Giovanni Truppi – Infinite possibilità per esseri finiti (Virgin Music LAS/ Universal Music Italia, 2023)

Ci sono voluti quattro anni per ascoltare un album di inediti di Giovanni Truppi, perché la sua pubblicazione più recente è l’antologia “Tutto l’universo”, nella quale ha raccolto il frutto della sua carriera e soprattutto ha inserito il piccolo gioiello “Tuo padre, mia madre, Lucia”, con cui ha partecipato al Festival di Sanremo. Lì, gli amanti della canzone d’autore hanno gioito e respirato, ma c’era molta attesa di scoprire cosa di nuovo avrebbe potuto proporre Truppi, perché se qualcosa lo distingue da molti altri artisti è proprio la capacità di sorprendere, di immaginare un modo suo, sempre diverso, di raccontare. Sembra che ancora una volta sia riuscito nell’intenzione, soprattutto sembra riuscito a ritrasmettere, a chi ascolta, la sua visione non solo del mondo che gli appartiene e che vive, ma anche del suo ruolo all’interno di quello stesso mondo. Lo dice il titolo stesso dell’album: esistono infinite possibilità per esseri finiti; esseri finiti come sono gli esseri umani, che, lo si sa bene, hanno veramente infinite possibilità di condurre la propria vita, per quanto circoscritta e inesorabilmente a termine. Giovanni Truppi ci presenta uno spicchio della sua; lo fa mostrando candidamente i suoi pensieri, i suoi dubbi di privilegiato, la sua etica della responsabilità civile e politica; e lo fa mostrando anche il mondo che lo circonda, l’ambiente in cui idee, bisogni, desideri si formano, vivono, resistono, si arrendono, si fermano nella sua testa e nel suo cuore. È un ambiente cittadino, che si sposta dalla periferia di Roma (Centocelle, per chi frequenta la città) e Bologna: uno o più spazi che vivono questo tempo specifico, con le sue contraddizioni ed esigenze. Ecco quindi che le tracce del disco, pur potendo vivere serenamente e singolarmente, si snodano come in un flusso di coscienza; qualcuno ha già notato che sembra quasi trattarsi di una lunga suite dove l’autore sperimenta vari linguaggi, soprattutto musicali. Un riconoscimento va perciò dato ai produttori Marco Buccelli e Niccolò Contessa, che propongono sperimentazioni di suoni, magari non consueti in Truppi, e molti soundscape, che si accompagnano ad un utilizzo rafforzato dello spoken word, all’artista napoletano particolarmente congeniale. Questa suite si muove quindi tra linguaggi musicali e letterari diversi, attraversando la tradizione più classica dei cantautori, fino a saggiare l’hip hop. C’è da segnalare in particolare la traccia “Camminando per via Indipendenza un sabato sera ascoltando la nuova canzone dei fratelli Eno”, rivisitazione del pezzo strumentale di Roger e Brian Eno “Blonde.” Ma per tornare alla nostra “suite”, va ricordato che questo passaggio di tempo e di spazio autobiografico è però anche e soprattutto racconto di tempo e di spazio universali: attraverso la storia di Giovanni c’è la storia di una generazione urbana e di una crisi di inizio secolo molto italiana; una crisi, si badi bene, non solo economica, politica e sociale, ma anche individuale, filosofica potremmo dire, intima, che riguarda nell’insieme proprio il mestiere di vivere. Truppi è talmente convinto di voler raccontare chiaramente qualcosa, da aver completato questo disco con un podcast, ascoltabile nelle piattaforme, dove finisce per spiegare non solo l’album, non solo i messaggi che in esso ha voluto racchiudere, ma anche tutto quello che dentro non poteva andare. Sono podcast molto originali e interessanti e raccontano anche molto di Giovanni Truppi, senza che lo stesso Truppi parli troppo. Ma lo spiega molto bene l’amica del cuore nel primo di questi audio: “Tu non è vero che non parli molto: non parli sempre, che è diverso”. E quando decide di parlare, infatti, lo fa eccome; lo fa per esempio in maniera perfetta e magistrale, quando spiega come, mentre cercava e inseguiva la “Felicità”, non ha vissuto, o meglio, non si è accorto della vita (la sua e degli altri, gatto compreso) che nel frattempo gli scorreva intorno. È una sensazione che forse abbiamo provato tutti: è il momento della vita che, una volta archiviato, manda tutti verso altre ricerche (e magari nuove illusioni). È davvero difficile, comunque, racchiudere in poche parole il senso e i sensi di questo album, che è soprattutto un grande contenitore di domande e dubbi. Segna chiaramente un passaggio e l’esigenza di fermarlo, perché si sa che quando domande, dubbi, speranze che non si arrendono, cambiamenti che ci preoccupano, nostalgie, rimpianti, impegni e disimpegni si presentano e si affacciano infiniti, abbiamo bisogno di metterli in scaffali, in barattoli, dar loro un ordine, renderli “finiti” come noi (anche se poi rimangono sempre angoli bui e polverosi, nella nostra “casa”, che non visitiamo mai). Uno dei modi di farlo, per vincere la paura di vivere, è l’arte e forse l’uomo non ha trovato niente di meglio; sicuramente l’arte è il modo felice (l’aggettivo non è casuale) scelto da Giovanni Truppi. Un album di cui si consiglia fortissimamente l’ascolto. 


Elisabetta Malantrucco

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