Dislocando la tammorriata: musica e politica del corpo dai sagrati alle arene glocal nell’area Napoletana

 Tammurriata: il tamburo, la danza e il canto.
La tammorra, come ogni tamburo a cornice, è costituita da una cornice di legno circolare su cui si tende una pelle di capra. Se adesso si vedono tamburi con sistemi meccanici di accordatura, l’unico modo per tendere la pelle della tammorra è quello di riscaldare il tamburo su fonti di calore, così come la pelle viene inumidita se è necessaria afflosciarla.
Le cornici circolari di legno hanno da sei a dieci fori, più uno per l'impugnatura. Il numero dei fori dipende dalle dimensioni della tammorra e dalla profondità di suono che il musicista vuole ottenere. Qui etteranno i cembali, ricavati dal taglio di scatole di latta.  Ogni musicista cambia la disposizione, il numero e la forma di questi cembali, a seconda della sonorità che si vuole ottenere. Si può avere unaa tammorra muta, molto simile all'irlandese bodhran, o tammorre cariche di cembali come il pandeiro8 brasiliano. Il parente più stretto sembra essere il bendir 9 della cultura araba. La tecnica utilizzata per suonare la tammorra è complessa, nonostante le apparenze. Il musicista maneggia la tammorra con la mano sinistra e percuote la pelle con la destra. Questo modo di giocare è chiamato "modo maschile", mentre la presa con la destra è chiamata “modo femminile”.10 La mano che impugna la tammorra ha un movimento costante del polso; l'altra mano alterna i battiti al centro della pelle per un suono pieno con colpi sulla pelle vicino al bordo per un suono metallico. Inoltre, usare la punta delle dita, il palmo pieno o giri completi della mano fanno parte delle abilità tecniche del musicista. Così come ogni tammorra ha il suo suono, ogni suonatore ha il suo proprio stile.
Le figure ritmiche della tammurriata sono esclusivamente binarie, solitamente in 4/4, e questo fatto costituisce una differenza importante con un altro ballo popolare locale tarantella, che è più veloce e si compone di diverse scansioni (terzine), solitamente in 6/8.11 Altra differenza è il momento coreografico: la tammurriata è un ballo di coppia,
mentre la tarantella è un ballo unico o processionale. Questo può ancora essere visto in due borghi non lontani da Napoli, Piazza di Pandola e, soprattutto, Montemarano, durante carnevale.12 Ma la differenza maggiore sta nella dimensione sociale: la tammurriata è un prodotto delle classi sociali subalterne contadine. La tarantella può avere la stessa origine remota, ma si è sviluppata in classi sociale urbana ed egemonica. Un esempio famoso è quello del litografo Giovan Battista Gatti e l'incisore Gaetano Dura. Nel 1834 stamparono un libro, Tarantella– Ballo Napolitano, in cui illustrarono e codificarono i passi della tarantella ad uso della corte napoletana. Sul ritmo binario del tamburo e sulla proposta del canto, inizia la danza. Qualcuno afferra le castagnette (nacchere) 13 e batte il tempo. Le danze iniziano rimanendo fermi, con un solo movimento circolare del polso e della mano, verso il dentro, poi verso l'esterno, prima in basso, poi in alto. Una volta iniziato questo ritmo pulsante, chi vuole ballare cerca un partner. Si forma la coppia, uomo/donna, uomo/uomo, donna/donna, indipendentemente dall’età... e la danza ha inizio. Nella prima fase, la coppia è distante e vengono eseguiti pochissimi movimenti, quasi esclusivamente con le braccia. Questa distanza è ridotta con movimenti circolari quando uno dei due assume un comportamento più aggressivo e inizia ad avvicinarsi all'altro partner. Questo comportamento può essere un   corteggiamento o una sfida. Il partner può rifiutare ritirandosi o può accettare il corteggiamento o il duello. Questa fase culmina nella cosiddetta votata, sottolineata da colpi di tamburo molto forti. In questa fase i due ballerini sono ormai molto vicini e i loro corpi si toccano in varie configurazioni: fianco contro fianco, ginocchia e spalle, schiena contro schiena. Questo è un momento di sospensione temporale. La tammorra sottolinea il battere, la voce canta una nota estesa con andamento melismatico o aggiunge brevi e sempre ritmiche testi a ritmo, seguendo il movimento dei ballerini. Si girano, attaccati. Si intrecciano ginocchia, braccia o, schiena contro schiena, testa contro spalla. Quando la votata è finito, la coppia allunga la distanza, pronta a ricominciare.
È importante notare che esistono molte varietà geografiche della tammurriata. Un elenco incompleto potrebbe includere: la paganese, che prevede più saltelli ed è quindi simile alla tarantella; l'avvocata, suonata con un gran numero di tammorre; la scafatese, forse la più popolare variazione, con movimenti morbidi e fluidi, molto sensuale; e, infine, la giuglianese, più energica e aggressiva. Infatti, se la ammurriata in genere può è vista come una danza di corteggiamento, la giuglianese ricorda più un duello. In passato, una specifica tammurriata veniva eseguita solo durante lo specifico pellegrinaggio e per la specifica divinità; oggigiorno ogni santuario è teatro delle varie tammurriate. Questo è forse non solo un segno di indebolita devozione, ma anche di una migliore circolazione culturale. I confini territoriali stanno diventando malleabili e negoziabili. I ballerini possono ancora suggerire distinzioni locali, suggerendo una negoziazione di identità, come suggerito da Reed (1988), Taylor (1998) e Wulff (2007).14 Ma ora imparano più di uno stile, un chiaro segno del declino di una tradizione vincolata 15. J.C., ballerino di Scafati, chiarisce questo punto:
Quann’ere guagliona ieveme sul’a Maronn’e ll’Arco. Abbiaveme a balla’ ‘ncopp’o carro e steveme semp’abballa’. Sule quanne evem’a trasi’ rint’a chiesa ce fermaveme ...chille e’ prievete nun vulevene .... Mo iamm’a tutt’e parte, chille po’ a Maronna e’ semp’a stessa. E po’ che fa.... A nuie ce piace abballa’.

