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Mouna Mint Nana ricorda così quel periodo: “Non è una cosa comune nella nostra cultura fare dischi. Facevamo soprattutto concerti dal vivo e trasmissioni radiofoniche. In Mauritania e oltre i confini del nostro Paese, la gente sapeva cantare a memoria le nostre canzoni, quindi non c'era motivo di fare dischi. Una serie di coincidenze ha portato alle sessioni di registrazione. Stavamo suonando ad Agadir, nel sud del Marocco. Un ministro locale, che era un nostro grande fan, voleva che suonassimo per il re Hassan II, così interruppe la diretta del telegiornale per presentare il gruppo e chiedere al re di invitarci. A quei tempi piacevamo ai politici, perché rappresentavamo la Mauritania moderna e araba, un’immagine che si adattava a quella che volevano presentare al popolo. Il re Hassan II ordinò a un aereo militare di venirci a prendere ad Agadir e di portarci a Fez. Ricordo che c'erano solo due posti per mia madre e mio padre e che io e i miei fratelli e sorelle dovemmo sederci per terra. A Fez ci siamo esibiti al festival in onore del re con altre star come Abdel Halim Hafez e Baligh Hamdy. I concerti furono trasmessi dalla televisione nazionale marocchina e Ali Boussif, che aveva visto il concerto, ci invitò a Casablanca dalla famiglia Boussif dove abbiamo fatto alcune sessioni di registrazione. Ci siamo divertiti molto a Casablanca. Poi siamo tornati in Mauritania, la vita è andata avanti e non abbiamo più pensato a quelle registrazioni. Abbiamo continuato a esibirci in tutto il Sahara, dalla Libia all'Alto Volta, dalla Mauritania al Mali. Abbiamo suonato anche fuori dal Sahara, negli Emirati Arabi Uniti e in Arabia Saudita. Eravamo sempre in movimento e nella maggior parte dei luoghi ci siamo fermati a lungo. Nostra madre voleva andare negli Stati Uniti, ma mio padre pensava che fosse troppo ambizioso. In questi anni non abbiamo mai registrato le nostre canzoni. Abbiamo iniziato una sessione di registrazione in Marocco - credo negli anni '90 - ma non l'abbiamo mai terminata. Purtroppo, nel corso degli anni, i nostri genitori e alcuni dei miei fratelli e sorelle sono morti. Vogliamo onorarli mantenendo vive le canzoni scritte da nostra madre. Ha composto tante canzoni che hanno conquistato il cuore di molti, è un repertorio enorme. Vogliamo continuare a diffondere la nostra musica e ci piacerebbe suonare all'estero, perché vogliamo condividere la nostra musica con il maggior numero di persone possibile. Molti gruppi in Mauritania e in altre parti del Sahara hanno iniziato a copiare il nostro stile. Oggi gruppi tuareg come i Tinariwen e persino Youssou N'Dour suonano le nostre canzoni".
“Adji Kar Teri Miri” apre la serie di dieci canzoni raccolte nell’album pubblicato il 10 febbraio: lungo i suo abbondanti sei minuti scorre il viaggio che da Timbuctù la famiglia ha compiuto lungo l’Africa Occidentale per tornare alla Mauritania, integrando progressivamente nel proprio repertorio chitarre elettriche, violini occidentali, così come un’abilità unica nell’arrangiare cori e cambi di passo strumentali e ritmici amalgamati in un flusso che le voci guidano con maestria, fra slanci celestiali ed accenti pop. Più avanti, brani come “Bayna Daouali” sanno porgere e sviluppare con maestria il lato più arabeggiante e graffiante del repertorio. Indispensabile.
Alessio Surian
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