Sono numerose pubblicazioni dedicate all’opera di Lucio Battisti e in larga parte focalizzano la loro attenzione sugli anni d’oro della collaborazione con Mogol o su aspetti meramente biografici o discografici. Meno analizzato ed esplorato è certamente l’ultimo segmento della sua parabola artistica ovvero quello relativo alla atipica collaborazione con il poeta e autore Pasquale Panella che, in verità, presenta elementi di sorprendente attualità, anche a distanza di oltre trent’anni dalla pubblicazione dei vari dischi. Certo se non si può negare che molte delle canzoni scritte con Mogol sono consegnate alla storia della musica italiana, allo stesso tempo non si non sottolineare come molte di esse abbiano subito irrimediabilmente il passare del tempo, suonando oggi in larga parte datate e invecchiate piuttosto male. Se “E già” scritto con Velezia, acronimo che identificava la moglie Grazia Letizia Veronese lo aveva visto sperimentare con le sonorità synth-pop, i dischi successivi a parte da “Don Giovanni” del 1996 rappresentarono una serie deflagrazioni spiazzanti e divisive dal punto di vista dell’accoglienza da parte di pubblico e critica, ma riascoltati oggi svelano una sorprendente vitalità compositiva e poetica, anzi proprio in questo ardito incastro si coglie la complessità dell’immaginario musicale di Lucio Battisti. Ad offrirci l’occasione per tornare a riflettere sui cinque dischi, realizzati dal cantautore laziale con Pasquale Panella, è il critico e giornalista musicale Andrea Podestà con il volume “Battisti, l’altro” edito dai tipi di SquiLibri Editore ed accompagnato dal gusto album “L’artista non ero più io. 14 canzoni di Battisti-Panella” firmato da duo composto da Marco Sabiu e Gabriele Graziani. Caratterizzato da una scrittura confidenziale e affabulativa, il volume ci offre l’occasione per riascoltare e riscoprire l’ultimo tratto della vicenda artistica di Lucio Battisti entrando nel vivo della sua collaborazione con Panella a partire dal già citato “E Già” che
fece da preludio alla pubblicazione di “Don Giovanni” nel 1986 del quale viene ripercorsa la genesi e ricostruito nel dettaglio anche l’accoglienza che ebbe da parte della critica musicale dell’epoca. Si prosegue con una analisi rigorosa e puntuale sui successivi dischi bianchi “L’apparenza” del 1988, “La sposa occidentale” del 1990, “Cosa succederà alla ragazza” del 1992 e “Hegel” del 1994 nei quali si apprezza non solo una ricerca musicale sempre più serrata da parte di Battisti ma allo stesso tempo si fanno più imprevedibili i testi firmati da Panella con giochi letterari, divertissement, e un susseguirsi di figure retoriche come allitterazioni, onomatopee, rime interne e paronomasie. Non meno importante è l’analisi degli aspetti prettamente musicali e in questo senso illuminante è l’intervista al produttore, arrangiatore e musicista Robin Smith, così come non manca una riflessione, per nulla scontata, sul peculiare concept artistico che caratterizza le copertine. Ad impreziosire il tutto c’è, poi, l’ascolto de “L’artista non ero più io”, pregevole disco, disponibile sia in formato fisico sia tramite QR Code, firmato da Sabiu e Graziani che ci condono alla riscoperta del songbook di Battisti e Panella, attraverso quattrodici brani, riletti senza retorica e con un piglio moderno e per nulla scontato.
Salvatore Esposito