Quando ero giovane andavamo a Madonna dell’Arco. Cominciavamo a ballare sul carro e ballavamo sempre. Solo quando dovevamo entrare in chiesa ci fermavamo …. I preti non volevano … Mo andiamo dappertutto, in fondo la Madonna è sempre la stessa. E poi che importa, a noi piace ballare.
La tammurriata, diversamente dalla tarantella, aspetta sempre un canto, che appartenga al repertorio tradizionale, non molto diverso da quanto riportato da alcuni dei grandi positivisti di fine Ottocento. Studiosi come Gaetano Amalfi, Antonio Borrelli e il giovane Benedetto Croce erano preoccupati la possibile scomparsa delle tammurriate così hanno ricercato e pubblicato i testi di tammurriate nelle loro raccolte e nei molti articoli su riviste come “Giambattista Basile”, pubblicato a Napoli (1882-1906) e diretto da Luigi Molinaro del Chiaro. Le liriche erano e sono organizzate in quartine di endecasillabi, denominate stroppole, dal punto di vista del contenuto logico del testo. Ecco un esempio:
Bella figliola che te chiamme Rosa
Che belle nomme mammete t’’a mise
T’a mis’’o nomme re tutte li rose
‘o meglie fiore che sta ‘nparadise
In realtà si cantano in modo diverso: in distico, con una struttura musicale che si ferma alla fine della seconda riga. Faccio questo esempio, citando Roberto De Simone (1979) con il primo distico, che può essere cantato:
1- Ripetendo entrambi i versi
Bella figliola che te chiamme Rosa
Che belle nomme mammete t' 'a mise

2- Ripetendo il primo verso
Bella figliola che te chiamme Rosa
Bella figliola che te chiamme Rosa

