WOMEX 22, Worldwide Music Expo, Lisbona (Portogallo), 19-23 ottobre 2022

Graziosa anche la performance folk-pop immaginifica, spensierata e un po’circense dell’austro-britannica Alicia Edelweiss, mentre la poetica urbana da storyteller della cantautrice sud-africana Pilani Bubu combina jazz, pop, soul ed estetica dei generi mbaqanga e isicathamiya. Il suo lavoro “Folklore - Chapter 1” è stato premiato come miglior album africano contemporaneo ai South African Music Awards. Come di consueto, il programma serale, articolato in tre giorni (da giovedì 20 a sabato 23), propone una messe di showcase da 45 minuti, che costringono i Womexicans a migrare da evento all’altro. Non è sempre un bel vedersi il flusso umano in perpetuo movimento durante le esibizioni, ma se si vuole cercare di cogliere appieno il senso della manifestazione, occorre piegarsi alla necessità delle peregrinazioni. Di venue a Lisbona se ne contavano cinque (Coliseu, Capitólio, Lusofónica, Tivoli, Parque Mayer), con in più il Club Summit di Lisboa ao Vivo, dove il 21 e il 22 i nottambuli sono stati accolti dal dj-set. Pertanto, quella che segue è una cronaca, che non vuole essere esaustiva, delle tre serate, con il fine non solo di documentare quanto visto sul palco ma, soprattutto, di accendere l’interesse e la curiosità dei lettori verso artisti meno noti, se non sconosciuti. Non ce ne vogliate se qualche artista non è citato: di più non si è potuto fare… Al Teatro Capitólio si impone subito
la veterana settantaseienne Lia de Itamaracá, esponente di spicco della ciranda e della cultura nordorientale brasiliana. Ha un terzo dell’età della cantante e ballerina carioca, la portoghese Sara Correia, che ha aperto gli showcase al Tivoli (giovedì 20). Sara è cresciuta coltivando il suo stile sulla scia di cantori che hanno a cuore l’espressività più tradizionale del genere. Possiede notevole charme il set del gitano Israel Fernández, una delle più voci più interessanti della nuova generazione di cantaor flamenco di origine gitana. Altro passaggio emozionale con il progetto che dà una cornice contemporanea ai repertori rituali della Terra di Arnhem (Australia) eseguiti da Ngulmiya, cantante, leader comunitario e danzatore. Fresca la proposta quartetto argentino di residenza francese Aguamadera (voci, cuatro, chitara, basso e percussioni), che porta in dote il repertorio folklorico andino (“Las historias que han dejado” è il loro album, mentre rapisce il repertorio di Rangamatir Baul, guidati dalla rinomata Rina Das Baul, discendente da una famiglia di celebri cantori, propongono la pratica musicale-spirituale dei poeti bengalesi. Ci trasferiamo al Lusofónica Stage (il cinema São Jorge), dove
sono stati ospitati i concerti degli artisti del più vasto mondo lusofono. Linguisticamente prossima è la Gallega Sheila Patricia, artista dalla forte presenza scenica, una delle nuove, che fa flirtare espressioni tradizionali con innesti elettronici, Attinge da repertori familiari e nel suo album di debutto, “Orixe”, pubblicato nel 2022: la sua vocalità potente racconta storie di vite femminili su ambientazioni ritmiche guidate dal pandeiro e da una strumentazione minimale. Nel novero dei fadisti, Pedro Jóia è un nome noto nella scena portoghese: parte dal fado ma esplora universi lusofoni, mentre Duarte, vita tra professione di psicologo e cantante e chitarrista di fado, accompagnato da chitarra portoghese, chitarra acustica e basso acustico, è il cantante rivelazione per la Fondazione Amália Rodrigues. È venata di soul-jazz-pop groove la proposta della guineano-portoghese Karyna Gomes, ma a scuotere il pubblico del Lusofónica è stata senz’altro Bia Ferreira con la sua “Música de Mulher Preta” (Musica di Donna Nera), travolgente espressività su testi urticanti che testimoniano il sui impegno a favore dei diritti LGBTQlA+, nonché contro razzismo, omofobia e xenofobia.Pure, tocca il cuore il chitarrista e autore
capoverdiano-portoghese Tito Paris, il cui già caloroso e applauditissimo set diventa rito corale, quando in un crescendo omaggia Cesaria Evora, cantando con tutto il pubblico “Sodade”. Sul fronte più rovente di casa al Coliseu Stage – sala che ospita concerti di grandi nomi della musica, oltre a rappresentazioni teatrali, balletti e opera – si segnalano l’afro-beat-highlife-futurista ad alto tasso rock dei ghanesi Fra!, l’altrettanto infuocato miscuglio dei colombiani La Mambanegra, la propulsione percussiva della habanera Brenda Navarrete e l’agglomerato di marimba-cumbia & garage punk dei messicani Son Rompe Pera. Nello stesso teatro, deliziosa la proposta dei Tęgie Chłopy, orchestrina da ballo polacca, dotata di fiati (tromba, sax, basso tuba e clarinetto), violini, fisarmonica e percussioni, che si esibisce con dietro di sé immagini d’annata, rinverdendo l’era dei balli comunitari nei villaggi della Polonia centrale. Spostandoci di nuovo al Cineteatro Capitólio, altra effervescenza creativa la porta l’algerina Djazia Satour con la sua fusione di chaabi, funk e pop. Fa proseliti anche l’incontro tra ritmiche gnawa con rock-prog e jazz creato dai marocchino-francesi Aywa.
