Giacomo Lariccia – Dieci (Avventura in musica/Salty Records 2023)

Il cantautore romano Giacomo Lariccia, oramai di stanza a Bruxelles, festeggia dieci anni di carriera con un disco di diciotto brani (più una ghost-track) e la preziosa collaborazione di ben sedici musicisti. Un lavoro dedicato alla memoria della madre Stefania, che raccoglie materiale sparso qua e là. Dal primo album "Colpo di sole" del 2011 ci sono i ritmi sudamericani di “Scendo pedalando” (“Ti ho visto nei miei sogni eri la più bella, col tuo vestito rosso eri la mia stella, tu guiderai i miei passi e sarai in volata, che ti raggiungerò nell'Italia liberata”), “L’attendente Cancione in bicicletta” con i suoi arpeggi di chitarra acustica e Peppe Voltarelli come voce recitante. Da “Sempre avanti”, uscito nel 2014, c’è l’intensa “Sessanta sacchi di carbone” (“Il bianco della neve per le strade e latte e burro come semplici rimedi, come se il nero entrato nei nostri polmoni fosse un colore che si può cancellare, quanto vale un uomo è difficile spiegare, però a quel tempo era chiaro come il sole, un uomo vale sessanta sacchi di carbone”) cantata con Rocco Granata, il delicato valzer “Bruxelles” con la voce di Alice Lenaz, la fisarmonica e l’oboe di Giuseppe Oliveto e la title track con la magica chitarra di Finaz. Da “Ricostruire” (2017) ci sono le atmosfere brasiliane che animano “La mano di un vecchio” con le percussioni del senegalese Honoré Kauadio e le voci congolesi di Ange e Silvye Nawasadio, “Come sabbia” (“Non c’è rivoluzione più grande e più efficace di quella che puoi fare dentro di te, non dispensar consigli, che spesso sono figli di chi non riesce a viverli per sé”) in duetto con Marco Calliari, la convincente title track e una versione radio di “Senza farci del male”. Segue una lunga carrellata di singoli, come il leggero reggae di “I’m not alone” cantato con Elisabetta Spada (ex Kiss e Drive), il pop di “Limiti” (“Perché io sono limitato, da un corpo, dalle mie relazioni, dalla mia intelligenza, dalle corde della mia chitarra, da un basso ostinato, dal sistema temperato”), “Mi tradirai”, il jazzato vintage di “Ci penserà il tempo”, arricchito dalla splendida voce di Petra Magoni, il contrabbasso di Ferruccio Spinetti e il pianoforte di Alessandro Gwis, la malinconica “Parole” (“Quello che non hai detto fa male più di una ferita, il tuo silenzio mi uccide, è siccità che brucia, una parola spegne l'incendio di una vita, è costruire una storia, è acqua fra le dita”), “Liberi” con l’elegante tromba di Giulio Carmassi, fino a “Tremenda voglia di vivere”. L’anima antimilitarista si palesa con “Le déserteur” di Boris Vian, cantato alternando francese e inglese con la voce di Erica Boschiero e il violino di Francesco Fry Moneti. In chiusura, troviamo “Canzone del melograno” di Claudio Chieffo, già presente in “Chieffo Charity Tribute” (2021). Un disco corposo, con tante canzoni che rappresentano bene il mondo di Lariccia, quello della musica d’autore che dialoga con il pop, l’etnico, il rock e che sente il bisogno di condividere con gli altri i suoi sentimenti. Mi sembra un bel messaggio da trasmettere, specialmente in tempi non proprio facili. 


Marco Sonaglia

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