Antonio Calsolaro, Massimiliano De Marco, Giuseppe Semeraro, Dario Muci – I Calsolaro. Barba, capelli e ballabili (Nauna Cantieri Musicali, 2022)

Il rapporto tra il mestiere di barbiere e la musica ha radici lontane nel tempo, risalendo alla dominazione spagnola dell’Italia Meridionale. Fino agli anni Cinquanta, infatti, le barberìe non erano solo il luogo dedicato alla cura dell’aspetto e dell’igiene personale degli uomini, ma giocavano un ruolo di importante aggregatore sociale. Il titolare della sala da barba, i suoi collaboratori ed apprendisti, oltre al taglio dei capelli e alla rasatura, esercitavano pratiche di bassa chirurgia praticando salassi, ma soprattutto erano molto spesso degli eccezionali suonatori di strumenti a corde. Tra un servizio e l’altro o al termine della giornata di lavoro, erano soliti dare vita a piccoli concerti, insieme ai loro giovani apprendisti o ad altri musicisti e ciò per intrattenere la clientela e l’intera comunità. In questo senso i musici-barbieri svolgevano anche un ruolo di mediatori socioculturali, relazionandosi tanto con l’aristocrazia e la borghesia, quanto con i ceti subalterni e ciò gli consentiva di ampliare sempre di più il loro già vasto repertorio che spaziava dai brani tradizionali alle personali riscritture delle arie di opere classiche come di canzoni e musiche da banda, per toccare i ballabili ovvero mazurche, polche, valzer, scotish, quadriglie che erano soliti suonare in occasione di feste o cerimonie familiari a cui erano invitati. In Salento, come altre regioni italiane (si veda l’esempio della Sicilia) la musica nelle barberìe era molto diffusa ed emblematici sono certamente non solo la figura del “musico delle tarantate” Luigi Stifani di Nardò, ma anche la tradizione, ancora oggi molto forte, del Circolo Mandolinistico di San Vito dei Normanni. Allo stesso modo, è di grande interesse la vicenda della
famiglia Calsolaro, ed in particolare quella di Maestro Vincenzo, barbiere e straordinario musicista, padre di Emelinda “Linda”, allieva di Andrés Segovia e nota per la sua attività di didatta e concertista, e di Antonio Calsolaro, straordinario mandolinista, compositore ed arrangiatore, erede non solo della raffinatissima tecnica paterna “a regola d’arte”, ma anche di un importante lascito in termini di repertorio che abbraccia brani tradizionali, canzoni e balli. Da ormai oltre un decennio, il musicista, cantante e ricercatore salentino Dario Muci ha concentrato parte dei suoi studi sul repertorio musicale delle barberìe, lavorando a stretto contatto con il maestro Antonio Calsolaro e da questa collaborazione hanno preso vita due pregevoli album “Rutulì” che raccoglieva i primi frutti della ricerca e “Barberìa e canti del Salento vol.II” la cui attenzione era concentrata sulle riportare alla luce le connessioni tra il repertorio colto e quello popolare. A distanza di sei anni dalla pubblicazione di quest’ultimo, arriva “I Calsolaro. Barba, capelli e ballabili” album che, a differenza dei precedenti, concentra la sua attenzione su un quindici brani strumentali, dedicati al repertorio raccolto dal maestro Vincenzo Calsolaro e incisi in duo dallo stesso Antonio Calsolaro al mandolino e da Massimiliano De Marco alla chitarra. Abbiamo intervistato, il produttore Dario Muci, per farci raccontare questo nuovo e prezioso frutto delle sue ricerche.