3- Interrompendo i versi, in genere il secondo, e con l'aggiunta di brevi frasi stereotipate
Bella figliola che te chiamme Rosa
Che belle nomme mammete e vo' veni' e ghiamme ia'
Che belle nomme mammete t''a mise
Spesso il cantante esegue queste frasi stereotipate dopo la cadenza melismatica della votata. Solitamente hanno contenuto ironico e significato sessuale come “Chella vo’ fa’ vo’ fa’ vo’ fa’” (Vuole farlo), “O’ piglia ‘n mano ‘o votta ‘n terra” (lo prende in mano e lo getta a terra). Altre volte, può usare espressioni libere come “Ue’ Maro’, Maro’, Maro’”, o anche suoni che imitano animali come il raglio del mulo, l'abbaiare del cane, ecc.
Gli etnomusicologi hanno discusso sulla libertà espressiva e la capacità di improvvisazione del cantante. L'improvvisazione sembra non essere praticata molto, ma sicuramente la variazione esiste. Nel circolo delle tammurriate, non ho mai sentito una creazione ex novo di un testo. Ho sentito cantanti con la capacità di arrangiare più o meno stroppole, provenienti da una comune enciclopedia. Un buon cantante conoscerà molte stroppole. È quello che Diego Carpitella chiama “organizzazione modulare del canto”.16
Secondo Biagio, un altro giovane informatore:
I’ sacce nu sacch’e stroppole, pure Marco, e Tatonno! Ma nun ce stanne sante, nun puo’ sape’ tutt’e stroppole. O’ meglio cantante ne po’ sape’ tutte ma mancante una. Sul’o riavule e’ sape tutte quante.
Io conosco un sacco di strofe, anche Marco o Antonio. Ma non ci sono santi, non puoi conoscerle tutte. Il miglior cantante ne saprà tutte tranne una. Solo il diavolo le può conoscere tutte.
Tammurriata come Preghiera
Come detto, la tammurriata veniva ed è tuttora eseguita durante una specifica serie di eventi religiosi nel napoletano. Questo ciclo festivo inizia con la già nominata Madonna dell'Arco, forse la più importante delle feste popolari religiose della Campania, durante il lunedì di Pasquetta a Sant’Anastasia. Altri pellegrinaggi legati alla tammurriata comprendono quelle ai santuari di Santa Maria al Monte a Nocera Inferiore (martedì di Pasqua), Madonna di Castello a Somma Vesuviana (sabato dopo Pasqua), Madonna di Villa di Briano (domenica dopo Pasqua) a Villa di Briano, Madonna delle Galline a Pagani (lo stesso giorno), Materdomini a Nocera Inferiore, Madonna dei Bagni a Scafati, Madonna Avvocata a Maiori, Madonna della Neve a Torre Annunziata, per tradizione che si concluderà il 12 settembre con il pellegrinaggio alla Madonna di Montevergine, a Montevergine, detta in dialetto ‘a juta (il viaggio) o ‘a sagliuta (la salita). Un altro pellegrinaggio è la grande festa al santuario di Sant’Anna in Lettere, che indirettamente appartiene al ciclo della Madonna, essendo dedicata alla madre di Maria, Sant'Anna. Da notare un altro pellegrinaggio alla Madonna di Montevergine, decisamente più selettivo il 2 febbraio la cosiddetta Candelora.17
La tammurriata come forma di preghiera, indissolubilmente legata al cerimoniale e tempi rituali di queste specifiche feste cattoliche, può essere visto come una forma di ciò che Robert Orsi (1985, 1993, 1995) chiama “religione di strada”18 suggerendo una distanza dalla religione ufficiale.Molto spesso il clero si oppone a queste performance, etichettandoli come “pagane”. Questa differenza viene riassunta nella posizione emblematica di Carlo Levi (1945,102): “nel mondo dei contadini non c’è posto per la ragione, per la religione e per la storia. Non c’è posto per la religione appunto perchè tutto partecipa della divinita’, perchè tutto è, realmente e non simbolicamente, divino, il cielo come gli animali, Cristo come la capra. Tutto è magia naturale. Anche le cerimonie della chiesa rientrano nei riti pagani, celebratori della indifferenziata esistenza delle cose, degli infiniti terrestri dei del villaggio.
La prospettiva suggerita da Levi ruota intorno a quattro concetti principali: a) il segno “irrazionale” e magico di una religione fondamentalmente primitiva; b) l’antichità, privilegiando l'idea di “reliquia”, cioè una forma di ottocentesco survivalismo folcloristico (Hodgen, 1936); c) il carattere sincretico della religione subalterna, combinazione tra il cattolicesimo e le religioni precedenti; d) il rapporto familistico con il divino, basato su scambi pragmatici: “il meridionale istituì una consuetudine di fare ogni sorta di trattativa aperta con i santi o con la Madonna” (Primeggia 2000,
83).19 Inoltre, seguendo le indicazioni di Antonio Gramsci (1929-1935), il folklore (quindi la religione popolare) si contrappone a quello ufficiale, dominante, ed egemonica cultura (e religione) per la sua posizione nella dinamica sociale, ma sono entrambi definiti da questa dialettica. In questa tensione dialettica, non a caso è ben diversa l'idea di preghiera: l'espressione formalizzata della devozione, imposta dalle gerarchie della Chiesa, è lontano dal momento individuale di contatto con Dio. In questa dialettica, danza e musica sono considerati peccato dai sacerdoti, mentre sono un modo di pregare dal punto di vista dei credenti.20

