Meral Polat Trio – Ez Kî Me (Meral Polat Records, 2022)

Meral Polat nasce in Olanda ed oltre ad essere cantante e autrice è anche attrice e si occupa di produzioni musicali e teatrali. Laureata all’Amsterdam University of the Arts, Drama & Contemporary Music Theatre, ha radici curde-turche. Con i nove brani del lavoro d’esordio del Meral Polat Trio, “Ez Kî Me” (dal curdo kurmanci: Chi sono io?), l’artista vuole ricongiungersi alle sue origini attraverso la composizione di testi propri ed innovando l’eredità poetica del defunto padre Ali Ihsan Polat con l’impatto del rock anatolico e del blues. L’ascolto del disco è estremamente fascinoso e, al tempo stesso, conduce in atmosfere sofferte, intrise di tragedia e dolore. La voce di Meral Polat è estremamente duttile e seducente, scura e a tratti dissonante, e riesce a cogliere sfumature microtonali. Le tastiere, il piano, il synth, la chitarra elettrica, la batteria e le percussioni suonano scarne ma creano atmosfere ad alto impatto emotivo e molto, molto contemporanee. I suoi compagni di questo profondo, travolgente e originale viaggio provengono da variegate esperienze e sono Chris Doyle e Frank Rosaly che riescono a dare ai brani un supporto dall’impronta unica. Il primo è un pianista, polistrumentista e compositore statunitense, laureato alla Berklee School of Music di Boston e alla McGill University di Montréal. È un musicista free-lance a New York e fa parte anche di una compagnia teatrale e di una synth pop band ad Amsterdam. Recentemente è stato in tour con il collettivo afro-beat Antibalas di base a Brooklyn ed ha pubblicato un album di piano solo in collaborazione con il compositore Danny Fisher-Lochhead. Frank Rosaly è un batterista portoricano, compositore e sound designer di base ad Amsterdam. Il suo approccio musicale spazia dallo studio del jazz alle percussioni classiche, dall’improvvisazione alle tecniche di composizione classica filtrando la sua sensibilità rispetto alla storia e ai rituali del mondo caraibico e latino americano. L’album si avvia con una triade di tracce ad alto impatto: “Hoş Geldin”, “Ez Kî Me” e “Wayê” (i cui testi sono scritti tutti da Ali Ihsan Polat), che con urgenza presenta l’estetica del gruppo: suoni ipnotici, a tratti psichedelici, chitarra elettrica ruvida, grezza, batteria dalla ritmica vellutata che scandisce un tempo ostinato su cui si muove la voce di Meral, sinuosa, decisa, potente, espressiva, cantilenante, a tratti con un andamento oscillante tra spoken word e melodie tradizionali, malinconiche e profonde. I testi affrontano questioni universali, quali la discriminazione, la separazione e la libertà dell’essere umano. “Sono un essere umano, un monumento di libertà/Nel profondo non conosco discriminazioni o disuguaglianze/A volte rido e a volte piango/Sono un anziano, un bambino/Chi sono? Sono umano/ (...) Sono un villaggio, sono una città, sono un paese, sono il mondo/Chi sono? Sono umano”, sono alcune parole della title track in cui la voce che le canta, insieme all’organo, crea un’atmosfera tormentata di rimpianto. “Elqajiyê” ci conduce nella tristezza e nel buio grazie all’accompagnamento al piano mentre in quinta posizione troviamo il seducente brano “Bile bile” ("Consapevolmente. Quando l’amore chiama devi seguirlo, sapendo che ti taglierà nel profondo (…) Potrebbe lasciarti il cuore in pezzi, ma è l’unico percorso per una vera connessione," è ancora un testo di Ali Ihsan); subito dopo “Gel Dedi” (testo in turco di Nazim Hikmet) che vira decisamente in un sofferto blues. La tensione serpeggiante, presente in tutte le tracce, avvicinandosi verso la fine dell’album trova rinforzo nella ritmica e nelle vocalizzazioni di “Deya”, fino al climax urlato di “Benem” che si apre con un arpeggio alla chitarra per poi partire con il ritmo in un misurato, ossessivo crescendo. L’ultimo brano, “Parça Parça”, ci fa ritornare in un’apparente calma sinuosa. Meral Polat Trio ammalia con una proposta che ha radici forti e profonde dalle quali vuole, al tempo stesso, distaccarsi attraverso un contesto musicale originale ispirato ad esplorare l’animo umano. “Ez Kî Me” costituisce indubbiamente un debutto potente e coinvolgente: tutto da scoprire. 


Carla Visca

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