Invece, proviene dalla regione di Timbuctu la piccola orchestra familiare Al Bilali Soudan, custode delle tradizioni musicali Kel Tamasheq. Il pubblico del Capitólio si fa trasportare dalle note del piccolo cordofono tehardent, dal ritmo percussivo del calabash e dalla magnetica intensità del canto (qui li riproponiamo, ripresi nello show virtuale di Porto 2021. Miete consensi per il gran temperamento della front woman pure il vintage pop-rock anatolico della suonatrice di saz bağlama turca Derya Yildirim & Grup Şimşek. Impasti vocali, sposati a attitudine rock per l’applauditissimo trio ucraino-canadese Balaklava Blues, che ha presentato estratti da “Let me out”, appena pubblicato per la Unfit Records. Energia di nome e di fatto nei bretoni Startijenn (il loro nome significa proprio “energia” in bretone), i quali hanno chiuso la notte degli showcase, oltre l’una del mattino, quando era già domenica 23. Si tratta di una formazione compatta, dagli arrangiamenti originali di repertori da danza, che unisce strumenti tradizionali (bombarda, binioù, uilleann pipes, organetto diatonico) a una solida base ritmica rockeggiante e qualche puntata vocale rap. Dando conto del coté più sperimentale proposto negli showcase, dobbiamo parlare del figlio della grande
cantante palestinese Amal Murkus, Firas Zreik, che fa dialogare con sapienza la sua cetra qanun con i linguaggi jazz; della rilettura delle tradizioni colte e popolari coreane di cui si fanno portatrici le tre percussioniste Groove&, il cui album eponimo è stato pubblicato quest’anno); è, invece, solitario il flusso glacialmente emotivo del fiatista norvegese Daniel Herskedal (tuba, tromba basso ed elettronica). Infine, un invitito ad approfondire le inusitate trame tra canto epico giapponese, atmosfere post-rock del quintetto franco-nipponico PoiL Ueda. All’interno della tre giorni il palco-tenda allestito al Parque Mayer ha ospitato i concerti del offWOMEX, la vetrina collaterale alla selezione ufficiale scelta dai cosiddetti 7 Samurai: sono artisti che agenzie e istituzioni nazionali o regionali mettono (a pagamento) sotto i riflettori dei delegati. Anche qui se ne sono viste delle belle, a iniziare dal folk vibrante e danzereccio dei quebecchesi Le Diable à 5. Proposti dalla piattaforma MOST, che promuove progetti artistici di area balcanica, si sono esibiti Corina Sîrghi şi Taraful Jean Americanu, con dentro il superbo cimbalon di Marian Serban, ben noto dalle nostre parti per essere una colonna portante di parecchi ensemble di musica
rom ma pure accolito di Moni Ovadia. Il quartetto americano-romeno che rinnova le atmosfere danzanti e ricche di pathos della Bucarest popolare anni Novanta a base di tango e danze folkloriche si gusta con piacere ma non è apparso del tutto entusiasmante per via di una vocalità un po’ troppo pulita. Avvincente l’ambient jazz fusion di timbri vocali e strumentali imperniati sui ritmi zoppi dei bulgari Oratnitza (voci, kaval, due due didjeridoo, batteria, percussioni e synth) e il dark folk del quartetto nord-macedone Perija (voci, oud, cumbus sas, tambura, yaili tambur, tamburi a cornice), i quali valicano i confini balcanici facendo incontrare la loro attitudine dark folk con i modi del maqām e innesti di musica atonale. Nonostante la difficoltà nell’esibirsi in un contesto “rumoroso” e non rispondente appieno acusticamente, il gruppo è stato tra i protagonisti dei concerti offWOMEX. E qui, in questo continuo snodarsi di musiche che spesso travalicano i confini, va detto che il programma dell’edizione 2022 ha proposto un focus italiano di tutto rispetto. L’hanno chiamata “Italian Night” e, non mi si potrà tacciare di campanilismo se affermo che ha davvero illuminato la serata di sabato 22. Si è iniziato con la poetica degli attraversamenti
