Lucas Santtana – O Paraíso (Nø Førmat!, 2023)

Lucas Santtana ha un’antenna con cui capta i sentimenti generati dalle ferite dei luoghi in cui abita e cui risponde con canzoni che diventano coscienza collettiva: così è stato per la resistenza all’epoca Bolsonaro con il brano “Ninguém Solta a Mão de Ninguém” e così promette di riverberarsi la sua interpretazione dell’inno nazionale brasiliano, da solo con una chitarra da cui un adesivo recita “This machine heals fascists”, in risposta al recente assalto alle istituzioni brasiliane. Il 13 febbraio 2023 offre dieci nuove canzoni, il suo nono album, con un rapporto più stretto con la francofonia, ma soprattutto con attenzione per il pianeta, a partire dalla volontà di constatare che nonostante le ferite inferte dall’umanità alla Terra, il Paradiso esiste ed è qui, davanti ai nostri occhi, tutt’ora traboccante di vita. Da un lato, Lucas Santtana gioca con l’immaginario europeo che da quattro secoli proietta sul Brasile una cornice di mistero e paradiso, istigata da narratori come Hans Staden e da pittori come Jean-Baptiste Debret e Félix-Émile Taunay. A queste idee di Eden la storia della chitarra in Brasile non è rimasta immune e, da chitarrista, Lucas Santtana si è ispirato a questo sentimento di bellezza, ricercandone i tratti universali, ma anche mettendolo in dialogo con gli scritti di David Wallace-Wells (“La Terra Inabitabile. Una storia del futuro”) e di Emanuele Coccia, in particolare “Metamorfosi”, un libro emblematico per un album concepito durante la sindemia generata dal Covid-19: “La prima edizione del libro è uscita in Francia il giorno in cui le librerie hanno chiuso le porte. Come in una favola, una piccola creatura – un virus – aveva invaso tutte le città francesi e il resto del mondo. Il paradosso era evidente: le ultime pagine del libro, scritte diversi anni prima, invitavano a considerare i virus come forma paradigmatica di metamorfosi e ad assumerli come modelli per pensare il futuro (…) Metamorfosi muove da un’idea molto semplice: la vita di tutte le specie è una, e una sola. Poco importa che si tratti di cani, gatti, querce, lecci, soffioni, platani, maiali, porcini, falene, streptococchi: tutte le forme di vita sono figurazioni di una medesima sostanza, modi accidentali che non smettono di crearsi l’uno dall’altro e di distruggersi l’un l’altro. La vita non è che un’unità cosmica che stringe la materia della Terra in un’intimità carnale.” Fin dalla colorata copertina, l’album esplora questa idea di vita e di Paradiso, qui ed ora: ci sta guardando dritto negli occhi e ci interroga rispetto alle prossime metamorfosi. Il disco alterna testi in portoghese, inglese e francese, giochi di parole sospinti da armonie serene, ironiche, energetiche che mantengono la tensione fra la celebrazione di un incantesimo e la canzone di protesta che non rinuncia alla poesia e alla rima imprevista. E a rendere omaggio a tre compositori del calibro di Jorge Ben (“Errare humanum est”) e di Lennon e McCartney: con "Fool on the Hill" (cantata con Flore Benguigui) ci ricorda come l’innocenza sia una forma di saggezza.  In “La biosphère”, prima canzone composta in francese, canta “Où sont les civilisés? Où sont les sauvages?”, suggerendo che il modello cosiddetto “civilizzatore” è in realtà il più predatorio. “Muita Pose, Pouca Yoga” (con Flavia Coelho) e “No Interior de Tudo” sono un esplicito invito a connetterci con il nostro sé più profondo, ad attingere all’energia dell'inconscio collettivo, fin sotto la superficie dell'oceano. Alle immagini junghiane accosta quelle ispirate da Borges: “Sobre la memoria” evoca Funes, l’uomo che ricorda tutto, specchio umano delle ere geologiche dei saperi della Terra: dei cianobatteri che in miliardi di anni hanno “imparato” a mangiare acqua ed espellere ossigeno, ad offrirci, grazie a questa “memoria”, un’atmosfera con il 20% di ossigeno, un respiro disegnato dal violoncello di Vincent Segal, dalla marimba di Fred Soulard e dalle percussioni di Zé Luis, insieme ai suoni dell'Amazzonia, vera protagonista del brano, a chiudere l’album con il suono della pioggia che bagna la foresta. 


Alessio Surian

1 Commenti

Nuova Vecchia