Lo sguardo sul mondo dell’Ariano Folk Festival

Intervista al direttore artistico, Francesco Fodarella

Da ventisette anni Ariano Irpino incontra il mondo. Il folk festival dell’avellinese, organizzato in maniera indipendente dall’Associazione Red Sox con enorme impegno e sforzo finanziario, conferma la sua prospettiva internazionale, ma non dimenticando importanti nomi italiani. Dalle sue origini festaiole si è subito trasformato in uno degli itinerari di punta della stagione festivaliera estiva.  In quasi trent’anni di storia, sono confluiti ad Ariano molti nomi significativi della cosiddetta world music, del folk e dei global sounds, passando senza soluzione di continuità dai suoni acustici all’elettronica dei producer. Qui, tuttavia, non parliamo di una rassegna messa in piedi mettendo in fila una serie di nomi per riempire caselle, ma di una proposta culturale a tutto campo, che si colora dei suoni del mondo, facendo confluire esperienze musicali diversificate. Il festival campano vanta una media di 20.000 presenze, ma in passato ha toccato anche punte di 40.000 spettatori. Quest’anno l’appuntamento si rinnova, per cinque giorni, dal 16 al 20 agosto con concerti dislocati nel corso della giornata su quattro palchi, di cui il FolkStage è il palco centrale serale di Piazza Piano della Croce, e un fitto programma di attività collaterali anche a carattere extramusicale che privilegiano la socialità e il benessere dei convenuti e la conoscenza del territorio. Tra i nomi attesi il nu folk surrealista estone del duo Puuluup, l’afro beat jazz del collettivo piemontese Rhabdomantic orchestra, il duo finnico Ruut, gli Extraliscio, l’anadolou psych pop della turco-tedesca Derya Yıldırım, i colombiani Romperayo, la fanfara techno Tekemat e la chanteuse salentina Maria
Mazzotta, vera propria star internazionale ormai, solo per citarne alcuni. 
Però, il nostro invito è a visitare questa importante località campana che domina la valle del fiume Ufita, ricca di testimonianze storico-artistiche e naturalistiche, scoprendo nella sua interezza il cartellone di Ariano Folk Festival, di cui parliamo con Francesco Fodarella, da sempre direttore artistico, e molto altro all’occorrenza, della manifestazione. Irpino un luogo di incontro e di dialogo tra popoli e culture.

Dal 1996 l’Ariano Folk Festival offre uno sguardo altro sulle musiche del mondo. Come è cambiato in poco meno di trent’anni la sua prospettiva e come è cambiata la stessa idea di world music?
Chiaramente è cambiata, per fortuna, nel senso che è entrata definitivamente nella mente delle persone come musica dal mondo, musica popolare da ogni parte del mondo. Quindi ha iniziato a suscitare interesse, più che altro curiosità, i festival e le rassegne hanno fatto la loro divulgazione, a volte spropositata, al punto da confondere il potenziale fruitore. Di certo è musica entrata di diritto definitivamente in quasi tutti i palinsesti, anche grazie alle ulteriori contaminazioni e trasformazioni che la stessa world music ha subito nel tempo.      

Musica per fare festa e suoni d’ascolto: come conciliate queste due vocazioni dell’AFF?
In realtà agli albori l’AFF era una semplice festa popolare tra amici, molto fruibile, ma non dedicata all’ascolto. Ma da subito ha avuto una conversione musicale forte, che l’ha catapultato nel segmento festivaliero. Parliamo del 1996, quando il campo era fertile, le rassegne si contavano su un palmo di mano. Se poi programmavi qualcosa di “anomalo”, in zone periferiche, senza internet e quindi con impatto mediatico vicino allo zero, suscitavi interesse da parte di qualche cultore che ne veniva a conoscenza. Con il passare del tempo, paradossalmente, è stato più semplice conciliare la festa per i festaioli e l’ascolto per i cultori.        

Organizzare un festival come il vostro, in totale indipendenza e grande impegno finanziario, non è impresa che si riduce a caselle da riempire: come lavorate nel corso dell’anno?
La nostra è una associazione no-profit dove il volontariato estremo e democratico di quaranta persone porta avanti un modello inimitabile, direi, tenuto conto che esiste da ventisette anni. Ci basiamo sulle nostre forze e quelle dei pochi finanziamenti privati, oltre ai ticket e agli abbonamenti e alla gestione degli stand e alla divina provvidenza…scherzo. Purtroppo mancano i contributi necessari che dopo tanti anni ci spettano e siamo costretti a rischiare anno dopo anno, perché come ben sapete le programmazioni vanno fatte da settembre a marzo se si vuol dare una comunicazione degna di un festival.

