WOMEX 22, Worldwide Music Expo, Lisbona (Portogallo), 19-23 ottobre 2022

Cinque giorni di fiera, piena di incontri formali e informali, conferenze, proiezione di docu-film, showcase diurni e serali e dj-set fino a notte fonda: è il palinsesto del “Worldwide Music Expo”, ospitato per la prima volta nella capitale lusitana dal 19 al 23 ottobre, la seconda di seguito in Portogallo dopo la ripartenza post-pandemica a Porto nel 2021. In termini di partecipazione alla kermesse organizzata dalla berlinese Piranha Arts, quest’anno in sinergia con la portoghese da AMG Music, i meri numeri ufficiali parlano di oltre 3.100 delegati (tra cui 280 artisti esecutori) provenienti da 113 Paesi, di oltre 60 artisti in concerto distribuiti su sette palchi, di 21 documentari a carattere musicale, di 111 relatori e mentori che hanno partecipato alle sessioni conferenziere e, naturalmente, un’affollata fiera commerciale con 676 espositori con più di 260 stand e due studi radiofonici in loco. Nei fatti, la sensazione condivisa è stata quella del ritorno a un diffuso ottimismo, pur di fronte alle difficoltà che potrà riservare la crisi energetica, la già nefasta difficoltà nell’ottenere visti da parte di musicisti extra-europei che va ad assommarsi a più recenti difficoltà dei comparti culturali in molti Paesi d’Europa. 
Il Teatro Tivoli ha accolto la serata inaugurale, denominata “Lisbon Sounds” (mercoledì 19), che ha riunito quattro progetti a rappresentare gli intrecci dell’attualità musicale della città sulle rive del Tejo: l’anima fado di Beatriz Felicio, la fusione rock-jazz-world di Club Makumba, le sedimentazioni di tradizioni musicali di Portogallo, Africa e Brasile dell’Expresso Transatlântico e le nuance fado-jazz e improvvisative di Júlio Resende Ma è da giovedì 20 che il baraccone delle musiche del mondo e delle diversità culturali ha cominciato ad esprimersi al meglio nella sede diurna della fiera messa a disposizione dei “Womexicans”, l’Altice Arena, opera dell’architetto Regino Cruz, che dal 1998 ospita convegni, spettacoli ed eventi sportivi. Proprio nella sede della fiera, lo spazio del cosiddetto Daycase Stage riserva sorprese, con due set al giorno, che si rivelano occasione per avvicinarsi a proposte più intime e raccolte, sovente anche inconsuete. Prendete il duo estone Ruut, al secolo Katarina Kivi e Ann-Lisett Rebane. Messe una di fronte all’altra, condividono la cetra tradizionale kannel, pizzicata e percossa, tra arpeggi, scure note di risonanza e belle armonizzazioni vocali, le Ruut elaborano temi minimalisti e rarefatti ispirati alla natura e
al folklore baltico. Prima di loro erano entrati in scena Les Mécanos, in abbigliamento da lavoro da meccanico, dieci cantanti con in dotazione un arsenale di percussioni che va dai tamburi alle chiavi inglesi, ai silenziatori dei tubi di scarico e a metalli di scarto assortiti. Porgono le loro voci attraverso forme polifoniche con cui espongono repertori regionali francesi e occitani (canti di lavoro, di lotta, lamenti, canti satirici, religiosi e canzoni da ballo). Sempre a proposito di voci, il quartetto del Massachusetts Windborne parte dalla tradizione del canto a cappella comunitario americano per innestare nel repertorio anche forme polifoniche corse, bulgare e georgiane apprese sul campo oltre ad attingere al canzoniere folk e delle protest song. Da ascoltare il loro recente album “of Hard Times & Harmony”, che trovate su www.windborneSingers.com. Forte e gentile la nord-irlandese Dani Larkin da Armagh, è consapevole di vivere in questa terra di mezzo: una storyteller che canta di relazioni e di identità fluide nel suo acclamato esordio “Notes For a Maiden Warrior”. 

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