Modena City Ramblers – Altomare (Modena City Records/New Model Label, 2023)

A sei anni da “Mani come rami, ai piedi radici", i Modena City Ramblers tornano con “Altomare” e intriso del loro combat-folk. Undici tracce inedite legate da un filo comune, quello del Mediterraneo che diventa viaggio, speranza, amore e resistenza. In apertura troviamo “Mediterranea” (“Nel buio , nel vento e nella coscienza, chi lancia un urlo, chi poco gli avanza, ma a terra l’urlo rimane in silenzio, la vita è salita in alto mare”) con sonorità balcaniche sottolineate da violino, tin whistle, corde e l’intervento vocale di Luca Morino, il leader dei Mau Mau, che ci portano alla trascinante tarantella di “Fuocammare” (“La stanchezza dentro al cuore non la posso sopportare, non ci sono più preghiere né più santi da pregare, né giusto né sbagliato, redenzione né peccato in gola sta paura che la vita m’ha rubato”). Il tirato punk-folk di “Resistenza globale” (“Ho visto gente scendere in strada spacciando per Cristo il volto peggiore, tra Bibbiano, Predappio e Pontida, si bacia il rosario se l’ampolla è finita”) viene condiviso con le voci dei Punkreas, invece “Fratello dove sei?” (“Fratellino ascolta il mio richiamo, non la senti tutt'intorno la marea? è un ruggito che monta nella notte, che di nuovo tutto copre e tutto crea”) è una ballad malinconica in puro stile MCR. “Che botta!” (“Che botta, è come essere allo stadio, guardo la folla e mi spavento che questi vanno in parlamento”) è uno ska inacidito dal clavinet e sostenuto dai fiati; “Barche in mezzo al mare/Stormy sea polka” (“Barche in mezzo al mare, sotto un cielo di carbone, senza una rotta da seguire, senza più vele né passione”) ha una prima parte lenta con un tappetto di percussioni, corde e flauti che si scatena in una polka devastante. Si respirano atmosfere irlandesi nella successiva “Il nostro orizzonte”(“Gocce sul vetro scendono lente, lacrime sulle tue guance, come foglie d’autunno sugli alberi s’aggrappano strette nel vento”), invece “Dall'altra parte” (“Chi muore ama tacere, la sua storia parla per lui, una pagella di scuola cucita in una giacca, due foto e una busta trovate in una borsa, quel corpo di bimbo a faccia in giù sulla sabbia”) ha un testo crudo macchiato di reggae. Ancora ondate di veloce patchanka in “Le guerre degli altri/Maledetti pacifisti” (“E mi prenderò il nemico con il fuoco e la granata o sarò dentro la notizia dal fronte videoregistrata? Di quanto costa un po’ di gloria la patria s’è scordata per un barile di petroli e propaganda improvvisata”), tastiere, chitarra acustica e il consueto tin whistle tratteggiano “In ogni tua stagione” (“Di lotte e speranze sian vivi i tuoi sogni, di amori puri come laghi tra i monti, senza paura vivrai con il sole, farai della notte il tuo giorno migliore”). Il finale è affidato a “Per quanto si muore” (“Padre Mediterraneo scada ancora queste mie ali, fammi salire là dove posso vedere senza soffrire dell’uomo il dolore, io posso sentire quel crudele sapore, forse è la misura per capire l’amore”) una bellissima preghiera laica, impreziosita dal flauto magico di Ian Anderson, direttamente dai Jethro Tull e dalla voce sudafricana di Zolani Mahola (The one who sings). Un lavoro ispirato, che ci presenta una band in ottima forma. I fiati di Franco D’Aniello (whistle, flauto traverso e tromba) e il violino di Francesco Fry Moneti (chitarra elettrica, banjo, mandolino, bouzouki, slide guitar e chitarra acustica) caratterizzano da sempre il sound del gruppo, sostenuto dalla fisarmonica di Leonardo Sgavetti (pianoforte, wurlitzer, hammond, clavinet e synth), dalle corde di Gianluca Spirito (chitarra acustica, elettrica, bouzouki e mandolino), dalla potente sezione ritmica di Massimo Ice Ghiacci (basso elettrico, acustico e ukubass) e del nuovo arrivato Enrico Torreggiani (batteria e percussioni), naturalmente capitanati dalla voce ruvida del coinvolgente frontman Davide Dudu Morandi. “Altomare” è un disco volutamente schierato, è uno spaccato di verità, è un’ancora di salvataggio per tempi incerti. Bentornati Modena, sempre coerenti, sempre sulle barricate. 


Marco Sonaglia

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