e degli intrecci meridiani narrata da Stefano Saletti & Banda Ikona, un set solido e tirato; si è continuato con il viaggio raffinato nella canzone d’arte classica partenopea dei superlativi Suonno D’Ajere, per finire con l’esplosiva pizzica-rock-funk dei salentini Kalàscima. L’iniziativa nata dalle connessioni del network Italian World Beat ha messo al centro dell’attenzione nutrita delegazione italiana (oltre agli stand ufficiali di Italian World Beat, Italian Music Export, Puglia Sounds, Ponderosa Music & Art, Emilia Romagna Music Commision, si sono visti musicisti, operatori culturali e giornalisti accreditati). Non da ultimo, va segnalato che ben due label nostrane, la già citata Ponderosa Music & Art e Visage Music, si sono piazzate tra le più dieci più importanti etichette discografiche indipendenti mondiali (al primo posto la prolifica Glitterbeat Records, sulla base delle classifiche di gradimento dei giornalisti della Transglobal World Music Chart e della World Music Chrt Europe. Nella tarda mattinata della domenica (23 ottobre), l’ottocentesco Teatro Municipale São Luiz si sono svolte le premiazioni degli Award del WOMEX 22. Qui, Francis Gay ha ricevuto il premio di eccellenza professionale. Conosciuto soprattutto per il suo lavoro come responsabile musicale radiofonico
(Radio Cosmo, già Funkhaus Europa), è una figura eclettica di giornalista e scrittore, infaticabile ricercatore di musiche e promotore di concerti, direttore di festival e produttore discografico. Il Premio alla carriera è andato al maestro clarinettista Ivo Papasov. Nato settant’anni fa al confine tra Bulgaria, Grecia e Turchia, tra le montagne dei Rodopi orientali, Papasov ha sempre suonato musica bulgara per matrimoni, che ha fatto evolvere sviluppando uno stile personale unico con influenze che vanno dalla musica turca, greca, balcanica e rom, al jazz e al rock: tutto ciò ben prima che l’etichetta world music entrasse nel linguaggio pubblico. La sua padronanza tecnica e il suo virtuosismo hanno fatto sì che Papasov e la sua Trakija Band diventassero gli intrattenitori di matrimoni più richiesti nella Bulgaria a partire dagli anni Settanta. Per la sua dedizione al progresso della musica bulgara, per la sua volontà di rimanere l’epitome del suo stile, per la sua pura, appassionata padronanza del clarinetto, Papasov ha ricevuto l’Artist Award del WOMEX 22. Nel ricevere il riconoscimento, così si è espresso il clarinettista bulgaro: “Sono molto onorato di ricevere questo premio. È una vocazione per il nostro lavoro, mio e dei miei musicisti. Questo alto riconoscimento mi riempie di orgoglio per il mio lavoro. Suono musica da matrimonio bulgara da più di 50 anni. Non ci sono confini tra ricchi e poveri, né tra colori e nazionalità. La nostra musica è la musica che porta gioia alle persone, le rende felici e le rende felici”. L’appetito iberico dell’impresa WOMEX si rinnoverà il prossimo anno, quando si ritornerà in Galizia, che ospitò l’Expo a Santiago de Compostela nel 2014. L’appuntamento è fissato dal 25 al 29 ottobre nella bella A Coruña, perla della Spagna nord-occidentale in riva all’Atlantico. www.womex.com


Ciro De Rosa

Foto di Eric Van Nieuwland, Jacob Crawfurd e Yannis Psathas

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