Il discorso di ringraziamento per il Premio Camões di Chico Buarque

Istituito nel 1989 dai governi di Brasile e Portogallo, il Premio Camões è il principale premio letterario assegnato ad autori la cui opera abbia contribuito all'arricchimento del patrimonio letterario e culturale della lingua portoghese. Nel 2019 è stato assegnato a Chico Buarque de Hollanda, ma per quattro anni non era stato possibile consegnarlo perché la tradizione vuole che siano i presidenti del Brasile e del Portogallo a firmare l’attestato: Bolsonaro si era negato a farlo, affermando che sarebbe stata l’ultima azione del suo (ipotetico) secondo mandato il 31 dicembre 2026. "Che Bolsonaro che non firmi è un secondo Camões per me" aveva commentato Chico Buarque. Il governo portoghese decise di ignorare la mancanza di rispetto di Bolsonaro e organizzò una cerimonia a Lisbona per la consegna del premio il 25 aprile 2020: l’evento fu annullato per le misure restrittive legate alla pandemia. Il premio è stato consegnato personalmente dal Presidente Lula durante la cerimonia di premiazione il 24 aprile 2023, al Palazzo Nazionale di Queluz, nell’ambito di una visita di Stato di cinque giorni in Portogallo.
A partire dal 1966, Chico Buarque ha pubblicato decine di album che sono entrati a far parte del patrimonio culturale brasiliano e lusofono per l’acutezza e la poesia del connubio fra musica e testi, alcuni proposti anche in italiano.  Fra i libri di Chico Buarque tradotti in italiano si segnalano “Disturbo” (Mondadori, 1992, Premio Jabuti per la letteratura brasiliana), “Benjamin” (Mondadori, 1999), “Budapest” (Feltrinelli, 2005). “Latte versato” (Feltrinelli, 2010), “Il fratello tedesco” (Feltrinelli, 2018).

Discorso di Chico Buarque - Premio Camões 2019
Nel ricevere questo premio penso a mio padre, lo storico e sociologo Sergio Buarque de Holanda, dal quale ho ereditato alcuni libri e l'amore per la lingua portoghese. Ricordo quante volte ho interrotto i suoi studi per sottoporgli i miei scritti giovanili, che lui giudicava senza compiacenza o eccessiva severità, indicandomi poi delle letture che potevano aiutarmi in un'eventuale carriera letteraria. Più tardi, quando mi avvicinai alla musica popolare, non ne fu infastidito, anzi, perché gli piaceva il samba, suonava un po' di pianoforte ed era un amico intimo di Vinicius de Moraes, per il quale la parola cantata era forse semplicemente un modo più sensuale di parlare la nostra lingua. Immagino mio padre affranto nel vedermi qui oggi. Se mai fosse possibile incontrarci in questa sala, sarebbe più giusto che io fossi in platea e lui qui al mio posto, a ricevere il Premio Camões. Alla mia formazione politica ha contribuito anche mio padre, che durante la dittatura dell'Estado Novo militava nella Sinistra Democratica, il futuro Partito Socialista Brasiliano. Alla fine degli anni Sessanta si dimise dalla Facoltà di Filosofia, Scienze e Lettere dell'Università di San Paolo in solidarietà con i colleghi espulsi dalla dittatura militare. Verso la fine della sua vita, partecipò alla fondazione del Partito dei Lavoratori (PT), senza poter vedere il ripristino della democrazia nel nostro Paese, né tanto meno presupporre che un giorno saremmo caduti in un abisso, per molti aspetti, più profondo.
Mio padre era di San Paolo, mio nonno del Pernambuco, il mio bisnonno di Minas Gerais, il mio trisavolo di Bahia. Ho antenati neri e indigeni, i cui nomi i miei antenati bianchi hanno cercato di eliminare dalla storia della famiglia. Come la stragrande maggioranza dei brasiliani, porto nelle mie vene il sangue dei flagellati e dei flagellatori, il che aiuta a spiegare un po' di cose. Andando a ritroso nel tempo alla ricerca delle mie origini, ho scoperto, di recente, che i miei trisnonni paterni erano i coniugi Shemtov ben Abraham, battezzato come Diogo Pires, e Orovida Fidalgo, originari della comunità di Barcellona. Come molti neocristiani portoghesi, i loro figli andarono in esilio nel Nordest brasiliano nel XVI secolo. Così, come discendente di ebrei sefarditi perseguitati dall'Inquisizione, è possibile che un giorno anch'io ottenga il diritto alla cittadinanza portoghese come riparazione storica. Ho già vissuto fuori dal Brasile e non intendo ripetere l'esperienza, ma è sempre bene sapere di avere una porta socchiusa in Portogallo, dove mi sento più o meno a casa e dove eccello nel collocare i pronomi. Ho visitato Lisbona, Coimbra e Porto nel 1966, al fianco di João Cabral de Melo Neto, quando il suo poema Morte e Vida Severina fu messo in scena qui con le mie canzoni, lui, poeta affermato e io, audace studente di architettura. Il grande João Cabral, il primo brasiliano a ricevere il Premio Camões, non amava la musica e non so se abbia mai sfogliato i miei libri.
Ho scritto il mio primo romanzo, “Estorvo”, nel 1990, e pubblicarlo è stato per me come avventurarmi ancora una volta nello studio di mio padre in cerca della sua approvazione. Questa volta ho avuto padrini come Rubem Fonseca, Raduan Nassar e José Saramago, oggi miei colleghi del Premio Camões. Ho fatto amicizia con molti degli autori premiati qui, e sono un lettore e un ammiratore di altri, provenienti da Brasile, Portogallo, Angola, Mozambico e Capo Verde. Ma per quanto legga e parli di letteratura, per quanto pubblichi romanzi e racconti, per quanti premi letterari riceva, mi piace essere riconosciuto in Brasile come un compositore popolare e, in Portogallo, come colui che un giorno ha chiesto di ricevere un garofano e un profumo di rosmarino. 
Valeva la pena aspettare questa cerimonia, programmata non a caso per il giorno prima di quello in cui i portoghesi manifestano lungo l'Avenida da Liberdade per celebrare la Rivoluzione dei Garofani. Sono passati quattro anni dall'annuncio del mio premio e già mi chiedevo se si fossero dimenticati di me o, chissà, se anche i premi sono deperibili, hanno una data di scadenza. Quattro anni, compresa una pandemia, a volte davano l'impressione che sia passato molto più tempo. Per quanto riguarda il mio Paese, quattro anni di un governo disastroso sono durati un'eternità, perché è stato un periodo in cui il tempo sembrava andare all'indietro. Quel governo è stato sconfitto alle urne, ma non possiamo farci distrarre da questo, perché la minaccia fascista persiste, in Brasile come altrove. Oggi, però, in questo pomeriggio di festa, mi conforta ricordare che l'ex presidente ha avuto la rara cortesia di non sporcare il diploma del mio Premio Camões, lasciando lo spazio vuoto per la firma del nostro presidente Lula. Ricevo questo premio non tanto come onore personale, quanto come risarcimento per i tanti autori e artisti brasiliani umiliati e offesi in questi ultimi anni di stupidità e oscurantismo.
Molte grazie 

Traduzione di Alessio Surian

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