Elina Duni Quartet – A Time to Remember (ECM, 2023)

Elina Duni ha dato vita al suo quartetto nel 2005, con Colin Vallon al piano, Bänz Oester o Patrice Moret al basso e Norbert Pfammatter alla batteria, con un repertorio in grado di muoversi fra temi balcanici e jazz. Sei anni fa la svolta: la collaborazione con il chitarrista Rob Luft e con Matthieu Michel al flicorno e Fred Thomas al piano, e alle percussioni. Ottimo il risultato, quel “Lost Ships” (2020), il cui repertorio funziona perfettamente anche dal vivo, sia come duo chitarra e voce (e percussioni), come mostrato recentemente a Mira.  Il gioco, con “A Time to Remember”, potrebbe essere quello di trovare gli elementi di continuità e discontinuità con “Lost Ships”, protagonista la stessa formazione, con Luft, Michel e Thomas. Ma forse il gioco non vale la candela perché, in fondo, anche questa impeccabile produzione ECM è pienamente riuscita proprio perché tiene in mirabile tensione identità e cambiamenti, forte di un gruppo i cui membri hanno imparato a conoscersi e a dialogare anche a livello intimo, mostrando sempre la giusta miscela di rispetto e curiosità reciproca. Elina Duni sostiene che questo album “sia un riflesso della nostra passione condivisa per la narrazione musicale, aldilà dei generi e dei linguaggi. Dopo diversi anni di tournée insieme, questa formazione, un po’ anticonvenzionale, ora si trova a suo agio e abita il proprio singolare mondo sonoro. È anche l'album più cinematografico che ho realizzato finora, con ogni canzone che suggerisce un film diverso. Trae ispirazione dal nostro variegato repertorio multilingue di canzoni popolari tradizionali”. Le prime tre canzoni propongono altrettante lingue, cominciando col francese di “Évasion”, per continuare con l’albanese di “Hape Derën” e l’inglese di “A Time to Remember”. I versi del brano di apertura, “Évasion” sono tratti dall’omonima poesia della poetessa belga-israeliana Esther Granek e sono stati musicati da Elina e Rob, così come quattro altri brani originali. Il quartetto sottolinea nelle parole una marcata malinconia, con chitarra, pianoforte e flicorno a suggerire un flusso e riflusso ondivago, il ritmo delle maree evocato dai versi di Esther Granek. Come avevano condiviso anche nei concerti dal vivo, parte del nuovo repertorio fa riferimento al Mar Rosso, al deserto e alla relazione con la natura legati al periodo che durante il lockdown Duni e Luft hanno trascorso nel deserto del Sinai. Elina Duni riassume così gli anni trascorsi dal precedente lavoro discografico: “Hanno provocato qualcosa di più intimo: è stato un periodo di introspezione per molti. Inoltre, il disco attinge anche alla nostalgia, includendo musiche, come la canzone albanese “Mallëngjimi”, che letteralmente si traduce proprio con ‘nostalgia’, o come “I’ll Be Seeing You”. C’è stata la volontà di andare all’essenza delle cose, delle canzoni scelte, rivelando qualcosa di spoglio che sembra riecheggiare il deserto del Sinai”. Un incedere pacato e profondo, ma sempre capace di un sentito lirismo, così come di cambi di passo, più danzanti nei brani ispirati alla tradizione albanese (“E Vogël”, Mora Testinë”), sapientemente introspettivi anche nel confronto con classici come “Send in the Clowns”. 


Alessio Surian

Posta un commento

Nuova Vecchia