Patrizia Cirulli – Fantasia. Le poesie di Eduardo in musica (SquiLibri, 2022)

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Patrizia Cirulli è una cantautrice di talento, sulla scena da moltissimi anni; se una dote le va riconosciuta tra le altre comunque numerose, è la sua particolare curiosità intellettuale (appassionata ma con stile) che la spinge, con rispetto ma senza soggezione, a “incontrare” l’arte dei “Grandi” e non solo al livello musicale. Le è particolarmente congeniale, poi, trasformare la poesia in canzone; è questa un’attività difficile, non sempre soddisfacente e qualche volta pericolosa, per molte ragioni. La prima, per chi scrive la più importante, è che resta comunque sempre fondamentale distinguere i due versanti: la canzone è cioè una forma d’arte a sé, che nulla o poco a che vedere con la poesia nel senso specifico del termine. Inoltre, la poesia ha di suo una musica interna, un ritmo, e, forse meglio, un’armonia. Ha senso musicarla? Solo in un caso, probabilmente: quando per struttura della poesia stessa ma soprattutto per capacità di chi si lancia nell’impresa, i suoi versi sanno diventare canzone. Ecco: Patrizia Cirulli possiede questa capacità ad altissimo livello. E lo ha mostrato in particolare proprio con questo suo nuovo album della collana Crinali di SquiLibri, Fantasia, che fa rivivere in modo sorprendentemente nuovo le liriche così delicate e intime e al contempo così intense e appassionate di Eduardo. E la sorpresa è stata tanta davvero: Patrizia Cirulli è 
infatti una cantautrice milanese che sulla carta nulla avrebbe a che fare con quella cultura napoletana a cui il mondo di riferimento di De Filippo appartiene. Certo: Eduardo è un patrimonio non solo partenopeo; il suo teatro è italiano e universale; i suoi versi però respirano quell’aria classica dei grandi che hanno regalato parole alla Canzone napoletana, come Di Giacomo. E, in più, queste sue poesie non nascono per essere canzoni. Inoltre, ci si potevano aspettare arrangiamenti che a quella tradizione classica avrebbero potuto facilmente fare diretto riferimento. Non è stato così, se non in maniera accennata, evocativa forse. In realtà il disco – che gode della sapiente produzione artistica del chitarrista Marcello Peghin – ha suoni assolutamente contemporanei, seppur classici; l’ensemble di musicisti è sontuoso: oltre alle corde di Peghin, ci sono infatti la mandola di Mauro Palmas, il violino di Maria Vicentini, le percussioni di Paolo Zuddas (e di Salvatore Corazza in “A…B…C…D…”), il contrabbasso di Salvatore Maltana. E, quasi a voler sottolineare questo incontro tra antico e moderno, ci sono le voci di Fausta Vetere in “Io vulesse truvà
pace” e di Dario Sansone dei Foja in “L’ammore ched’è”, che si armonizzano davvero bene con quella di Patrizia. Ed ecco quindi Lombardia, Veneto, Sardegna e Campania che si mettono insieme ad accompagnare le melodie e la voce di Cirulli, alle prese con una lingua napoletana che, a detta di molti che ne sanno, è riuscita a interpretare con successo. Ha avuto, come è ovvio, dei maestri che l’hanno saputa aiutare molto bene. Insomma: questo lavoro è davvero riuscito, anzi, è un lavoro felice che incute rispetto. È piacevole all’ascolto e fa nascere la voglia immediata di poesia, quella di Eduardo ovviamente. È evidente che la cantautrice lombarda è entrata in diretto contatto non solo con il messaggio eduardiano, ma anche con il suo ritmo, con il suo incedere, con l’andamento interno del suo cuore, e per questo tipo di contatto non esiste geografia. Patrizia Cirulli ha corso un rischio molto grave ma, evidentemente, non ha potuto fare a meno di affrontarlo. La prova è pienamente riuscita e merita, a parere di chi scrive, riconoscimenti: si pubblicano in effetti moltissimi album, si pubblicano ogni mese moltissimi singoli, c’è, chiara, un’enorme voglia di musica e di qualità. Però, perché il risultato abbia davvero un valore e la forza di restare e di essere riconosciuto tra i tanti (tra i troppi), ci vuole l’impegno, lo studio, la ricerca e, soprattutto, un’idea, un’idea felice e coraggiosa, come quella di Fantasia. 


Elisabetta Malantrucco

Foto 2 di Antonio Occhiuto

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