Cosa vi induce a scegliere un/una artista da programmare?
Credo che ogni festival vada programmato diversamente da un altro, in base alla conoscenza del proprio
pubblico, in base alla locazione, in base all’identità che sia ha o alla connotazione che si vuole dare; magari si punta su un headliner per avere più visibilità o si ricerca in maniera spasmodica per intercettare la nicchia, ma credo che una prerogativa che tutti devono non trascurare è la qualità della proposta e l’AFF cerca proprio quest’ultima, anche se non sempre ci riesce e ne è consapevole.      

Quale la politica dei prezzi di AFF?
Tenuto conto che si sostiene quasi interamente con il volontariato, e presentando un palinsesto internazionale, cerchiamo di essere sostenibili dal costo del ticket giornaliero, agli abbonamenti, alla vendita dei prodotti tipici.

XXVII edizioni sono già una storia lunga, quali i momenti più significativi dagli inizi? Ogni anno esperienze diverse e forti emozioni, credo che l’edizione più bella bisogna ancora crearla: magari quest’anno? 
Quanto è difficile agire nel contesto di provincia lontano dai centri “politici” e “culturali della regione?
È difficile farsi conoscere soprattutto nei comparti che “contano” e intendo dire quelli politici, ma organizzare in periferia paradossalmente è più semplice per via della minore concorrenza e più bello perché dà una soddisfazione maggiore, nel senso che se si riesce a far incuriosire un pubblico metropolitano, attento, proprio per via della proposta culturale che offri, beh bisogna essere contenti e soddisfatti perché hai la  consapevolezza di poter continuare a comunicare il marchio AFF e non necessariamente il nome della band che hai in programma, hai generato interesse, l’obiettivo di ogni festival!

Come è organizzata la ricettività?
Ariano Irpino è il secondo comune come estensione in Campania, ci sono svariati Agriturismo, B&B importanti hotel e il campeggio: insomma, per ogni esigenza, siamo pronti a ricevere. 

C’è un filo comune per questa edizione XVII?
Sarà una festa di colori e culture, in particolar modo l’ultimo giorno, come avviene da tre anni, domenica 20 agosto ci sarà un carnevale beat anni 70, dove inviteremo gli spettatori a vestirsi con questo tema anni 70, i concerti inizieranno alle ore 13:00 con una parata e si chiuderanno alle ore 21:00 per poi proseguire la festa nei vicoli del centro storico con dj set i vari locali.  

Non di sola musica, dislocata su quattro palchi, ma anche molte attività collaterali…
Stiamo ancora definendo alcune cose, ma ci saranno – come sempre – attività della Bookzone, presentazioni di libri, sessioni yoga, il Talk Folk, camminate ecologiche, trekking urbano con conoscenza di vicoli storici e musei e altro, il Photocontest, la Sonazone, che è la zona notturna dalle 3 al 5 del mattino, dove suoneranno Tekemat e Grayssoker. E altro ancora in via di preparazione.

Quali gli headliners nel cartellone 2023?
Come sempre è difficile definire un headliners nel cartellone dell’AFF, antipatico segnalarne uno al posto di un altro, soprattutto quando la line up non ci sta un nome di risalto commerciale. Per quest’anno, in particolar modo, riteniamo siano tutti headliners, magari li facciamo scegliere ai nostri aficionados dopo averli ascoltati  

Qualche artista da scoprire assolutamente?
Puuluup, Rhabdomantic orchestra, Dub Inc, Pushinwood, Derya Yildirim, Romperayo, Scratchy sounds, Pongo, Depedro, Asna, DuoRuut, Deli Teli, Hilight Tribe, Livia Mattos, Maria Mazzotta, Tekemat, Grayssoker, Extraliscio, Fogo Fogo, Big Buddha, Coqo Djette,
Dadà, Francesco Riotta, Rumbo Tumba… Praticamente, tutti!

Ciro De Rosa

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