Il cerchio
La tammurriata contiene un simbolo costante: il cerchio, una figura continuamente proposta e riproposta. È un cerchio che le mani dei ballerini descrivono, ed è un cerchio che i passi dei danzatori disegneranno a terra. E la performance si svolge anche all'interno di un cerchio, fatto dagli spettatori per delineare lo spazio rituale del canto e della danza. Il pellegrinaggio stesso, come rito, coinvolge la circolarità. È un viaggio di andata e ritorno, anno dopo anno. 
La tammurriata nella sua complessità implica un perpetuo ritorno. Questo è una delle sue funzioni, l'evocazione dell'immortalità attraverso la scansione ciclica della festa. Sarebbe interessante analizzare meglio l'ipotesi dell'organizzazione circolare del tempo nel subalterno meridionale italiano classi. Ma qui basta dire che bisognerà attendere il ritorno della ricorrenza festiva l'anno successivo, per chiudere il cerchio e ricominciare: un'attesa da quello che possiamo chiamare tempo quotidiano in contrasto con quello che chiameremmo tempo festivo, donato dal Dio (nella tradizione cristiana dell'Antico Testamento) o comunque connesse alla divinità (ad esempio, in tutto il mondo greco-romano).
Con il primo colpo di tamburo inizia una temporalità effimera, come la definirebbe il filosofo Jean Francois Lyotard (1980), che continuerà fino all'ultimo suono dei piatti. Una temporalità dove l'inculturazione e la socializzazione (vedrete sempre bambini nelle tammurriate), la trasmissione di competenze e valori, le comunicazioni verso il dio e l'avvicinamento a lui diventano possibili, per una componente estatica che il sociologo Cazeneuve (1974) chiamerebbe depaysement, o effetto straniante. Nella tammurriata, l'hic et nunc non esiste: è una temporalità che accade su un meta- orizzonte storico. Questo è ciò che fa della tammurriata uno spettacolo imprescindibilmente estatico - nel suo significato etimologico di spostamento dell'anima.
Inoltre, bisogna ricordare che la tammurriata è anche una “sopravvivenza” delle danze del mondo greco e romano. Essa conserva i due movimenti fondamentali della cheironomia (l'importanza delle mani durante la danza) e del salto, presenti, ad esempio, nella danza dei satiri (sìkinnis). Venivano danzati all'interno del tempio, come la danza bacchica (con l'elevazione ritmica delle armi), eseguito dalle baccanti durante i riti della fertilità. Questi culti erano certamente diffusi nella zona, come dimostrano diversi reperti archeologici a Pompei ed Ercolano.
La danza ha, quindi, caratteristiche di preghiera come comunicazione a Dio, permettendo un contatto con Dio possibile solo al di fuori del tempo ordinario.
Ma soprattutto, gli stessi addetti ai lavori suggeriscono l'idea della tammurriata come preghiera.
Ad esempio: una volta a Pagani, durante la festa della Madonna delle Galline, erano tutti pronti per ballare, ma hanno aspettato che iniziasse il miglior ballerino. Quest'uomo non voleva ballare, come pochi giorni prima c'era stato un morto nella sua famiglia. Infine, dopo essere stato premuto dal gruppo decise di ballare dicendo: “Va buo’ ‘o faccio pecche’ aggi’ a pria’ a’ Maronna”, “Va bene, lo faccio perché ho bisogno di pregare la Madonna”. L'idea della tammurriata come preghiera è ulteriormente evidente nella peculiare struttura della rappresentazione e del suo verificarsi in prossimità del santuario.
Mentre ci si avvicina all'ingresso della chiesa e ancora di più quando arrivano i pellegrini più vicino all'icona della Madonna all'interno della chiesa, la tammurriata è spesso preceduta da un altro tipo di canto, il cosiddetto canto a figliola. È una canzone senza cadenza, dedicata alla fanciulla (figliola), cioè alla Madonna. Un tipico canto a figliola è “Chi è devote a Maronn’e ll’Arche” (“Chi è devoto alla Madonna dell’Arco”).  Inoltre, molti informatori riportano questa idea della tammurriata come modo per pregare la Madonna. 
Antonio E., anche uno dei cantori più influenti della zona, disse:
"Non puoi capire cosa significhi la tammurriata se non sei un contadino e se non hai la devozione per la Madonna. Le due cose stann'assieme. Se non sei contadino non puoi capire il rapporto con la terra, ma proprio quella che tocchi con le mani e con i piedi, non puoi capire quanto costa lavorare nei campi e quindi apprezzare il frutto di quello che fai. E se non hai la devozione per la Madonna non puoi capire che tutto questo è grazia di Dio. Che se ce l'hai è perché la Madonna lo vuole. E allora l'unica cosa che puoi fare è ringraziarla, col tuo lavoro e con le tue canzoni".
Per questo motivo tutti i gesti delle tammurriate ricordano i lavori dei campi, il prendere i frutti dagli alberi e lo zappare la terra. Quanne staie o' santuario e balli, quello che fai è pregare la Madonna. La tammurriata è la danza della terra.

G.C., informatore di Pagani, presso Napoli, esprime una simile interpretazione:
"‘A gente pensa che quanne stamm’a balla’ ce stamm’a diverti’. Chill'e' 'o vero' ce stamm'a diverti' ma nun e' sule cheste, stamm'o santuario, stamme vicin'a Maronna, stamme cherenne ‘e grazie o stamm’a ringrazia’ pe’ chille ch’amme avute. Pe' me e' na preghiera, ma no 'e chelle che m'agg'a batte 'npiette. A Maronn'o sape chelle che sto a fa'."
La gente pensa che quando balliamo ci stiamo divertendo. Si, ci stiamo divertendo ma non è solo questo, siamo al Santuario, stiamo vicino alla Madonna, stiamo chiedendo le grazie e stiamo ringraziando per quelle che abbiamo avuto. Per me è una preghiera, ma non quelle per cui si batte il peto. La Madonna sa cosa sto facendo.

L'idea di preghiera qui espressa dai danzatori è completamente diversa da quella suggerito dalla Chiesa cattolica, che si potrebbe dire “egemonizza” il culto e quindi il rituale. Questi diversi atteggiamenti significano solo che c’è un conflitto, una dinamica tra la prospettiva istituzionale del culto e l’approccio popolare allo stesso. In in altre parole, la separazione tra chiesa, dove si compie il rito ufficiale, e il cortile del santuario dove si svolgono le danze, non riguarda una distinzione tra profano e sacro, ma tra due diverse idee di sacro. E stabilisce anche il campo di battaglia tra il potere egemonico e la resistenza subalterna. Per esempio, le lotte tra i domenicani del santuario della Madonna dell'Arco e le associazioni religiose diffuse soprattutto nella periferia di Napoli riguardano la musica e la danza: negli ultimi vent'anni (ho partecipato per la prima volta a questo pellegrinaggio era nel 1988) vietarono progressivamente di eseguire il canto a figliola con le conseguente tammurriata, poi il canto a figliola stesso, poi il canto a figliola all'interno della chiesa, poi la tammurriata nelle immediate vicinanze del santuario. È un vero e proprio meccanismo metaforico dell'espulsione, in cui i chierici ufficiali inviavano ballerini e musicisti il più lontano possibile dalla chiesa, ammettendo solo i devoti ortodossi dentro. 

