Mai Mai Mai – Rimorso (Maple Death Records, 2022)

Dopo l’interessantissimo “Nel Sud”, anno domini 2019, Mai Mai Mai (moniker sotto cui si nasconde il crotonese Toni Cutrone) era chiamato ad alzare ulteriormente l’asticella del suo sperimentalismo errante. Il compito, in verità tutt’altro che facile, è stato – lo diciamo da subito – pienamente assolto da questo nuovo “Rimorso”. Album che, complice un parterre di ospiti centratissimo, che valorizzano (e si fanno valorizzare) ognuna delle visioni affrescate dal musicista pitagorico, si trasforma in un vero e proprio rito collettivo, in una catabasi spastica alla ricerca delle nostre radici. Ad aprire - molto poco metaforicamente – le danze, ci pensa il desimoniano “Secondo coro delle lavandaie”, cantato dalla voce nervosa di Maria Violenza in una versione grondante di noise, fra una sezione ritmica asfissiante e delle paludi elettroniche tanto dense quanto oscure. Con “Fimmine fimmine”, canto di protesta delle lavoratrici di tabacco salentine (già magistralmente rifatto con ambientazione elettronica dai sempre ottimi Nidi d’Arac), si scende fra le trame più secche del sud più ancestrale: una sezione ritmica ossuta, venata dagli sbreghi rarefatti dei synth, dipinge una tela di caldo asfissiante, su cui la voce visceralmente antica di Vera Di Lecce si poggia alla perfezione. Piccolo gioiello è “Musica nova” (ispirata alla “Pizzica minore” di Musicanova”) scheletricamente trasfigurata in un vero e proprio tripudio di bassi tribali, percussioni ossessive e psichedelie sintetiche, che la voce diradata di NZIRIA finisce per catapultare definitivamente in scenari trance. “Nostalgia” ci trascina a forza dentro tessiture arabe, dense, anche in questo caso, di elettronica acida e di bassi che prendono allo stomaco: su questo sfondo, la voce distillata, quasi ieratica (e molto meno effettata di quelle delle colleghe precedenti) di Youmna Saba crea un meraviglioso cortocircuito stilistico. “Sind” chiude la prima parte dell’album, e si snoda lungo le spire avvolgenti delle percussioni oscure dell’Ars Ludi Ensemble, squarciate dai cupi intrecci vocali cuciti dalle Faraualla, che rendono ulteriormente asfissianti le muscolari tenebre elettroniche in cui Cosimo Damiano fa sprofondare il brano. La funerea processione strumentale che segna la seconda parte del lavoro comincia con “Mediterranean gothic”, un caleidoscopio di synth allucinati e cardiache pulsazioni percussive, su cui le dissonanze scavate dalla chitarra di Mike Cooper tratteggiano un’aura disturbante. A seguire, il trittico composto da “Il cattivo passato”, “Il futuro perduto” e dalla title track, costituisce un vero e proprio manifesto poetico, fatto di abrasioni elettroniche, collettive psicosi ritmiche uterine e cavernose e vocalizzi dal sapore atavico e dolente. In chiusura, le note – decisamente più terse e nebulizzate – del vibrafono del grande Lino Capra Vaccina animano la splendida “Antiche memorie”, graffiata, tuttavia, dalle immancabili tensioni elettroniche, a regalare colori comunque poco rassicuranti. Tirando le somme, possiamo dire che il lavoro di Toni Cutrone continua ad essere magistralmente centrale nello sviluppo della ricerca delle tradizioni sonore del Meridione: prende a piene mani dai vari Lomax, de Martino e Carpitella, per distorcere, rivisitare e forgiare. E forse è quella lì la vera anima del sud, o, quantomeno, di quel sud riarso, in cui Cristo non è disceso, ed in cui “il male non è morale, ma è un dolore terrestre che sta per sempre nelle cose”mapledeathrecords.bandcamp.com/album/rimorso


Giuseppe Provenzano

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