Pubblicato in modo indipendente e solo come CD in Brasile nel 1993, l’album “Olho de Peixe” torna rimasterizzato nelle piattaforme musicali a ricordarci il magico incontro fra la voce e le chitarre di Lenine e il pandeiro e le percussioni di Marcos Suzano.
“Di solito non ascolto un album dopo averlo realizzato. Questo l'ho ascoltato ora per vedere come è venuta la rimasterizzazione (realizzata dal figlio, Bruno Giorgi, ndr). Alcune cose le ho ascoltate con difficoltà, la mia voce, il modo in cui cantavo. Mi fa strano.”, ha commentato con umiltà e autoironia Lenine. È prevista anche la versione in vinile a settembre, mentre a giugno viene presentato il libro con gli spartiti di tutte le canzoni curato da Yuri Pimentel che ne ha fatto l’argomento della sua tesi magistrale. Cresciuto a Recife, nel 1977 un concerto di Gilberto Gil aveva convinto Lenine, diciottenne, a trasferirsi a Rio de Janeiro per provare a vivere di musica. Quattro anni più tardi canta la sua “Prova de Fogo” nel festival MPB 81 della TV Globo. Con Ivan Santos presero ad abitare a “Casa 9” di Botafogo, un hotel che accoglieva artisti e poeti, soprattutto di Recife e Paraíba: fra gli altri Bráulio Tavares, Alex Madureira, i compositori Zé Rocha, Fuba, Pedro Osmar. Avevano una sana abitudine: riunirsi la sera e raccontarsi a vicenda la propria giornata, in versi. Nel 1982, Lenine e Lula Queiroga convogliarono quella poesia e lo spirito rock pernambucano nell’LP “Baque solto”, tanto apprezzato, quanto flop commerciale, pur realizzato con la Philips con Roberto Menescal come direttore artistico.
(https://www.youtube.com/watch?v=iRjySBJACOk)
Lenine capì la lezione e si dedicò a comporre, lasciando per dieci anni che fossero altri ad incidere le sue canzoni, da Zizi Possi a Elba Ramalho a Daúde.
Lo iato con il disco seguente “Olho do Peixe” fu di dieci anni. Sul piano compositivo. l’album riprende la collaborazione con Lula Queiroga con cui realizza “O Último Pôr do Sol”. Già da qualche anno, questo brano lo stava accompagnando ed era entrato nel repertorio condiviso con Marcos Suzano. Altra collaborazione decisiva – per brani come “O Que é Bonito” e “Acredite ou Não” – è quella con Bráulio Tavares, che spiegava qualche tempo fa: “Avendo background diversi, ci piace iniziare a comporre condividendo un'idea visiva o teatrale, come se la musica fosse un fumetto, un cortometraggio o una narrazione di fantascienza. Ci aiuta ad aprire finestre mentali veicolate da un universo non musicale”. Con Tavares Lenine ha composto anche “Caribenha Nação/Tuaregue e Nagô”, finita poi nel repertorio di altre interpreti come Monica Salmaso. Se, altrove, le fonti di ispirazione possono essere le scienze della terra, la botanica, qui è la storia a generare la narrazione: “Quando il greco attraversò Gibilterra/Dove anche l’uomo nero navigò/Il beduino salpò da Dakar/E anche il vichingo si gettò/Un’isola in mezzo al mare/Era la rotta del navigatore:/Fortezza, taverna e frutteto/In un paese di Tuareg e Nagô”. Volutamente, come in certi brani di Zé Ramalho, le tappe sono mischiate a decostruire il discorso espositivo della storia, a favore di una composizione epica e ancestrale del meticciato sospinta dall’ennesima variazione sul ritmo maracatu. Un decennio dopo, sarà ancora fra i brani al centro della narrazione di Lenine, in un disco che ne sancisce anche la fama, registrato in trio (con Yusa e Ramiro Musotto) a Parigi a fine aprile del 2004 (dopo tre dischi da solista, “O Dia em que Faremos Contato”, 1977, “Na pressão”, 1999 e “Falange Canibal”, 2002). Lenine e Suzano si erano conosciuti tramite un amico comune, Paulo Muylaert, stabilendo un’ottima intesa che produsse un primo lavoro per TV Manchete, il brano “As Voltas que o Mundo Dá” per la soap “Ana Raio & Zé Trovão” (1990). Per gli undici brani che incisero nell’album in comune li aiutò l’amico Denilson Campos che aveva a disposizione alcune ore per registrare in uno studio di Rio. “È stato fantastico, se non ci avesse aiutato lui, sarebbe stato molto più difficile", ricorda il percussionista. Gli fa eco Lenine: “Abbiamo occupato i fine settimana, perché volevamo immergerci intensamente in quelle musiche, dalle sei di sera del venerdì fino al lunedì mattina".
Il missaggio avvenne a New York e la distribuzione venne affidata all'etichetta Velas, di Ivan Lins e altri due soci. Se ne accorsero anche all'estero, con partecipazioni a festival in Germania, Spagna e Francia, e un tour di quattro settimane in Giappone. Alcuni di questi brani sono rimasti nel repertorio dal vivo di Lenine fino ad oggi. Con Denilson Campos il duo realizzò arrangiamenti inediti nel fondere voce, chitarra e percussioni, con Suzano che ha segnato un nuovo modo di suonare il pandeiro, trasformandolo in una batteria completa, capace di veicolare qualsiasi ritmo. “Continuo ad ascoltare l'influenza di quest'opera riverberarsi fino ai giorni nostri. È incredibile come molti musicisti della nuova generazione, tra i 20 e i 30 anni, considerino ‘Olho de Peixe’ come uno spartiacque e un faro”, commenta Marcos Suzano. Anche Lenine resta soddisfatto del disco “di come è stato realizzato, dell'intero processo, del modo in cui abbiamo condiviso cose apparentemente distinte. Lui, come percussionista, era un armonizzatore e io, alla parte armonica, ero un percussionista con la chitarra. Questo ci ha offerto una dicotomia molto vantaggiosa, come fosse un incontro di capoeira. Suzano, da percussionista armonizzava il disco e io, dal lato armonico, offrivo un chitarrismo ‘percussivo’, se così si può definire”. Il resto dalla magia lo si deve alle collaborazioni sul versante compositivo, alle pratiche di poesia condivisa con Bráulio Tavares (“Miragem do Porto”), Lula Queiroga (“Escrúpulo”), Paulo César Pinheiro (“Leão do Norte”), Dudu Falcão (“Gandaia das Ondas/Pedra e Areia), Ivan Santos (“Mais Além”, a otto mani con Lenine, Bráulio Tavares e Lula Queiroga).
Per Lenine, l’album è la pietra miliare della sua carriera musicale proprio perché è stato il punto di partenza come produttore. “Il mio approccio come compositore è completamente diverso da quello che ho come interprete, come cantante e musicista. Alcune delle cose che produco non fanno per me e ‘Olho de Peixe’ è stata la mia redenzione come interprete. Ho capito che tipo di musica potevo cantare. Più che altro, sono diventato un artigiano del suono. Questo è stato il mio punto di partenza come produttore; dopo ‘Olho de Peixe’ ho iniziato a produrre i miei dischi, a trovare l'autonomia per produrre con il mio approccio. Non volevo accontentare nessuno, se non me stesso e chi mi stava vicino”.
Alessio Surian
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