Natalia Lafourcade – De Todas las Flores (Sony Music México, 2022)

Il primo minuto e mezzo di musica, l’apertura di “Vine Solita” (venni sola) sono un’ouverture condotta da un ensemble d’archi che, dopo una breve pausa, lasciano tutto lo spazio alla voce e alla chitarra acustica di Natalia Lafourcade che racconta le sue notti, sognare di svegliarsi, di rinascere, partire, attaccarsi alla vita, mentre pianoforte acustico, le spazzole sulla batteria e la chitarra elettrica fanno da discreto controcanto alle strofe cantate. Quest’ottimo, variegato nono album, è il primo di composizione inedite, dodici, che la cantante e compositrice messicana Natalia Lafourcade ci offre, a sette anni da “Hasta la raíz” (2015, Grammy Award nel 2016 come Best Latin Rock Album), affiancata per la parte di produzione da Adan Jodorowsky (i.e. Adanowsky, già produttore di Mon Laferte, Leiva, León Larregui), dopo aver intrapreso negli anni scorsi varie collaborazioni e omaggi al repertorio latinoamericano con il progetto Musas (un album nel 2017 e uno nel 2018) seguiti dai due album (Un canto por México Vol.1 e Un canto por México Vol.2) che rivisitano le musiche popolarti messicane attraverso generi come ranchera, mariachi, cumbia. I semi del nuovo album sono stati gettati tre anni fa: “Un amico mi ricordò che era molto tempo che non ascoltava qualcosa di mio. Mi fece capire che forse mi stavo nascondendo dall'inevitabile: dal trovare me stessa. Da quella consapevolezza è nata 'De todas las flores' che mi ha fatto intraprendere un viaggio molto profondo. Ho cercato di farlo confluire nei testi e nel coro femminile presente nel disco; è come l'energia della donna vulcano e della donna guaritrice con la canzone che pulisce, la canzone che lenisce. Sono tornata in quel giardino che avevo abbandonato e ho visto nascere nuovi fiori”. Il gruppo che l’accompagna è composto dal chitarrista Marc Ribot, dal bassista Sebastian Steinberg e dal percussionista francese Cyril Atef, oltre che dal ventenne pianista e arrangiatore Emiliano Dorantes in veste anche di direttore musicale. Insieme hanno attinto al danzón cubano e alla cumbia messicana, registrando dal vivo su nastro analogico al Sonic Ranch di Tornillo, in Texas. Gli archi, i cori, gli ottoni e le ance, invece, sono stati registrati a Veracruz (Messico). Il risultato è un suono inedito nel percorso musicale di Lafourcade, con elementi dal jazz, dai bolero, dalla samba ed un tono introspettivo ed intimo. L’album è stato lanciato ricorrendo ai due brani (insieme a “Canta la arena”) più ritmati ed accessibili: “Mi manera de querer” e “De todas las flores”. Il brano che dà il titolo al disco è centrato sulla chitarra di Lafourcade a ritmare un ritmo di bossa, sostenuta da basso e percussioni del basso, mentre alla chitarra di Ribot è affidato un registro di bolero, a sollecitare un tempo più incalzante ad accompagnare il canto che rinvanga ricordi, risate, amori e dolori. La dimensione intima ritorna con "El Lugar Correcto" nel dialogo fra archi e accenti jazz dove esplicitamente si canta l’esigenza di tornare sé stessa prima di poter incontrare un altro. Una poesia di Maria Sabina diviene l’affascinante e affettuosa "María la Curandera", mentre due canzoni sono costruite su poesie di David Aguilar: il cha-cha-cha "Canta la Arena" e "Muerte", un modo allegro di guardarla in faccia con il recitativo che sottolinea la propria rinascita nella simbiosi con le piante che sembrano fiorire nell’arrangiamento che ricorre ai riff di piano e fiati ispirati dai montunos cubani con i sax che nel finale dialogano in tutta la loro dissonanza con la cantante che termina il suo inno di gratitudine alla morte (“psicologica”) per aver insegnato alla protagonista a vivere ogni momento. 


Alessio Surian

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