La Tammurriata lontano dal sagrato
Dislocare il folklore, come in questo caso la tammurriata, non era e non è cosa insolita.
Performance della tammurriata in diversi contesti e con diverse finalità, eseguiti spesso da artisti fuori dal peculiare scenario sociale della religione vernacolare, sono ben documentate almeno a partire dal XX secolo. 
I seguenti esempi possono sottolineare tale dislocazione: 21
  1. Negli Stati Uniti nel 1934 andò in scena uno delle prime dislocazioni della tammurriata). L'artista Gilda Mignonette eseguì una canzone chiamata Tammurriata Americana, prima a Napoli poi a New York City (spesso con il cantante italoamericano Farfariello). La canzone è stata scritta da Libero Bovio ed Ernesto Tagliaferri, noti autori di canzoni classiche napoletane. Gilda Mignonette era chiamata la “Regina degli Emigranti”. Dopo un esordio nel café-chantant di Napoli, si trasferisce nel 1924 a New York City e presto divenne una cantante internazionale di successo. La Tammurriata Americana musicalmente ha poco a che fare con una tradizione tammurriata ma suggerisce attraverso i suoi testi una miscela di napoletano ed elementi americani, per esempio, “Tammorre e sax, trummette e benge, chitarre e gezz” (“Tammorre e sax, tromba e banjo, chitarra e jazz”). EDivenne presto un successo internazionale.
  2. Un secondo momento di spostamento può essere esemplificato da Tammurriata Nera, scritta nel 1944 da E. A. Mario ed Edoardo Nicolardi ed eseguita da molti cantanti subito dopo la Seconda guerra mondiale, come Vera Nandi e Roberto Murolo. Renato Carusone (1982) la rese molto popolare negli anni '50. I testi raccontano la storia di una donna che ha partorito un bambino nero all'indomani della guerra. È interessante notare che uno dei versi è la traduzione in napoletano di una canzone americana, “Pistol Packing Mama” di Al Destro. Dice: “E levate ‘a pistuldà uè e levate ‘a pistuldà, e pisti pakin mama e levate ‘a pistuldà” (“Metti giù quella pistola, piccola, metti giù quella pistola. Pistola packin' mamma, metti giù quella pistola”). La canzone indica le lotte di una società che esce dalla guerra e il rapporto con l’esercito di liberazione.
  3. Negli anni '70, un movimento internazionale di revival della musica folk, che a sua volta suggeriva una forma di resistenza culturale, iniziava nel napoletano. Da un lato, l’opera dell'influente musicista Roberto De Simone, esibendosi con l’ensemble Nuova Compagnia di Canto Popolare, era più esteticamente e filologicamente orientata alla ricerca nel campo della musica popolare. Dall’altro, gruppi come E' Zezi, formati da lavoratori delle fabbriche automobilistiche della zona era direttamente coinvolto nell'interpretazione politica della musica popolare. Questa era la doppia anima di questa tradizione reinventata. In entrambi i casi, le tammurriate divenne una parte importante del loro repertorio.
  4. Infine, negli anni '90, un altro momento di dislocazione della tammuriata ha avuto luogo, questa volta adottando una prospettiva politica anti-global. La sezione successiva analizza la connessione specifica tra performance e impegno sociale, riconducendo la tammurriata a dimensione politica scenario e le successive trasformazioni.
Tammurriata come Resistenza
Nel bel mezzo dei disordini politici degli anni '70 e in quella tensione descritta in precedenza tra aspetti istituzionali e approcci popolari alla religione, divenne facile una dislocazione della tammurriata verso un significato diverso: non più una preghiera, ma strumento di resistenza culturale. Ciò diventa possibile grazie ad una peculiare e molto diffusa lettura delle influenti pagine di Gramsci, Osservazioni sul Folklore (1975, 188-190): “Il folklore va invece studiato come una “concezione del mondo e della vita” implicita in larga misura in determinati (nel tempo e nello spazio) strati della società e in opposizione (anche per lo più implicito, meccanico e oggettivo) al “ufficiale” del mondo (o in senso più ampio, le concezioni delle parti colte di storicamente determinate società) che si sono succedute nel processo storico.”
È chiaro che per Gramsci i gruppi subalterni hanno un carattere frammentario, incoerente, e concezione contraddittoria del mondo e della vita. Ma in quel particolare momento storico e contesto sociale era più strumentalmente interessante (o politicamente rilevante) sottolineare il folklore come opposizione alle classi dominanti, anche se “implicita, meccanica e oggettiva”. In altre parole, il folklore, per posizione e impostazione predefinita, è una forma di resistenza ed è rivoluzionario (vedi ad esempio Luigi Lombardi Satriani, 1974). Così la musica popolare, come la tammurriata, divenne letteralmente la colonna sonora di tutti i gruppi politici di sinistra.22 Per quanto semplicistico possa sembrare, questo è stata una parte fondamentale del processo di rinascita folklorica nella zona. È importante tenere presente che l'area circostante Napoli è stata il centro di un processo di industrializzazione veloce e traumatico a partire dal 1968 con il progetto della fabbrica di automobili AlfaSud a Pomigliano d'Arco. Il bisogno di lavoratori non qualificati viene soddisfatto con gli agricoltori locali. Quasi inevitabilmente, il processo di sindacalizzazione, così come le modalità delle comunicazioni politiche, utilizzavano forme culturali riconoscibili dai lavoratori locali. Come suggerito da Gammella (2009) la tammurriata era una delle queste forme, forse la più importante. Gruppi musicali come Gruppo Operaio E' Zezi, il Collettivo Nacchere Rosse e il Gruppo Folk d'Asilia erano formati, per lo più da lavoratori dell'AlfaSud. La loro musica è profondamente in debito con la musica popolare locale anche quando hanno prodotto nuove canzoni. In particolare, il primo lavoro del Gruppo Operaio E' Zezi si intitolava Tammurriata dell'AlfaSud (1976).23
Tuttavia, il legame con i pellegrinaggi non è andato perso. 
Come Marcello Colasurdo, un membro fondatore degli Zezi e ora un cantante folk professionista, ha detto: "Nuie faticaveme rint'a fabbica e magnaveme pane e politica. Ma i' nunn'agge mai perso nu pellegrinagge. La’ agge ‘mparate a canta’ e la’ torno, ogni volta. Comunista e' buono, 'a Maronna e' ll'arche e' pure pe' me. Noi lavoravamo nella fabbrica e mangiavamo pane e politica. Ma io non mi sono mai perso un pellegrinaggio. Là ho imparato a cantare e là torno, ogni volta. Comunista e buono, la Madonna dell’Arco è anche per me".
Un'analisi (anche se breve e superficiale) del periodo non è completa se non si prende in considerazione un altro aspetto del revival della musica popolare degli anni '70. La figura cardine di questo movimento fu Roberto De Simone, pianista di formazione classica e compositore. Nel 1967 fonda la “Nuova Compagnia di Canto Popolare”, senza dubbio il gruppo di musica folk più popolare dell'epoca. Roberto De Simone (1977), anch'egli coinvolto nel processo politico che ho descritto, ha suggerito un diverso percorso di rinascita della musica popolare più orientato al lavoro sul campo, alla ricerca e alla ri-elaborazione di musica tradizionale orale informata da elementi di diverse tradizioni che erano, più scritti, borghesi e colti. Il prodotto estetico era (ed è) a allo stesso tempo raffinato e popolare, di facile ascolto e complesso, politicamente orientato ma disponibile per tutti. Questo spiega  perché è durato nel tempo molto più di altre produzioni. Ancora oggi la “Nuova Compagnia di Canto Popolare”, anche senza Roberto De Simone, è ancora considerato un momento fondamentale della musica popolare.
Per l'economia di questo lavoro, è importante notare che i prodotti estetici di Roberto De Simone è sopravvissuto alle turbolenze politiche degli anni '70. In altre parole, se la tammurriata come resistenza non sopravvisse ai mutamenti sociali e politici riadattamento degli anni '80, il revival della musica popolare suggerito da Roberto De Simone è ancora molto influente per una nuova generazione, con una conseguenza importante: la tammurriata non ricadde in una sorta di oblio. 

