma poi si volta pagina e l’appuntamento è al prossimo anno. Costruire un festival che dura un mese e un concerto con una complessa macchina organizzativa che coinvolge musicisti, ballerini, ospiti d’eccezione e numerosi addetti ai lavori e veder esaurito tutto il lavoro in servizi didascalici in due o tre edizioni di un telegiornale e una sintesi in differita sulla prima rete televisiva nazionale, non è forse un risultato troppo misero? È ancora necessario proporre un modello “pop” in grado di attirare pubblico sempre più folto? La sensazione avuta, seguendo La Notte della Taranta negli ultimi anni, è quella che basterebbe veramente molto poco per alzare molto il livello di questo festival, senza cedere ad alcun compromesso. Ha senso ancora proporre un racconto non contestualizzato della tradizione musicale salentina, senza dire nulla sulla ricchezza, la varietà di quei repertori che proprio Daniele Durante e Luigi
Chiriatti hanno a lungo studiato e ricercato. La scelta di affidare a Fiorella Mannoia il ruolo di Maestra Concertatrice non ci ha sorpreso più di tanto e si pone in linea con le scelte perseguite negli ultimi anni, ma forse ci si sarebbe aspettato maggior coraggio, progettualità e soprattutto poteva essere intrigante costruire un dialogo con qualche artista internazionale. Raggiunto e fidelizzato un pubblico non sarebbe giusto scommettere sulla sua attenzione, proponendo o meglio riponendo uno spettacolo più ambizioso piuttosto che una performance introflessa verso il pop di casa nostra? Terminati quasi tutti i potenziali ospiti da poter invitare, perché non tornare a guardare verso la scena world internazionale? Ed ancora perché non puntare, per un anno, su un edizione completamente pugliese, attingendo alla straordinaria scena musicale regionale, ivi compresa quella jazz? C’è un mondo che sta andando molto più veloce di come si muovono
anche le realtà di casa nostra della musica trad e che guarda alle intersezioni con l’elettronica, agli incontri con sonorità sperimentali, all’avanguardia e al jazz. Venendo alla cronaca dell’edizione 2023 de La Notte della Taranta, un piccolo e significativo assaggio di tutto questo è arrivato nel pre-concertone, aperto da Rocco Borlizzi, e proseguito con il superbo set di di Nidi d’Arac con la partecipazione del progetto Mundial di Carmine Tundo (frontman de La Municipal), Roberto Mangialardo e Alberto Manco. Incrociando la tradizione musicale salentina in cui affonda le radici il repertorio della formazione guidata da Alexandro Coppola con l’elettronica ha preso vita una performance strabordante e intensa come raramente ci è capitato di ascoltare, ma soprattutto la speranza è che questa collaborazione estemporanea possa evolversi ed essere cristallizzata in un disco. Alle 22.30 in punto, ha avuto inizio il concertone con l’omaggio a Luigi Chiriatti
della Maestra Concertatrice, Fiorella Mannoia, che ha proposto una intensa e commovente “Un giorno di venerdì” a cui è seguita senza soluzione di continuità una trascinante “Pizzica di San Vito” con le voci di Consuelo Alfieri, Stefania Morciano, Alessandra Caiulo, Enza Pagliara, Antonio Amato, Giancarlo Paglialunga e Salvatore Galeanda protagonista, a seguire, della trascinate resa del tradizionale arbëreshë da “Ec ec”. Sul palco è salito, poi, il primo ospite della serata, Tananai che dopo un breve accenno al successo sanremese “Tango” ha interpretato “Rirollalà”, prima della sequenza in cui abbia ascoltato “L’acqua de la funtana”, “Taranta de Lizzano” con le voci di Galeanda, Amato e Paglialunga e il medley - in verità non troppo a fuoco - con il tradizionale “T’aggiu amatu” e “Bocca di Rosa” di Fabrizio De André con protagoniste Fiorella Mannoia e le voci femminili dell’Orchestra. Gli arrangiamenti con le orchestrazioni di Carlo Di Francesco si sono lasciati apprezzare per le intersezioni tra gli archi e gli strumenti tradizionali con
l’apporto, sempre imprescindibile, delle corde di Peppo Grassi, Gianluca Longo e Attilio Turrisi, dei fiati di Nico Berardi e dei mantici di Roberto Gemma e Leonardo Cordella. Una riflessione, forse più articolata e approfondita la meriterebbero le danze che hanno accompagnato l’esecuzione dei vari brani, con l’alternarsi di spaccati più legati alle forme coreutiche tradizionali e coreografie più moderne curate da Francesca Romana Di Maio. In ogni caso, ci piace sottolineare la sobrietà di alcune scelte, sicuramente più coerenti al repertorio proposto, rispetto agli anni precedenti. Il secondo ospite della serata è stato Brunori Sas impeccabile nel rileggere il tradizionale arbëreshë “Lule lule” a cui seguono “Pizzica di San Marzano” interpretata da Stefania Morciano e la “Pizzica di Aradeo” con la partecipazione di Tananai. La maestra concertatrice ha interpretato, poi, “Madonna de lu mare”, mentre Giancarlo Paglialunga ha regalato una potente “Santu Paulu”, seguita da “Beddhra ci dormi” con la voce solista di Alessandra Caiulo e una
corale “Fimmene Fimmene” in cui si alternano al canto Fiorella Mannoia e le voci femminili dell’Orchestra. Brunori Sas è tornato sul palco per una sentita versione del poetico brano in grico “Aremu”, seguitata dagli “Stornelli” e “Ferma Zitella” nella buona interpretazione di Arisa, terza ospite della serata. Una swingante “Lu zinzale” nell’arrangiamento concepito da Daniele Durante e la “Pizzica di Stifani” con la potente sezione di tamburi a cornice in evidenza nella sequenza introduttiva, hanno introdotto a “La Cardilleddhra”, “Lu ruciu de lu mare” interpretata da Arisa e un travolgente “Pizzica di Ostuni” che ha fatto da preludio al finale con “Aria caddhipulina”, cantata da Antonio Amato e il corale buona notte con “Kalinifta”. Insomma, l’edizione 2023 del Concertone è passata agli archivi come quella dei duecentomila spettori, ma sullo sfondo restano tanti interrogativi per il futuro a cominciare dall’esigenza di una narrazione diversa e meno superficiale di un patrimonio culturale straordinario come quello della tradizione musicale salentina.  


Salvatore Esposito

Foto e video di Blogfoolk.com

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