"I Calsolaro - Barba, capelli e ballabili" è la terza parte di un tuo personale percorso sulla musica delle sale da barba intrapreso con "Rutulì" e proseguito con "Barberia e conti del Salento Vol. II". Riprendiamo il filo del discorso e ripercorriamo questo tuo percorso di riscoperta di un patrimonio musicale ricchissimo...
Ormai la barberia ha preso il suo posto nel ricco corpus di canti e musiche della Puglia meridionale. Il lavoro che è stato fatto finora ha consacrato Antonio Calsolaro come unico e solo maestro in Salento, erede di un repertorio antichissimo. Maurizio Agamennone, nell’introduzione a “Barberìa e canti del Salento Vol. II” scrive, citando una ricerca di Sergio Bonanzinga  che è stato riproposto “recentemente un documento notarile messinese del 1491, in cui "il barbiere Gregorius de Berto si impegnava a insegnare al suo allievo Giovanni Speciale alcune composizioni vocali con accompagnamento strumentale (fra cui due siciliane), alcuni brani strumentali (la baxa francesa et dui mutanczi, cioè una bassa danza e due variazionil e altre cantilenas ad discretionem dicti magistri gregori” (si veda I barbieri maestri di musica, in Musica dai saloni. Suoni e memorie dei barbieri di Sicilia, Nuova Ipsa, Palermo, 2009: 129-142). Antonio Calsolaro, però, non è solo un abile mandolinista; è un compositore raffinatissimo, un ricercatore anch’egli, instancabile, una di quelle persone che tutti almeno una volta nella vita dovremmo avere la fortuna di incontrare. Quest’ultimo disco è il primo di lunga produzione già registrata e archiviata che dedico a lui e alla sua famiglia. Tre cd-audio, un documentario, presentazioni in radio e tv, film e colonne sonore e centinaia di concerti hanno
contribuito alla valorizzazione e alla diffusione di questo genere musicale per lungo tempo finito nell’oblio.

Quali sono le sostanziali differenze con i tuoi due dischi precedenti?
Per prima cosa è un lavoro di “ricerca sul campo”. Quindici tracce per chitarra e mandolino, senza alcun strumento e voce, registrati in casa (con l’aiuto di Massimiliano De Marco, chitarrista e allievo di Antonio ed Enza Pagliara) e successivamente portati in studio per migliorarne la qualità del suono. Mentre nei precedenti dischi rimane vivo lo scenario contadino fatto di parole e musiche strettamente legate al mondo agropastorale, in questo repertorio “strumentale” si respira un’aria di Città, uno stile “Urbano”, praticato nei saloni, che serviva solo ed esclusivamente a far danzare. Era la musica che si suonava prima dell’arrivo della radio e del giradischi e tutti la conoscevano perché veniva suonata nelle feste di ogni tipo: matrimoni, fidanzamenti, battesimi. 

Questo nuovo lavoro si concentra sulla famiglia Calsolaro e in particolare su Maestro Vincenzo, barbiere esperto e virtuoso musicista. Ci puoi presentare questa straordinaria famiglia?
Il nonno di Antonio, Antonio pure lui, mandolinista, diceva: “quanto più si suona bene in una barberia tanti più clienti la frequentano”. Vincenzo aveva capito benissimo le parole del padre e da ragazzo
cominciò a studiare musica con un vecchio maestro violinista esperto in setticlavio. Quando quest’ultimo morì continuò da solo, alternando gli studi da autodidatta, al lavoro nella sala da barba. Con il tempo e la passione divenne un raffinatissimo violinista e mandolinista e applicò la tecnica della mano sinistra sul violino al mandolino, permettendogli di suonare lo strumento con virtuosismo, pulizia ed elevata tecnica. Chitarrista Classico, ha insegnato la musica a tantissimi ragazzi, a suo fratello Francesco e soprattutto ai suoi due figli Ermelinda e Antonio. Ermelinda diventò una delle più brave chitarriste di sempre, allieva del grande Segovia e a sua volta insegnante di chitarra al conservatorio di Bari con la direzione di Nino Rota, e soprattutto Antonio che, oltre ad essere un virtuoso del mandolino, è diventato un raffinato compositore. 

Quale aspetti del repertorio della musiche delle sale da ballo esplora questa nuova pubblicazione?
Le arie del nord-est europeo si mescolano alla scuola italiana, in particolare quella napoletana e siciliana e ne esce fuori un repertorio brillante e passionale tipico del Romanticismo Italiano, grazie anche a magnifici interpreti e compositori classici come Calace, Curti, Pettine e lo stesso Calsolaro che hanno caratterizzato la musica per mandolino dalla fine dell’Ottocento fino alla metà degli anni Trenta. Vincenzo non era il solito barbiere musicista, cantastorie e factotum. Negli anni, era diventato un punto di riferimento per tutti i musicisti classici e non e i brani di questo disco, provati e suonati nella sala da barba dei Calsolaro, conservano gli aspetti ritmici e melodici, tipici della musica che circolava all’epoca e che veniva pubblicata in fogli d’album o trasmessa oralmente.

Dal punto di vista degli arrangiamenti quali elementi avete puntato ad esaltare nel rileggere i brani di questo nuovo disco?
Non c’è stato un lavoro di arrangiamento o di rilettura, perché i brani che abbiamo registrato sono fedeli agli spartiti lasciati da Vincenzo Calsolaro, proprio come li ha trascritti e catalogati negli anni Trenta. Solo le partiture della chitarra, detta spalla, sono state scritte da Antonio e suonate da Massimiliano De Marco, nello stile che usava Vincenzo nell’accompagnare altri musicisti al mandolino o al violino, e abbellita, sicuramente, dalla sua sensibilità. 