La Glocal Tammurriata, o la Tammurriata come impegno politico 24
Alla fine dei disordini politici, all'incirca intorno alla metà degli anni '80, la tammurriata così come il folk revival più generale caddero nel disinteresse, anche se era ancora di interesse accademico e interessi di nicchia per gli appassionati. Dopo quasi un decennio di abbandono, un evento nella zona rilanciò l'interesse per questo tipo di spettacolo. A Napoli l'8 luglio 1994 si apre a Palazzo Reale in Piazza Plebiscito il 20° vertice del G7. I leader di Canada, Unione europea, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti si sono incontrati per discutere di economia, ambiente, lavoro, mestieri e altri argomenti. Contemporaneamente, l'etichetta discografica Novenove pubblica il CD "Cantanapoli Antifascista" (1994), che raccoglie dieci tra i più importanti gruppi napoletani in un assalto musicale al neofascismo. La band 99 Posse eseguì una canzone chiamata "G7". Queste le parole della prima strofa:
Ho fatto un sogno non era divertente
non mi è piaciuto per niente:
C'erano 7 persone sedute ad una tavola
in un pranzo da favola imbandito per
loro: E mangiavano, mangiavano,
Come dei PORCI.
Nello stesso CD i 99 Posse cantano “Sant’Antonio Sant’ Antonio / ‘o remico r’ ‘o demonio”(“Sant'Antonio, Sant'Antonio, il diavolo combattente”) in chiaro stile tammurriata. Ma aggiungendo “o demonio e’ ‘a polizia / Sant’ Anto’ portala via” (“il diavolo è la polizia / Sant'Antonio toglilo”) trascinarono la tammurriata fuori dal sagrato, la scenario abituale di questo genere di spettacoli, e lo spinse nei ghetti proletari di Napoli. In questo periodo, un'altra band napoletana, gli Almamegretta, pubblicò il CD Sanacore, contenente la canzone omonima, versione dub di una tammurriata molto popolare:
Io quanne me 'nzuraje ero guaglione
ue comm'era sapurita la mogliera
la primma notte che me ce cuccaje
ne a me venette ‘o friddo e a essa ‘a freva

