Dopo l'ottimo “Resistenza”, pubblicato nel 2005, gli Yo Yo Mundi in piena pandemia hanno iniziato a costruire “Partigiani sempre”, partendo da quella che è considerata la più grande strage di partigiani nella resistenza italiana, avvenuta alla Benedicta (in provincia di Alessandria) il 7 aprile del 1944, dove i i nazifascisti eliminarono circa 154 partigiani e il successivo 19 maggio al Passo del Turchino ne furono catturati altri 400 e avviati alla deportazione, fortunatamente circa 200 riuscirono a fuggire. Lo Spettacolo nasce da un testo di Massimo Carlotto, con le musiche e le canzoni di Yo Yo Mundi (Paolo Enrico Archetti Maestri alla voce e chitarre, Andrea Cavalieri al basso elettrico, ukulele, clarinetto, chitarra e voce, Eugenio Merico alla batteria, Dario Mecca Aleina ai suoni e sintetizzatori) e Maurizio Camardi (Sassofoni, duduk, tin whistle), la regia di Velia Mantegazza. Il lavoro, prodotto da Valter Colle, con la produzione artistica di Paolo Enrico Archetti Maestri e Dario Mecca Aleina, contiene un corposo libretto di cinquanta pagine con cover e illustrazioni di Ivano A. Antonazzo, uno scritto inedito di Massimo Carlotto e il racconto Tavolicci di una storia terribile – la strage avvenuta in Romagna, dove vennero trucidate 64 persone, di cui 19 sotto i 10 anni, dal IV Battaglione di volontari di polizia italo-tedesca – con le tavole illustrate da Tinin Mantegazza. La narrazione di Carlotto inizia con “è sempre 25 aprile” con suoni soffusi di duduk ed elettronica che ci portano a “Il silenzio che si sente” (“Siamo il tempo malato che contagia il mondo, il tempo avvelenato che uccide il mondo, siamo i lampi che illuminano le anime innocenti, siamo l'eco di queste montagne”), brano molto orecchiabile con la voce di Archetti Maestri che si intreccia con quelle di Chiara Giacobbe e Daniela Tusa, sopra un tappetto di chitarra acustica, sax e sintetizzatori. “Krak Karmir” è un intervento parlato che anticipa “Viva la Quinta Brigada” (“Sanguinavano anche gli Ulivi, la battaglia incendiava Madrid, verità contro la forza del male, fratellanza contro l'odio che sale”) scritta da Christy Moore e proposta in una veste “irish” con tin whistle, banjo e ukulele. “6 aprile 44” lascia spazio alle intense voci di Lalli e Archetti in "Aironi” (“Vedono i deportati stipati nei vagoni, stanno in bilico sulla fune, le colombe, danno l'olio alle ali, il la alle trombe”), cullate dall'arpeggio di chitarra elettrica, synth e sax. Il sottofondo cupo di “C'è una foto che continuo a guardare” ci guida verso “Sei che vai su” (Nei boschi della Benedicta) dove la solida ritmica e le pennellate del sax sottolineano le significative parole ("Sei nel solco di un libro ad ogni pagina il testo sbiadito, scolpito sulla tua schiena, nel soffio che ti solleva ed agita appena le chiome dei fogli, sei la parte che ti scegli"). “Dalle belle città” è un breve frammento narrativo con l'accenno all'omonima canzone, nota anche con il titolo “I ribelli della montagna”, invece “Missak Manouchian” è uno strumentale firmato da Camardi con arpeggio di chitarra acustica, sax e percussioni. Delicata e toccante “Elide” (Girotondo a Montesole) con i ricami di chitarra classica, flauto armonico, elettronica e sax (“Ecco il vuoto di sangue e di braccia, di tradimenti, d'ombre tagliate, c'è il mondo perduto, che stava esplodendo, pioggia di piume, ali spezzate, Elide ascolta, non hai colpa alcuna, nell'onda di carne, sei rimasta viva”), basso, batteria, chitarra elettrica accompagnano il sax tenore nello strumentale “En fuyant la lumière du jour” (sempre scritto da Camardi). Cruda, sarcastica e macchiata di elettrico, con l'intervento vocale di Alice Cavalieri è “Partigiani sempre” (“Disse un paesano ad un maiale: Che guaio sti fasci m'han preso il pollaio ed il maiale rispose al padrone: Pensa che a me, m'han rubato anche il nome”). L'ultimo frammento narrativo, “Nino Pedretti”, ci porta al finale vitale e trascinante con “La storia e la memoria” (“La storia e la memoria si intrecciano le dita, gli sguardi naufragati nei nostri sogni appena nati, prendere o lasciare, mai dimenticare, resistere e lottare, costruire immaginare”).
Ancora una volta la band piemontese lascia il segno con un lavoro di forte impegno civile, che da sempre contraddistingue il loro cammino. Si sente la cura nella ricerca storica e in quella musicale, dove ogni brano viene valorizzato al meglio. La scrittura poetica è sempre ispirata e in vari passaggi per l'ascoltatore non sarà facile trattenere la commozione. Visti i tempi barbari, sempre più neri, opere come queste risultano quanto mai attuali e necessarie, perché come direbbero i fratelli maggiori dei Gang: Ma il sangue nostro versato, è quello che inizia la terra, nell'ora della promessa, ora e sempre Resistenza.
Marco Sonaglia
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