Come si è indirizzato il vostro lavoro in fase di scelta dei brani da inserire nel disco?
Ho lasciato scegliere ad Antonio i brani più belli. Questi ballabili, nella forma di mazurche, polche e walzer, sono stati selezionati per tempo, melodia e tonalità, diversi tra di loro e che rendono l’ascolto godibile, mai scontato e a tratti spiazzante.

Quali sono i brani più rappresentativi di questo nuovo disco?
Nonostante gli anni, il repertorio è talmente fresco ed impressionante che, non c’è un brano più rappresentativo dell’altro. Mi piace, però, citare “Rondini” che, al primo ascolto, toglie veramente il fiato. Nel finale, poi, riserva una notevole sorpresa: un richiamo ad una romanza di fine 1700 del compositore francese Jean-Paul-Égide Martini, citato anche da Franco Battiato e da Elvis in "I can’t help falling in love". 

Quanta musica c'è ancora da riportare alla luce nell'ambito delle musiche legate alle sale da barba?
Tanta, ma non tantissima. Sono pronte altre due raccolte, già registrate e missate. Più che la sala da barba, in questo caso riporteremo alla luce il repertorio inedito di Vincenzo, dai suoi ballabili al repertorio classico trascritto per plettri, che veniva eseguito nelle case dei ricchi del paese. Uno esempio lo si può ascoltare in “Barberìa e canti del Salento vol.II” con le Barcarole di Offenbach e di Mendelssohn. 

Come state presentando "I Calsolaro" in concerto?
Ne è uscito fuori uno spettacolo teatrale/musicale. Le storie sono scritte dallo scrittore e attore Giuseppe Semeraro e presentate in maniera performativa durante i concerti live permettendo al pubblico di conoscere questa meravigliosa storia in tutti i suoi aspetti sia musicali che teatrali. Inserite anche nel booklet che accompagna il disco, queste storie raccontano di una meravigliosa stagione che Domenico Modugno sedicenne trascorse ad Alessano diventando assiduo frequentatore della Barberia, di una lettera del 1956  in cui Don Tonino Bello racconta di Vincenzo Calsolaro e della sua talentuosa figlia, e di come poi quella ragazzina, Ermelinda Calsolaro grazie agli insegnamenti di suo padre divenne allieva del maestro Segovia e una stimatissima insegnante di chitarra al conservatorio di Bari con la direzione di Nino Rota. L'intento del disco è quello ambizioso di raccontare e far rivivere la storia sconosciuta della famiglia Calsolaro e non ultimo quello di omaggiare la figura di Antonio Calsolaro maestro mandolinista, figlio di Vincenzo e testimonianza vivente di quel mondo ormai scomparso. Con me alla voce, Antonio al mandolino e Giuseppe alla narrazione, c’è Massimiliano De Marco e Fabio Moschettini alle chitarre classiche.

"I Calsolaro" prosegue la fortunata esperienza discografica di Nauna Cantieri Musicali. Quali sono i progetti in cantiere? 
… più che fortunata direi coraggiosa. Sappiamo benissimo che la ricerca sul campo non ha mercato dal punto di vista discografico ed editoriale, ma allo stesso tempo è materia vitale per chi come noi fa riproposta. Con Enza Pagliara abbiamo fondato “Nauna Cantieri Musicali” per preservare e valorizzare le tradizioni popolari e la cultura orale del territorio attraverso la documentazione delle fonti e la rielaborazione delle stesse.  La nostra, però, non è solo un etichetta discografica indipendente. Promuoviamo, infatti, festival musicali, percorsi di ricerca storica e ricostruzione delle tradizioni, sensibilizziamo al rispetto del patrimonio paesaggistico con rassegne culturali dedicate all’ambiente e al turismo slow. Negli ultimi anni abbiamo realizzato, in coproduzione con ZeroNoveNove lo spettacolo in streaming di Enza Pagliara dal titolo "Simpatichina" e con Moscara Associati e Nostos Produzioni stiamo lavorando al progetto di un “viaggio, un documentario e un libro fotografico” dal titolo "Sulla via Francigena il cammino degli Asini Dotti" per il quale abbiamo realizzato anche la colonna sonora. Nel corso di quest’anno abbiamo in cantiere due dischi quello del Coro Popolare di Terra d’Otranto per il quale sta per partire una campagna di crowdfunging, e l’altro dedicato allo spettacolo natalizio “La Santa Allegrezza. Canti e racconti del Natale”. Durante la Settimana Santa proporremo lo spettacolo “Canto di Passione. Canti e riti della Settimana Santa”, mentre per l’estate abbiamo in programma le rassegne Nauna Festival 2023 all’interno del Parco di Porto Selvaggio e La Via dei Mari. Il cammino messapico tra Adriatico e Ionio. facebook.com/Naunacantierimusicali - instagram.com/naunacantieri