Quando mi sposai ero giovane
E come era saporita la moglie
La prima notte che ci dormii insieme
A me venne freddo e a lei la febbre
Questi CD probabilmente sono stati l'esito più significativo e duraturo della lotta anti-movimento globale, il cui carattere spontaneo e destrutturato generalmente si esprime durante manifestazioni ed eventi organizzati attorno ai cosiddetti Centri Sociali, circoli sociali autopromossi da gruppi giovanili.25 A Napoli, Officina 99, un centro situato nel ghetto subalterno di Gianturco, fu il centro dei movimenti proletari giovanili. Diverse band come i già citati 99 Posse e Almamegretta, e artisti del calibro dei Bisca, Daniele Sepe e Speaker Cenzu hanno messo in scena il loro dissenso contro le istituzioni considerate oppressive ed egemoniche. Dubstep, rap, ma anche jazz, elettronica e nuova musica in genere si affiancavano alla musica folk proposta da gruppi storici. La tammurriata divenne ben presto lo strumento perfetto per esprimere il dissenso sociale contro la globalizzazione e il G7 di Napoli era il momento e lo scenario ideale per farlo. La tammurriata, ovviamente una produzione culturale peculiare della zona, quasi inevitabilmente viene usata come simbolo contro globalizzazione, evocando la dicotomia tra locale e globale. Eseguita in un nuovo modo, contaminato da altri generi musicali come l'hip hop o il dubstep, chiaramente mutuati da un contesto internazionale, la tammurriata divenne l'espressione della città come arena mondiale, in una prospettiva in cui il locale interagisce attivamente con un più ampio ambiente.
Questo ha prodotto una nuova generazione di osservatori curiosi, dilettanti ricercatori sul campo, nonché antropologi ed etnomusicologi qualificati, giovani proletari dei Centri Sociali, alla ricerca di modi alternativi di fare musica, ma che anche per una spiritualità diversa, cominciò a frequentare i pellegrinaggi e i rituali.
Luca D., neolaureato in sociologia mi ha detto: "Mi piace andare ai santuari per le feste. Non sono credente ma la spiritualità che si respira durante i pellegrinaggi è particolare. E poi quando partono i cerchi delle tammurriate... allora si avverte ancora di più. Per me è una botta di energia"

Dice Carmine P., giovane musicista napoletano di formazione classica:
"Per me andare alle tammurriate e' una boccata di aria fresca. E' una musica diversa, che sento mia. E mi piace il contesto, che si suoni per i pellegrinaggi, a meta' tra profano e scaro. Bello".

È importante notare che il quadro culturale e politico della fine degli anni '80 e '90 ha visto, da un lato, la crisi di vecchie formazioni politiche come i partiti politici e gruppi, e, dall'altro, lo scoppio delle tensioni sociali attorno al globale/locale dinamica. Se le prospettive globali erano oggetto di critiche da parte dei movimenti giovanili, le rivendicazioni per localismo, come quelli proposti dalla Lega Nord per l'Indipendenza della Padania in Nord Italia, erano considerati razzisti e profondamente offensivi. 26
Il Vertice del G7 tenutosi a Napoli nel 1994 fu dunque l'occasione per mettere in scena il dissenso allo stesso tempo contro la politica globale istituzionale e il crescente approccio localista
sulla base delle differenze etniche e razziali. La tammurriata era adatta a questo scopo perché presentava i seguenti tre aspetti fondamentali:
  1. è una pratica popolare locale immediatamente riconoscibile come napoletana. Ogni simbolo della tammurriata è peculiare di questa zona: la musica, la danza, il tamburo, il dialetto, anche il colore del tamburo, e il nastro delle nacchere; 
  2. ha una storia, anche se breve, come canzone di protesta, già usata per scopi politici che parlano a interessi non locali; 
  3. è una performance spirituale messa in atto all'interno di gruppi e quindi suggerendo il suo ruolo nella definizione dell'identità di gruppo, come continuamente mostrato durante i pellegrinaggi e feste religiose. Secondo Turino (2008: 111-120) è possibile chiamare gruppi come questi "coorti culturali": credenze politiche, oltre che religiose e attività che modellano i gruppi sociali. In questo caso, la fondamentale e condivisa abitudine è anche eseguire la tammurriata.
Questi tre aspetti, legati alla dimensione internazionale associata al Vertice G7, ha reso la tammurriata uno strumento utilissimo per l'agenda glocal espresso nei confronti delle istituzioni.

