Stampestuen – Bak lås og slå (TeleGram Records, 2022)

Dopo “Brev fra Amerka” (Lettere dall’America), album d’esordio del 2018, che conteneva canzoni legate all’emigrazione norvegese oltreoceano, gli Stampestuen hanno pubblicato il secondo album, intitolato “Bak lås og slå” (Dietro le sbarre), focalizzando la loro attenzione sul destino di emarginati en reietti nella Norvegia di due secoli fa. Le nove canzoni fotografano le vite di queste persone e “i modi in cui hanno navigato e affrontato le norme sociali e il brutale sistema penale dell'epoca, quando l'età della responsabilità penale era di soli dieci anni. Dal ragazzo povero che cerca di elemosinare qualche moneta, al ladro che racconta la sua vita dall'interno della cella, ogni storia è diversa e si intreccia con quella successiva. L'obiettivo di questo album è quello di ridare vita a queste canzoni dimenticate e di illuminare le vite di coloro che hanno sfidato le norme sociali nella Norvegia del XIX secolo”. Così scrive il quartetto nelle note che accompagnano l’album, sottolineando come le “canzoni su ladri e vagabondi siano un angolo ampiamente dimenticato della tradizione canora norvegese. Alcune canzoni sono diventate famose, ma la maggior parte vive in vecchi libri e archivi e non ha ancora visto la luce. Dopo averne scoperte alcune, abbiamo pensato che avessero delle belle melodie e delle parole intriganti, ed eravamo curiosi di vedere se ne avremmo trovate altre. Il nostro obiettivo è amplificare queste storie individuali in modo che possano risuonare con il pubblico di oggi. Le canzoni dei ladri ci raccontano come un sistema legale arcaico e l'abbassamento dell'età della responsabilità penale abbiano avuto un impatto sulla vita di uomini, donne e bambini dell'epoca. Attraverso la storia e la melodia, questa raccolta ci mostra come le imponenti pressioni della società spesso costringessero le persone a intraprendere azioni radicali e a scegliere un diverso stile di vita”. Beate Børli Løkken (voce e dulcimer), Marius Graff (chitarra, chitarra resofonica, mandolino, banjo e voce), Jon Hjellum Brodal (violino, violino hardanger) e Anders Lillebo (chitarra, armonica, organo a canne), musicisti affermati dal background folk e jazz, hanno realizzato un riuscito lavoro di squadra nell’arrangiare i motivi. Løkken ha scritto la melodia di “Dypt inni granskogen”, rimodellando in norvegese una canzone della canadese Lynne Hanson, e tradotto e riscritto la canzone svedese “Idrevisa”. Siamo alle prese con un repertorio inedito o quasi, riproposto con arrangiamenti che ricercano con successo la sobrietà, giocando su un riuscito incrocio di timbri. Ad aprire è una canzone nota nel Paese scandinavo, “Grusomme skjebne” (Destino crudele), legata alla vicenda di Gjest Bordsen, vita da nomade e da ladro, a partire dai tredici anni, quando lasciò l’apprendistato. Celebre per le sue fughe ingegnose dalle prigioni, fu infine condannato al carcere e ai lavori forzati a vita nel 1827, dopo essere stato arrestato per l’ennesima volta. Appassionato di letteratura, leggeva e scriveva dietro le sbarre della fortezza in cui era detenuto, Compose un’autobiografia, testi vari e ballate da foglio volante. Fu graziato nel 1845 per decreto reale e da allora viaggiò da libraio, vendendo libri e canzoni che aveva scritto. Il brano che ascoltiamo è una delle sue canzoni più famose, che parla del suo amore che rivela alla polizia il suo nascondiglio. Musicalmente si compone di un’alternanza tra cantato e passaggi strumentali a tinte bluesy, con chitarra e violino – che si ritaglia una parte solista – di accompagnamento a una melodia danzante. La “broadside ballad” “Stavangervise”, su un testo di Magnus Brostrup Landstad (parroco locale), rettore, scrittore di inni e poeta, autore della prima raccolta di ballate tradizionali norvegesi, è una istantanea sulla povertà dell’epoca che spingeva al vagabondaggio. Vincente la resa di “Idrevisa”, la storia narrata in prima persona di una ragazza svedese avvelenata dal suo fidanzato. “Feig og fredløs” (Codardo e fuorilegge) è la versione norvegese, trasposta in una foresta nordica di “Cecil Hotel” della canadese Lynne Hanson, storia di un omicida che si nasconde in una famigerata dimora insieme ad altri reietti fuorilegge. Bella e delicata la melodia in minore che Beate Børli Løkken ha scritto (e che canta accompagnata da violino, banjo e organo), per “Dypt inni granskogen” (Nel profondo della foresta di abeti rossi), il cui su un testo fu probabilmente redatto da un prigioniero della fortezza di Akershus. Segue “Birthesangen”, racconto di un omicidio avvenuto nel 1733 per il quale la Birthe protagonista della canzone è condannata a morte con suo fratello per il presunto assassinio compiuto da quest’ultimo. Una storia struggente cantata da Løkken, accompagnata da violino, chitarra e una triste armonica. Anche “Burobengen” è una “murder ballad” dalla fisionomia bluesy: questa volta si parla di un giovane fattore benestante che si unisce a un gruppo di traveller e finisce per commettere un omicidio dopo l’insorgere di contrasti tra i membri della combriccola. “Sevlin” è una danza, un halling, eseguito nello stile del violinista Kjetil Løndal. Banjo e violino hardanger sono protagonisti di questa melodia che porta il nome di un ballerino (Ola Olsen Sevle, vissuto nella prima metà del XIX secolo) finito sul patibolo a causa del suo temperamento che lo spinse ad uccidere un mercante. Si racconta che nella sua ultima ora, al prete che gli chiedeva di pregare per lui, rispose che se la sarebbe cavata da solo e intonò questa melodia, che ha preso nome da lui. A chiudere il cerchio un’altra figura di fuggitivo, Ole Høiland, protagonista, tra gli altri, di un colpo alla Banca Centrale di Norvegia (1835); riuscì a scappare dal carcere tredici volte fino al suo ultimo arresto e condanna a vita ai lavori forzati. Non resistette e si “suicidò, lasciando questo scritto “Ole Høilands levnedsløp”. Non è cosa da poco tirare fuori dall’oblio le storie raccontate che animano “Bak lås og slå”.. 


Ciro De Rosa

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