Antonio Calsolaro, Massimiliano De Marco, Giuseppe Semeraro, Dario Muci – I Calsolaro. Barba, capelli e ballabili (Nauna Cantieri Musicali, 2022)
Se c’è un merito che va riconosciuto alla cultura hipster è quella di aver fatto riscoperto la cultura delle sale da barba. Negli ultimi anni, infatti, abbiamo assistito al progressivo ri-sorgere delle barberìe intese nella accezione più tradizionale del termine e con esse si è ri-scoperto anche il piacere di una rasatura classica, del panno caldo, delle lozioni e di quei profumi a cui è legata una memoria che rischiava l’oblio. Le mode, però, quando guardano al passato lo fanno sempre in modo parziale e, infatti, le moderne sale da barba sembrano aver dimenticato quello straordinario universo di suoni, corde, musiche e balli a cui sono legale le radici del mestiere di barbiere. C’è, però, chi come Dario Muci vi ha dedicato e vi dedica studio ed energie portando avanti da lungo tempo un percorso di collaborazione osmotica con il maestro Antonio Calsolaro, erede di una tradizione familiare di musicisti-barbieri e, come si legge nell’intervista che precede, depositario di un ricchissimo repertorio di brani, un patrimonio di immenso valore musicale e culturale che va conservato, tutelato, ma soprattutto riscoperto da parte del pubblico. Laddove i precedenti “Rutulì” del 2013 e “Barberìa e canti del Salento vol.II” del 2016 erano incentrati su un repertorio che abbracciava canti tradizionali, ballabili e riscritture di partiture colte, il nuovo album “I Calsolaro. Barba, capelli e ballabili”, prodotto da Dario Muci, e inciso in duo dal maestro Calsolaro al mandolino e da Massimiliano De Marco alla chitarra, raccoglie quindici brani strumentali che nel loro insieme, ci offrono uno spaccato della bellezza e della varietà di temi e musiche che caratterizzava il corpus di brani, raccolti dal maestro Antonio Calsolaro. L’ascolto ci offre un'esperienza sonora di grande suggestione che ci conduce indietro nel tempo, riportandoci in una barberìa degli anni Cinquanta, dove veniamo accolti e fatti accomodare in poltrona e, tra il taglio di capelli e l’accurata rasatura, godiamo di un elegante susseguirsi di raffinati valzer, appassionate mazurke e trascinanti polke, brani ballabili che, i barbieri erano soliti eseguire, a richiesta, anche in matrimoni e feste popolari. Antonio Calsolaro è, dunque, il depositario di una tradizione delle radici lontane nel tempo che, nel dialogo tra corde con Massimiliano De Marco, si rivela nel fascino evocativo delle melodie, nei climax trascinanti e nella brillante varietà di stili. Si parte con il raffinato dialogo tra chitarra e mandolino di “Strafottenza”, per giungere al brio di “Insaponando” e alla gustosa “Iris” tutta giocata su un evocativo ricamo melodico. Se echi classici permeano “Eleganza”, la successiva “Bonjour” ci riporta alla Belle Époque e fa da preludio al vertice del disco “Rondini” nella quale si coglie la citazione di “Plaisir d'amour” di Jean-Paul-Égide Martini. Si prosegue con la bella sequenza in cui ascoltiamo: “Prego, si accomodi”, “Tricolore”, “Fragranza” e “Forbici all’opera” per giungere a “Calendarietto di auguri” che riporta alla memoria i calendari che venivano regalati dai barbieri ai clienti. La dolce melodia di “Romantico” ci guida verso il finale con “Il signore è servito!”, “Ultima, a domani” e il congedo in danza con “Volteggi” che suggella un disco brillante e magistralmente suonato che non mancherà di affascinare gli ascoltatori. Ad impreziosire il tutto è il booklet con i testi di Don Tonino Bello e Giuseppe Semeraro, quest'ultimo protagonista anche della teatralizzazione dei concerti.


Salvatore Esposito

Foto di Daniele Met e Archivio Calsolaro

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