Finora è possibile vedere le seguenti dinamiche nell'espressione sociale della tammurriata:
  1. Tra diverse prospettive religiose: da un lato, quella ufficiale, con una lunga storia di proibizione egemonica, di espulsione e condanna; e, d'altra parte, un'espressione di ciò che ho chiamato (con Orsi) “religione delle strade”, con differenti (e controegemonici) simboli, manipolati da diversi officianti e che rappresentano diversi rapporti di potere. Ad esempio, il vero problema della danza non è se è peccaminosa o una diversa forma di preghiera, ma sull'autorità religiosa. È unaortodossia subalterna (credenza corretta) contrastante dialetticamente con quella ufficiale.
  2. Tra la tammurriata come preghiera e come strumento di resistenza: l'ho già detto, le tammurriate possono diventare uno strumento di politica resistente a causa dei loro sempre presenti aspetti contro-egemonici. Ma questo non rappresenta un momento di frattura o di distanza: per quanto possa sembrare contraddittorio, le tammurriate vengono eseguite durante i pellegrinaggi come durante gli scioperi dei lavoratori o il vertice del G7.
Tammurriate contemporanee: dall’ortodossia all’ortoprassi
Dopo questo periodo caratterizza dalle proteste contro il G7 - in termini di resistenza culturale glocale – si è visto un aumentato interesse verso questa performance popolare. 
Al giorno d'oggi le tammurriate non vengono eseguite solo durante il tempo rituale dei pellegrinaggi o degli eventi politici, ma pressoché ovunque nella regione.
G.M., uno degli organizzatori di Bagaria, tammurriata happening a Caserta, sottolinea:
"Oggi come oggi le tammurriate si fanno dovunque. E non impari più a ballare o a suonare durante i pellegrinaggi, ma vai ai workshop che si fanno nei dintorni. Lì trovi qualcuno che ti dirà che quello è il passo appropriato per la scafatese o la giuglianese, come se la cosa ha importanza. E trovi pure quelli che noi di Bagaria chiamiamo i “portatori sani della tradizione”, giocando sul fatto che non esiste questo concetto. La tradizione è bella perchè è viva e in continua trasformazione. Se tenti di fissarla in codici, sei fottuto, o meglio la tradizione ti fotterà. Se vuoi si è perso un sapore di autenticità, ma ancora una volta...chi se frega. Quello che si è guadagnato è una circolazione delle tammuriate contemporanee infinitamente piè grande di prima".
In questa prospettiva, il processo di cambiamento visibile nella tammurriata sembra avere due aspetti (che non si escludono a vicenda: infatti possono essere visti contemporaneamente tempo, ma in diverse coorti culturali):
  1. tammurriata come spettacolo per scopi non tradizionali, ma che si riferisce all'ortodossia come preghiera e/o come strumento di resistenza;
  2. tammurriata come esecuzione per scopi non tradizionali, dove l'ortoprassi è prevalente.
Se sottolineo l'idea che la tammurriata sia una forma di preghiera o uno strumento di resistenza, allora è corretto affermare che la contemporanea tammurriata può essere interpretata come uno spostamento da un'ortodossia originaria, la credenza “corretta”, o la “conformità a una formulazione o verità ufficiale, specialmente nella credenza o nella pratica religiosa”, verso una nuova ortoprassi, le pratiche “corrette”, la creazione e perpetuazione di forme rituali “considerato” come corrette, un livello che può essere chiamato ortoprassi.27 L'ortoprassi è intimamente relativo a un processo che ho chiamato altrove stilizzazione (Ferraiuolo, 2009): la creazione di uno “stile” (in questo caso uno schema di pratiche) e la conformità a uno “stile” (in questo caso il rispetto per pratiche ufficialmente corrette).
Il processo di stilizzazione sottolinea maggiormente le differenze formali locali, ma allo stesso tempo, suggerisce una conoscenza diffusa: oggi un ballerino o un musicista sicuramente è addestrato ad eseguire i vari stili di tammurriata. Il risultato è un distacco dal rito liturgico originario: la devozione a un particolare santo o Madonna non è più richiesta. Può anche essere un ostacolo per padroneggiare i vari stili diversi. Gli eventi incentrati sulla performance (workshop, happening, ma anche i pellegrinaggi) tendono a proporre la tammurriata nel suo insieme. In termini di identità, le coorti culturali diventano ancor più il modello partecipativo, con legami che non sono solo politici, ma anche estetici e performativi.
L'antropologa Susan Reed (2009) analizza un processo simile riguardante le danze Kandyan. Usa l'opposizione ontica contro epistemico di E. Valentine Daniel (1996), suggerito per le feste religiose dello Sri Lanka: “le categorie di ontico ed epistemico delineano due modalità di orientamento al mondo. L'ontico rappresenta un modo di essere nel mondo, mentre l'epistemico è un modo di vedere il mondo. L'ontico è più allineato con l'interpretazione rituale e mitica del passato, mentre si può dire che l'epistemico caratterizza il teatro e un orientamento storico (europeo). Nell'analisi di Daniel dei pellegrinaggi nello Sri Lanka si osserva che molti hanno subito una trasformazione da un “essere” ontico verso un “vedere” epistemico e passano dalla partecipazione all'osservazione, dalla congregazione al pubblico e dal rituale al teatro” (Reed, 2009: 176).
Vedo somiglianze con il mio accoppiamento proposto di ortodossia/ortoprassi: ortodossia, così come l'ontico, si riferisce all'essere nel mondo, connesso con le credenze, mentre l'ortoprassi, come l’epistemica, è in qualche modo connessa con il vedere il mondo, privilegiando la pratica. Ma vedo anche differenze fondamentali nella tammurriata, in quanto il passaggio dalla partecipazione all'osservazione e dalla congregazione al pubblico non è mai così netto. I partecipanti ai pellegrinaggi, con vari gradi di partecipazione, suggeriscono e rappresentano una situazione più sfumata. E se frequentano anche workshop per imparare il corretto modo di ballare, questo impegno non sembra essere un'opposizione, ma un completamento.
La discussione, quindi, riguarda i diversi gradi dell'essere e del vedere nel mondo. Se c'è uno spostamento, non è uno spostamento dalla partecipazione all'osservazione, ma all'interno di una partecipazione che comporta non più un credo profondo, ma una pratica corretta, attraverso la quale una coorte culturale si identifica ancora. Così oggi, e più che mai, il suo significato è espresso da questi versi esemplari, che suggeriscono la pratica corretta:
Abballate Abballate,
donne vecchie e maretate,
e si nun ballate buone
non vi cante e nun vi sono.

Augusto Ferraiuolo

Foto di Giulio Bulfoni 

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