La tammurriata è una performance diffusa in tutta l'area vesuviana intorno a Napoli 2, indissolubilmente connessa alle devozioni religiose cattoliche, soprattutto per la Madonna, che si venerava in diversi santuari 3. Questi santuari sono meta di pellegrinaggi che comportano una particolare forma di espiazione corporale, un comportamento penitenziale connesso al meccanismo del votum fecit gratia accepit, l'offerta votiva - da tutta l'intera regione Campania e, in alcuni casi, da tutto il Sud Italia (es. il pellegrinaggio per la Madonna dell'Arco nella frazione di Sant'Anastasia).4 A volte questo cammino verso il santuario e, simbolicamente, verso Dio viene fatto camminando. Marco L., cantante e ballerino napoletano di tammurriata molto conosciuto in zona lo conferma in questa intervista:
Augu’, ogni anno i’ agg’a i’ a Montevergine. Nonnema me riceva che quanne ere guaglione i’steve malate assaie. E se mettettere a pria ‘a Maronna e Essa m’ha sarvato! Ra allora pozze sta male comm’a che ma vache ‘o santuario. Prima ce iev’a pere, ma mo so vecchierelle, nun c’a facce. Vache c’’o sciaraballo, cu l’ate vecchierelle. Pero’ ancora abballamme!
Augu’, ogni anno devo andare a Montevergine 5. Mia nonna mi diceva che quando ero bambino ero molto malato. E si misero a pregare la Madonna e Lei mi ha salvato. Da allora posso anche stare male ma vado al Santuario. Prima ci andavo a piedi, adesso sonoj vecchio, non ce la faccio. Vado con lo sciaraballo, con altri vecchietti. Però ancora balliamo!6
Come si vede da questa intervista, il pellegrinaggio a piedi verso il Santuario è una forma penitenziale in uso, ma spesso il viaggio si svolgeva su un carro rituale un tempo trainato da buoi o cavalli ornato di rami di palma e fiori (oggi molti usano i trattori). Il nome dialettale del carro rituale è sciaraballo e deriva dal francese char a bal. Sullo sciaraballo, i pellegrini iniziano a suonare ed eseguire la tammurriata, basata sul ritmo pulsante del tamburo a cornice: la tammorra. Quello che succede sul carro succederà ancora presso il Santuario e si ripeterà quando il gruppo (il termine dialettale è paranza) torna.7 In altre parole, il comportamento rituale della tammurriata attraversava l’intero istituto festivo.
Etimologicamente parlando, il termine tammurriata deriva da tammorra, un tamburo a cornice, che è lo strumento principale della performance. Il termine indica contemporaneamente il ritmo, la danza e il canto del tamburo. Luigi Molinaro del Chiaro, nel suo testo Canti del popolo Napoletano (1880) include i testi connessi alla performance (ma non solo) nella sezione “Canzune ‘e copp’’o tammurro”, definizione tra l’altro tuttora in uso anche da chi la esegue. Quindi, tammurriata può essere definita come una complessa performance musicale, corale e simbolica. È simultaneamente un suono, un ritmo e, simbolicamente, un'estasi, definita da Falassi (1985) come un “time out of time”. Tutti questi aspetti sono indissolubilmente legati tra loro e, inoltre, sono indissolubilmente legati ai tempi cerimoniali e rituali di specifiche feste religiose cattoliche. Storicamente, la tammurriata è un'importante componente del complesso rituale connesso ai pellegrinaggi ai santuari locali. Solo in tempi recenti la tammurriata ha assistito a uno spostamento verso differenti arene: dai sagrati dei santuari cattolici dove veniva eseguita come forma di preghiera vernacolare, a spazi secolari dove diviene prima simbolo politico per le classi subalterne e, quindi, una merce di consumo.
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